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Famiglia & Minori

Affido senza frontiere: ora ad accogliere è l’immigrato

L'esperienza pilota dell'Albero della Macedonia di Pavia

di Sara De Carli

Tecnicamente si chiama affido omoculturale. Si realizza quando i genitori e i ragazzi provengono dallo stesso Paese. Un’esigenza sempre più attuale: «Gli italiani infatti spesso hanno con gli stranieri un approccio sbagliato» L’albero si riconosce dai frutti, dice la sapienza popolare. Ma che succede quando il frutto è una macedonia? La comunità di famiglie appena inaugurata nella campagna di Monticelli Pavese, 350 case e 700 abitanti, ha voluto sottolineare sin dal nome il suo essere un frutto nuovo, un mix che nasce e trae linfa da radici diverse. Si chiama l’Albero della Macedonia ed è una comunità di famiglie accoglienti: la novità è che, per statuto, le quattro famiglie che vivranno in questa cascina ristrutturata e accoglieranno in affido fino a otto bambini allontanati dai loro genitori, saranno due italiane e due straniere, due cristiane e due musulmane.
Il progetto nasce all’interno della cooperativa sociale Comin, che già da qualche anno sta sperimentando l’affido omoculturale. «Minori nordafricani, soprattutto da Marocco e Tunisia: c’è un bisogno impellente di presa in carico di minori stranieri, spessissimo anche fratelli allontanati dalle loro famiglie per i motivi più svariati, in genere di rapporto anaffettivo, mancanza di relazione», spiega Roberto Orlandi, di Comin. «Capita che le famiglie affidatarie italiane si trovino spiazzate da questi ragazzi, abbiano un approccio culturale non valido o sbagliato». Non è colpa di nessuno, è che «si è affacciato un bisogno specifico, a cui abbiamo cercato di dare una risposta». Ovvero famiglie straniere che prendano in affido ragazzi provenienti dal loro stesso Paese, con la loro stessa cultura e molte possibilità in più di comprenderli: immigrati che da utenti del welfare si trasformano in protagonisti. Gli affidi omoculturali sono già alcune decine, questa comunità è un passo ancora successivo, perché le famiglie qui, oltre alla scelta dell’accoglienza, fanno quella della vita in comune, insieme anche a due educatori Comin.
Le prime due famiglie che hanno traslocato a Monticelli Pavese, in un edicifio dato in comodato d’uso dalla Fondazione I care ancora, si chiamano Hanich e Casolo. Hanno tre figli a testa e con il 2010 ciascuna ne avrà altri due in affido. Beppe e Margherita sono milanesi, lui fa l’assaggiatore di formaggi e lei era la coordinatrice del nido aziendale dell’ospedale San Carlo: d’ora in poi seguirà a tempo pieno il progetto educativo, come Fatima. Fatima e Mustapha sono marocchini e vivono in Italia da una decina d’anni. Tutti e tre i loro figli sono nati qua, il più piccolo ha solo tre mesi. Mustapha è un tecnico audio per la tv, Fatima è mediatrice culturale. Sono loro che hanno cercato il Comin, interessati dall’idea di aiutare bambini in difficoltà. L’avventura sta per cominciare, ed entro luglio altre due famiglie si uniranno a loro. In Comin stanno lavorando con una manciata di famiglie, e la prossima potrebbe spostare le radici un po’ più a est.


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