Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

A Toronto è sparito lo sviluppo

Nessun risultato sull'aiuto ai Paesi poveri, nessun passo avanti sulla tassazione delle rendite finanziarie. E l'Italia, al solito, tra i peggiori della classe

di Redazione

Il gioco di prestigio del Summit G8-G20 è perfettamente riuscito. A Toronto i Grandi hanno prodotto così tanto fumo che ancora non si riesce a capire dove siano le responsabilità del fallimento.
Le premesse non erano già delle migliori: dividere le due agende tra sviluppo ed economia mondiale aveva generato una grande confusione e il procedere del Vertice non è stato da meno. L’unica cosa chiara, al termine di queste giornate, è che se il G8 non gode di grande salute, il G20 non sta affatto meglio. Di certo non si può negare che il vertice di Toronto sia stato un passo indietro per quanto riguarda il tema dello sviluppo. Il punto di vista delle organizzazioni non governative, che erano in Canada nella speranza che questo vertice potesse dar loro qualche motivo – seppur minimo – di soddisfazione, è quello di chi ha dovuto prendere atto di un totale fallimento. Mai così male.
Le spiegazioni che sono alla base di questo possono essere molte e di certo il Summit G8 non ha avuto il coraggio di dire al mondo la verità. Il tema dello sviluppo non è più “di moda”. Non fa guadagnare consensi occuparsi dell’Africa, della fame nel mondo, dell’Aids.
Si partiva già da un grosso ritardo: 18 miliardi di dollari in meno di risorse destinate allo sviluppo, rispetto a quanto promesso nel 2005 al vertice di Gleaneagles. Ma erano altri tempi, gli anni della paura del terrorismo globale e non ancora gli anni della crisi economica e finanziaria. Adesso c’è un alibi. Adesso sviluppo ed economia mondiale non vanno più d’accordo. Sono due agende distinte e separate.
Negli ultimi tempi la letteratura internazionale si è impegnata molto a screditare l’importanza degli aiuti. Ma ad oggi non ci sono nuove ricette credibili per lo sviluppo del Sud del mondo ed è ancora sul tema delle risorse che i Grandi della Terra devono confrontarsi. Ed è qui che sono riusciti nel grande gioco di prestigio: alla vigilia del vertice è stato presentato un rapporto dedicato al monitoraggio degli impegni presi nel corso dei vertici precedenti. Ma, quando si passa alla dichiarazione finale del Summit, si sorvola su successi e fallimenti, e si riconfermano ritualmente gli impegni presi negli anni precedenti. Tutto bene, quindi. Invece no. Perché parliamo di obiettivi che non saranno raggiunti, perché dietro alle dichiarazioni non ci sono certezze che le risorse economiche che devono accompagnarli saranno esborsate. Se si mettono insieme tutti i pezzi del puzzle, è chiaro che il vero risultato di questo vertice è stato quello di gettare fumo negli occhi al mondo intero.
Già dal rapporto sull’accountability del G8 erano arrivati i primi segnali di preoccupazione e proprio su un tema caro a noi italiani, quello della sicurezza alimentare (vedi box). Il G20 non ha fatto molto meglio: non ha affrontato la questione del finanziamento per lo sviluppo e ha dato un ennesimo generico appoggio al prossimo vertice Onu che si occuperà degli Obiettivi del Millennio. Non è riuscito a smuovere le acque sul tema delle tassazione delle attività finanziarie e si è limitato a parlare di “prelievo sulle banche”. E l’Italia ha fatto la sua bella figura, mettendo il suo veto, così come altri Paesi. E non è l’unica “bella” figura fatta dall’Italia, che già arrivava al Summit con un buco complessivo di 21 miliardi di dollari di risorse mai versate e che si era impegnata a esborsare per la lotta alla povertà. Anche nell’unica iniziativa presa dal vertice, quella sulla salute materno-infantile, già debole per conto proprio, l’Italia non ha chiarito che ruolo vorrà avere.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA