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Solo parole, ecco il Governo Zero Family

Dal Family Day alla Finanziaria 2010: così la politica s'è scordata delle promesse

di Sara De Carli

Indicata come il primo e più efficace ammortizzatore sociale del Paese,
nell’anno nero della crisi nella Finanziaria 2010
la famiglia è stata del tutto derubricata. Nessuna misura fiscale, nessun emendamento dedicato. Così le associazioni
e la Cei alzano la voce
Finanziaria 2010, zero euro sulla riga famiglia. Nessuna voce, nessun capitolo di spesa, neanche uno straccio di emendamento per la famiglia come soggetto. Come se la famiglia non esistesse. O come se le fosse sufficiente la pubblica riconoscenza del ministro Tremonti, che l’ha indicata come il primo e più efficace ammortizzatore sociale del Paese, nell’anno nero della crisi. Lo è con i giovani che restano senza reddito, tra un contratto a progetto e l’altro; lo è con i più piccoli, visto che in Italia il 50% dei bambini fra 0 e 3 anni è curato dai nonni; lo è ancora – non si sa per quanto, sembra che l’equilibrio possa in qualche modo resistere al massimo fino al 2030 – nella cura degli anziani. Grazie a tutti, e tanti saluti. Famiglia, bye bye.

Conti a somma zero
Di voci, a dire il vero, ce n’erano pochine anche nella Finanziaria 2009. Anzi, propriamente c’era solo quel bonus famiglia di 2,4 miliardi di euro. Scomparso, come d’altronde è nella logica dei bonus. Scomparsi pure, ed era altrettanto prevedibile, i cento milioni di euro del Fondo straordinario asili nido: il 2009 era l’ultimo anno del piano triennale nato sotto la Bindi, che con un investimento di 727 milioni di euro ci ha portati solo a una copertura media del 16%, ben lontano dal 33% che l’Europa chiedeva per il 2010. L’anno scorso c’erano poi il bonus elettricità e il bonus gas, anche se quest’ultimo è partito talmente in ritardo da sembrare un regalo del 2010. Idem per i 5 milioni di euro del bonus vacanze e gli 85 del Fondo di credito per i nuovi nati, che hanno visto la luce in queste settimane ma hanno in realtà una data di concepimento (e di finanziamento) segnata sulla vecchia agenda. I conti sono presto fatti: quando le associazioni familiari, infuriate, denunciano una “finanziaria a euro zero”, dicono il vero. Che siamo a un punto di non ritorno lo provano anche le parole con cui il 25 gennaio il cardinale Angelo Bagnasco ha aperto i lavori del Consiglio permanente della Cei: va bene puntare sull’economia, ma soprattutto è «doveroso» per i vescovi «incoraggiare il ricentramento della politica, anche quella fiscale, sul perno delle famiglie, in particolare quelle con figli, perché da elemento di risulta, che attenua i contraccolpi negativi, diventino soggetto propulsivo di sviluppo».

Motore o alettone
Risorsa o spesa, benzina o freno, motore o alettone, questo è il problema. Così lo pone Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari (vedi intervista a pagina 7), e pure Bagnasco usa una metafora simile quando condanna quell’atteggiamento culturale per cui spesso, oggi, in taluni ambienti non si riesce più «a ragionare della famiglia per ciò che realisticamente essa è, ossia la più grande risorsa sociale e culturale del nostro Paese». In effetti, per un governo nato (anche) dalla spinta del Family Day, che aveva messo il quoziente familiare nel programma elettorale, il cui premier aveva addirittura firmato un pubblico contratto con i figli dell’Associazione famiglie numerose, i risultati che le famiglie hanno portato a casa sono pochini. E anche quanto sulla carta era per le famiglie, vuoi per colpa degli scaglioni di reddito scelti, vuoi per quel che di fatto anagraficamente è la famiglia in Italia, è andato per lo più a pensionati e single.

La vittoria della monofamiglia
È stato il destino della social card, in tasca per il 60% a over 65, e poi del bonus famiglia, «di cui in realtà sono stati utilizzati solo 1,7 miliardi di euro, andati per l’82% a single», spiega Roberto Bolzonaro, presidente di Afi – Associazione famiglie italiane e responsabile dell’area fisco per il Forum famiglie. Sarà, pare, anche il destino del bonus vacanze, che nelle parole del ministro Brambilla evoca nugoli di bambini che sciamano sulle spiagge. Molto più verosimilmente, invece, con il bonus vacanze al mare ci andranno i gruppi anziani, in primavera: «Basta guardare il requisito Isee», spiega Mario Sberna, presidente dell’Associazione nazionale famiglie numerose, «20mila per i single e 35mila fisso per le famiglie con quattro o più componenti. Le famiglie numerose non le hanno proprio previste. E anche per le altre vedo poche possibilità». Sberna si lamenta, e ha ragione. Perché certo, le famiglie che rappresenta sono quelle che più di tutti hanno pagato il conto della crisi. In un solo anno, l’ultimo, le famiglie numerose a rischio povertà sono passate dal 27 al 41%, un’impennata di ben 14 punti percentuali, attestata dall’Eurostat, che ci pone penultimi in Europa, davanti solo alla Romania.

Fisco, a noi due
La svolta? Sono tutti d’accordo. Sarebbe questa ormai famosa riforma fiscale, una rivoluzione nel calcolo delle tasse, che terrebbe conto non solo del reddito ma anche di quante persone, con quel reddito, ci vivono. Fiammate di dibattito, meteore che si spengono nel giro di 48 ore. Con Berlusconi e Tremonti che sul nuovo modello da usare non sembrano proprio d’accordo. Anche se alla fine, a sentire le associazioni, ciò che conta è che Tremonti ci lavori davvero a questa riforma.


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