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È il mondiale del melting pot

Sempre più squadre si presentano con naturalizzati e immigrati. La formula sembra funzionare

di Lorenzo Alvaro

Il melting pot nel calcio sembra essere la nuova strada. L’Inter del triplete senza italiani in campo è la regina del calcio italiano ed europeo. Ma non solo. Due le squadre che hanno impressionato di più in questo incipit dei Mondiali. La Germania che ha sotterrato con un perentorio 4 a 0 l’Australia (nonostante la sconfitta con Serbia, propiziata dall’espulsione di Miroslav Klose) e la Svizzera, cenerentola del pallone che ha avuto la meglio sulla Spagna campione d’Europa.

Hanno tutte la stessa caratteristica: sono un crogiuolo di nazionalità.

La squadra tedesca dei 23 convocati propone ben undici stranieri. Si va dai tre polacchi  Podolski, Klose e Trochowski, allo spagnolo Mario Gomez, c’è il brasiliano Cacau e i turchi Ozil e Tasci, per finire col nigeriano Aogo, il tunisino Khedira e il serbo Marin.

I rossocrociati invece propongono gli italiani Benaglio, Barnetta e Padalino, l’ispanoserbo Senderos, il kosovaro Valon Behrami e l’albanese Blerim Džemaili. Gökhan Inler e Hakan Yakin sono turchi affiancati dal curdo Eren Derdiyok. E ancora Johan Djourou, ivoriano, Gelson Fernandes di Capo Verde e Blaise Kufo, nato a Kinshasa, ossia nella Repubblica Democratica del Congo.

In molti storceranno il naso perchè, quando si parla di nazionale, si sa che in Italia siamo puristi e non molto disponibili ai compromessi. Non c’è bisogno di riportare le polemiche circa la convocazione mancata di Mario Balotelli, ed è risaputo che, ad oggi, l’unico naturalizzato degli azzurri rimane Mauro German Camoranesi.

Quello che è certo però è che l’integrazione nel calcio spesso fa rima con vittoria.

Indimenticabile la doppietta francese che vide i transalpini, nel giro di due anni, prima campioni del mondo (Francia ’98) e poi d’Europa (Belgio 2000). Quella squadra aveva un trascinatore algerino, Zinedine Zidane, e si reggeva su campioni immigrati (Thuram, Vieira, Lizarazu e Djorkaeff per citarne solo alcuni).

Certo anche il nazionalismo ha raggiunto ottimi risultati. I cinque campionati del Mondo del Brasile e i quattro dell’Italia, per parlare di nazionali, e il triplete del Barcelona “de la cantera” di Guardiola parlano chiaro.

Ma le squadre “pure” al 100% sono sempre meno. La Nuova Zelanda ad esempio schiera in difesa Winston Reid, l’eroe che ha segnato il gol contro la Slovacchia al 93′ portando i suoi sull’1-1 e ottenendo il primo punto dei kiwi nella fase finale di un mondiale. Reid è in nazionale per un caso dovuto alla televisione. Naturalizzato danese e cresciuto in Scandinavia (dove gioca), Reid ha spiegato durante una intervista televisiva che gli sarebbe piaciuto indossare la maglia degli All Whites. Detto fatto: dopo aver visto la trasmissione a marzo è stato convocato in nazionale.

Sono due scuole di pensiero opposte che in Sudafrica si danno battaglia. Ultimamente sembra avere ragione chi spinge per l’integrazione. Ma solo il campo avrà l’ultima parola, l’11 luglio.

In copertina Gelson Fernandes, l’ivoriano della Svizzera autore della rete decisiva contro la Spagna


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