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da guardie a psicologi: l’idea del dap

di Redazione

Unità di ascolto contro i suicidi in carcere composte da agenti penitenziari. Questa l’inedita decisione del Dipartimento amministrazione penitenziaria per far fronte alla carenza di personale psichiatrico e all’allarmante numero di detenuti che si tolgono la vita. «Individuare quattro o cinque ispettori di polizia per ogni istituto e avviarli, dopo un corso formativo, alla creazione di un servizio di ascolto ai detenuti», chiede il Dap. «È una funzione che l’agente ha sempre avuto», commenta Luigi Pagano, provveditore delle carceri lombarde, «è lui il più importante contatto che ha il recluso durante la sua detenzione. In Lombardia da tempo organizziamo corsi in tal senso». I nuovi servizi, aggiunge il Dap, saranno integrati da operatori del volontariato. «Saremo a disposizione, ma è opportuno che il lavoro vero venga fatto da specialisti», risponde Elisabetta Laganà, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, che cita «l’ottimo lavoro dei gruppi di ascolto presenti in alcune carceri come Torino, Padova e Verona». Dello stesso avviso Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto: «Il volontariato serve ma è complementare, non è da confondere con ciò che deve essere istituzionale o sussidiario, come l’impiego, retribuito, di figure provenienti anche dall’impresa sociale». Dopotutto, aggiunge Boscoletto, «la funzione di redenzione dell’agente penitenziario era già presente nel motto del 1951 Vigilando redimere, ma poi è stata abbandonata. Ora va recuperata». (D. B.)


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