Sostenibilità sociale e ambientale

Global warming di casa nostra

di Redazione

di Fulco Pratesi*
Certo, le immagini della calotta artica in drammatico restringimento sono preoccupanti. Certo, le visioni di vasti territori sudsahariani oramai in preda al deserto ci angosciano. Ma per chi abbia un sia pur minimo rapporto con la campagna (e annota sul diario i cambiamenti che sempre più velocemente si rincorrono) può fornire altri tristi sintomi “nostrani”del cambiamento climatico.
Nell’Oasi WWF – monumento naturale – di Pian Sant’Angelo nel Viterbese, che conosco bene, da anni l’agricoltura biologica è sotto scacco. A intense e imprevedibili piogge “monsoniche”che durano fino a marzo, impedendo le semine, si susseguono torridi mesi in cui non cade una goccia. E non solo le colture, vedi i vigneti, si mostrano sofferenti e siccitosi, ma addirittura le più di 200 querce secolari, vanto della riserva, appaiono già in agosto con le chiome inaridite. E all’interno dei boschi, altre ve ne sono ormai “morte in piedi”, come dicono gli agricoltori.
Se questo accade a robuste e resistenti roverelle e cerri oggi in tragica sofferenza, immaginiamoci cosa càpita agli ornielli, olmi, carpini, aceri campestri, sorbi, meli e ciliegi selvatici già in agosto completamente spogli e ingialliti, come accadeva un tempo solo in pieno inverno.
E le famose piogge di Ferragosto che, come si diceva in campagna, “rompevano i tempi”, oggi non arrivano più, a tutto danno per le more di rovo che non riescono a maturare e all’uva che si mostra già avvizzita prima della vendemmia.
D’altra parte non occorrono le statistiche climatiche che avvalorano per il Lazio un calo del 20% delle precipitazioni annuali. Basta riandare ai ricordi di tante cristalline sorgenti nel fondo delle forre, oggi inaridite – vuoi per il global warming, vuoi per il prelievo di acqua per irrigare le ormai diffusissime colture di noccioli, o alla scomparsa di tanti piccoli stagni e laghetti, un tempo regno di rane, rospi e altre anfibie creature – per capire cosa ci stia per capitare tra capo e collo nella beata incoscienza di chi ci governa e nella nostra tranquilla e opulenta indifferenza.


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