Sostenibilità sociale e ambientale

Il Senegal avrà la sua centrale

L'obiettivo è far fronte alla crescente domanda di energia del paese, spesso costretto a blackouts

di Emanuela Citterio

Ormai è più che un’ipotesi. Il Senegal si avvia ad essere il secondo Stato africano ad avere una centrale nucleare dopo quella esistente in Sudafrica nei pressi di Città del Capo. Dopo un susseguirsi di voci, il ministro dell’energia Samuel Améte Sarr è uscito allo scoperto durante il consiglio dei ministri dell’11 maggio che si è svolto alla presenza del presidente Abdoulaye Wade, dichiarando che la Francia si è offerta di aiutare il Senegal a impiantare la prima centrale nucleare.

All’inizio di marzo il portavoce di Sarr aveva anticipato che l’impianto potrebbe essere pronto già per il 2020, ma era stato costretto a una parziale smentita la settimana successiva, in cui aveva chiarito che niente era ancora deciso e che gli studi di fattibilità erano ancora in corso. Ora le dichiarazioni ufficiali del ministro dell’energia segnano il passo di una nuova fase. In mezzo, da marzo a maggio, c’è stata la partecipazione di Sarr alla conferenza di Parigi sull’accesso civile alla tecnologia nucleare l’8 e il 9 marzo su invito di Nicolas Sarkozy, alla quale è seguita la partecipazione alla conferenza di Washigton su invito di Barack Obama. E c’è stata, da parte del Senegal, una manovra per portare avanti la questione nel quadro del Nepad (New partnership for Africa’s development), il programma di sviluppo economico panafricano del quale Wade è uno dei co-fondatori. Già a marzo, il ministro dell’energia Sarr era in grado di annunciare che il Senegal avrebbe chiesto al Nepad di stabilire una Commissione africana per l’energia nucleare con quartier generale a Dakar.

La domanda di energia, ha dichiarato il ministero competente, cresce a un ritmo del 7% l’anno. Il Paese, una delle economie più stabili del continente, non può più permettersi i continui blackouts, alcuni della durata di 10 ore, che l’anno scorso hanno costretto il governo a requisire degli stocks di carburante per far fronte all’emergenza.

In Senegal agli annunci ufficiali sulla centrale nucleare sono seguiti vivaci dibattiti. Prosolia, azienda multinazionale per lo sviluppo dell’energia solare nata in Spagna ma con sede anche in Senegal, ha etichettato il nucleare come “un’idea stravagante”, e ha reso nota un’indagine che entra nel merito di costi e benefici delle energie rinnovabili. Prosolia ha calcolato che, vista la situazione climatica del Senegal con sole a picco per molte ore al giorno e per molti mesi dell’anno, il costo dell’energia solare sarebbe di 0,0055 euro per kWh, compresi i costi di mantenimento e messa in sicurezza dell’impianto. Il che significherebbe un costo di 0,08 euro per ogni consumatore senegalese. «Prosolia Senegal può confermare che è più conveniente generare energia elettrica dal fotovoltaico piuttosto che dal diesel e dal altri sistemi attualmente utilizzati in Senegal» afferma dagli uffici di Dakar José Luis Martínez Rivero, «incluse le stravaganti iniziative sul nucleare».

Il Senegal fa parte del G15 che si è riunito il 10 maggio a Teheran e che ha partorito l’accordo sul nucleare fra Iran,Turchia e Brasile che prevede la fornitura di stock iraniani di uranio debolmente arricchiti in cambio di combustibile nucleare per il reattore di Teheran utilizzato ufficialmente per la ricerca medica. Durante il meeting, il ministro degli esteri senegalese Madicke Niang ha detto che «il Senegal ha sempre ritenuto che tutti gli Stati dovrebbero avere accesso all’energia nucleare per scopi pacifici e l’Iran come membro della comunità internazionale non fa eccezione».

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