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Dalla Lombardia 42 miliardi di euro al resto d’Italia

I risultati di un'elaborazione da parte della Cgia di Mestre

di Redazione

In Italia, solo 5 regioni presentano il residuo fiscale attivo, ovvero danno molto di più alle Amministrazioni pubbliche (in termini di imposte, tasse e contributi) di quanto ricevono (sotto forma di trasferimenti e di servizi pubblici): sono il Piemonte (+ 1,219 mld di €); la Lombardia (+42,574 mld di €); il Veneto (+6,882 mld di €); l’Emilia Romagna (+ 5,587 mld di €); e il Lazio (+8,720 mld di €). Il residuo di quest’ultima Regione, a differenza delle altre, risente della presenza della capitale. La stima è stata elaborata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre ed è relativa all’anno 2007 (ultimo dato disponibile).

«La sorpresa che emerge da questa analisi non è tanto quella appena descritta», commenta il segretario della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi, «ma il fatto che non sono solo i territori del Sud a beneficiare dei flussi finanziari tra lo Stato e Regioni, ma anche alcune importanti realtà del Centro Nord ed in particolar modo quelle a Statuto speciale».

Infatti, la Toscana presenta un deficit del residuo fiscale pari a -776 milioni di € (vale a dire che nel rapporto tra dare ed avere con lo Stato centrale, i toscani ci guadagnano), mentre per la Liguria il residuo fiscale è anch’esso negativo e si attesta sui 3,304 mld di €. Le cose vanno altrettanto bene per le realtà a Statuto speciale come il Trentino A.A. (-2,177 mld €), il Friuli V.G. (-2,104 mld di €) e la Valle d’Aosta (-617 milioni di euro). Situazione altrettanto positiva la riscontriamo al Sud, dove in Sicilia il residuo fiscale è pari a –21,713 mld, in Campania si attesta a –17,290 mld di € e in Puglia a –13,668 mld di €.

«Ma la cosa più preoccupante e fortemente sentita dai cittadini del Nord», conclude Bortolussi, «è l’aumento del residuo fiscale registrato tra il 2002 e il 2007. Ebbene, in Lombardia è aumentato del +47%, in Piemonte del +33% e in Veneto del +32%. Incrementi che con un serio federalismo fiscale in grado di coniugare solidarietà, responsabilità ed efficienza della spesa pubblica, dovrebbero diminuire».

La metodologia usata in questa analisi prevede che le entrate siano depurate dai trasferimenti proveniente dall’ UE e altre istituzioni estere, dall’alienazione di beni patrimoniali e dalle riscossioni di crediti; analogamente, le spese si considerano al netto di partecipazioni azionarie, conferimenti e di concessioni di crediti. Inoltre, i dati sono stati raccordati con la contabilità pubblica (deficit) e si è suddivisa la spesa per interessi che è stata ripartita sulla base della distribuzione della popolazione italiana tra le varie Regioni.


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