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Cooperazione & Relazioni internazionali

I volontari dicono «grazie», il mondo capovolto delle tende

Toni Capuozzo "inviato speciale" nel campo di Villa Sant'Angelo

di Redazione

Sulla parete della mensa ti accolgono scritte e cartelli. Chi è venuto da lontano per dare una mano ha voluto lasciare un messaggio
di ringraziamento a questa gente. Un paradosso
che svela la nascita di un legame molto intensoSulle pareti della grande tenda che ospita la mensa, nel campo di Villa Sant’Angelo, il mondo è rovesciato. Perché una lunga fila di cartelli, striscioni, magliette stanno a testimoniare il passaggio di tanti volontari, e diversi sono i luoghi di provenienza, ma tutti hanno un messaggio pressoché identico, tracciato al momento della partenza, e lasciato lì come un ricordo, come un arrivederci o un addio, come un rimpianto o un passaggio di testimone: «Grazie ai cittadini di Sant’Angelo». Parli con gli ospiti delle tendopoli, seduti nelle strisce d’ombra che il sole implacabile d’agosto traccia ai bordi delle tende, e ti raccontano ancora un volta di quella notte, e dei sentieri del destino, e dei diciassette che mancano all’appello dei poco più di trecento abitanti. E di come era il paese prima, e della festa patronale e del prete, del sindaco e di tutte le esistenze che da quel giorno sono rimescolate e incerte. Ti parlano delle case nuove che stanno sorgendo ai piedi del paese, e di come sarà difficile restituire vita al centro storico: se io voglio ricostruire e il mio vicino no, non ce la fa, o decide di andare lontano, o è già lontano, come posso ricostruire in una viuzza di case pericolanti?
Gli chiedi dei volontari, e te ne parlano come delle persone migliori del mondo. E ti stanno parlando delle persone più diverse, una galleria di sigle e di volti e di nomi che non si è limitata a riempiere le pareti della mensa, ringraziando prima di essere ringraziata, ma ha riempito le ore dell’emergenza, le ore vertiginose del dolore e dello sconforto, e poi quelle lente dell’attesa. Te lo dice gente che non ama essere troppo assistita: la pulizia dei bagni del campo la fanno una fila di tende al giorno, a turno, e sono bagni immacolati. Te lo dicono senza distinzioni, e comprendono tutti: gli ex carabinieri che sorvegliano l’ingresso del campo, gli alpini che montano, smontano, distribuiscono, fanno di tutto. I volontari del 118 che restano e gli psicologi che se ne sono andati da poco, i cuochi e quelli che distribuiscono il cibo.
C’è gratitudine per tutti quelli che hanno aiutato, mandando cose o messaggi, c’è riconoscenza per tutti quelli che qui hanno messo a frutto nel modo migliore la loro professionalità, fossero vigili del fuoco o militari, operai edili o ingegneri. Ma con i volontari c’è un’intesa particolare, una gratuità dell’affetto che sembra ogni volta un miracolo bidirezionale. C’è una riconoscenza che viene riservata allo stesso modo a chiunque, si tratti dello scout che viene e fa quello che serve, o del gruppo che viene per fare laboratorio teatrale per i bambini e non si è accorto che i bambini sono pochi (sì, a volte c’è anche una generosità sopraffattoria, ma tutti sanno che quel che conta è la buona volontà). Sono grati a chi viene a suonare per una sera, e a chi si arrampica sul colle per vigilare sugli incendi, a chi si prende cura dei cani, ma più di tutto a chi li sa ascoltare. Che sono poi sempre loro, la sera. Ricordano i primi giorni di pioggia, e la tendopoli che si era stesa su quello che era stato un campo di grano, e il campo di grano che veniva concimato con sterco di maiale, e la pioggia aveva creato un fango maleodorante, e i volontari hanno smontato tutte le tende, e steso uno strato di teli e di ghiaia, e rimontato le tende in due giorni, lavorando dall’alba al buio: «Venivano in mensa a mangiare un boccone, cantavano una canzone con noi, e tornavano a lavorare». A Bruno, che mi ha raccontato di quei giorni, ho chiesto se non pensi che i volontari a volte lavorino di più, e più volentieri di chi è pagato per farlo. Mi ha risposto: «Sì». Il suo è un parere che conta, perché Bruno non è solo, con la sua famiglia, l’ospite di una tenda del campo. Non è neppure solamente un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, nella vita professionale. È uno che ha fatto il volontario, a suo tempo. «Ero volontario nella Croce Rossa, nel terremoto in Umbria. Che ho fatto ? Sbucciato patate, sbucciato patate, sbucciato patate. Ma anch’io avrei detto grazie a loro».


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