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Tendopoli sotto zero

All’Aquila è arrivato l’inverno. E da venerdì niente più corrente elettrica nei campi

di Lorenzo Alvaro

«Ci stanno deportando». Esordisce così Antonietta Centofanti, sfollata all’Aquila in un piccolo campo a San Giacomo che prima del sisma si occupava di cultura lavorando alla programmazione dei teatri della zona. «Siamo qui in circa 70. Alcuni hanno ricevuto un appartamento del progetto C.a.s.e. ma ci entreranno solo tra novembre e dicembre». In totale sono ancora in 6 mila nelle tendopoli Aquilane, distribuiti su 50 campi. Solo in meno di 2000 hanno ottenuto gli alloggi del piano C.A.S.E o nei M.A.P. A rendere la situazione drammatica non è tanto la loro permanenza nelle tendopoli, che comunque vengono sgomberate secondo i tempi che la Protezione Civile aveva annunciato, ma le condizioni a cui sono sottoposti.

In Abruzzo l’inverno è molto rigido, e di notte la temperatura raggiunge i -5 gradi centigradi. Più volte i cittadini hanno chiesto alla Protezione Civile e al Comune roulotte, camper o container abitabili e stufe, ma senza risposta. «Oggi abbiamo ancora luce, riscaldamento e acqua calda, ma da venerdì ci hanno annunciato che staccheranno la corrente elettrica» spiega Centofanti. Sono in tanto a voler fermamente rimanere nei campi: «Non abbiamo nessuna intenzione di interrompere il nostro rapporto con la città e con quello straccio di quotidianità che siamo riusciti a guadagnarci. È una questione di sopravvivenza e d’identità».

L’idea che serpeggia per i campi è che la Protezione Civile stia facendo di tutto per svuotare i campi attraverso la sistemazione autonoma e la sospensione dei servizi per poter dichiarare chiuso il problema. Antonietta Centofanti però è categorica «io non mollo anche se dovessero staccarci tutto e ci lasciassero qui solo con la tenda come a Piazza D’armi, dove per altro ci sono ancora 40 persone. Io non me ne vado». Le alternative che sono state proposte alla popolazione sono considerate assurde: «Non possono pensare di mandarmi in villeggiatura in montagna, in località come Pescasseroli. Per tornare tutti i giorni a l’Aquila, anche solo per lavorare, d’inverno, tra neve e ghiaccio, è un vero rebus». Una cosa è chiara, se i cittadini non saranno protagonisti della ricostruzione l’Aquila sarà teatro di un esodo senza precedenti «rimarranno solo 10-15 mila abitanti, e diventerà terreno di conquista», conclude Centofanti, «se continuerà così passeremo al post sisma fai-da-te».

In proposito il comitato cittadino 3e32 ha lanciato un appello alla società civile. «Viviamo in una situazione al limite della sopravvivenza», spiega Sara Vegni, portavoce del comitato, «in tanti vogliono rimanere nei campi, per tanti motivi, come il lavoro o la scuola dei figli, ma vengono impossibilitati dalle procedure della Protezione Civile, che ci sta abbandonando». Nell’appello, firmato da “Alcuni abitanti delle tendopoli sotto zero” si legge: «Vi chiediamo di organizzare dei presidi nelle piazze delle città italiane per sabato 24 ottobre portando nel cuore delle vostre città delle tende per esprimere concretamente solidarietà alle 6 mila persone che vivono ancora nelle tende ad oltre sei mesi dal sisma».

Per leggere la versione integrale dell’appello: www.3e32.com


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