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Una notte di sangue a Beirut

Quattro morti e diversi feriti, questo è il bilancio provvisorio degli scontri armati

di Christian Benna

BEIRUT (Libano) – Per chi sorseggiava un aperitivo ieri sera in una delle mille terrazze di Beirut che si affacciano sul mare, il panorama si è arricchito del lampo rosso fuoco dei proiettili traccianti.  Era l’ora dell’Iftar, la cena del ramadan che all’imbrunire chiude il lungo giorno del digiuno, quando le milizie sunnite Ahbach e quelle sciite di Hezbollah  hanno riportato per un paio d’ore  la capitale ai tempi della guerra civile.

Quattro morti, tra cui il capo della sicurezza Hezbollah di Beirut, e diversi feriti (per lo più passanti), questo è il bilancio provvisorio degli scontri armati che ieri  hanno incendiato interi quartieri della città: Bourj Abi Haidar, Ras el Nabeh, Basta, Barbir, Corniche el Mazraa, Barbour, Mousseibtbé e Nouery. La notte di sangue, che ha costretto l’esercito a intervenire e a chiudere le principali arterie della capitale, mentre la movida proseguiva indiavolata come sempre a nei club più a la mode, ha il sapore della vendetta e del regolamento di conti. Una faccenda “privata” che però da queste latitudini rischia di diventare presto un affare di clan e fazioni contrapposte, mettendo a rischio la fragile stabilità del Paese.

Mohammad Fawwaz, capo della sicurezza Hezbollah a Beirut, è stato freddato a bordo della sua  auto, insieme alla sua guardia del corpo, dai colpi di fucile mitragliatore delle milizie Ahbach mentre percorreva la strada davanti alla moschea sunnita di Bourj Abi Haidar. Un affronto pagato a caro prezzo. Due Hezbollah uccisi e due Ahbash. Lo scontro a fuoco  si è presto allargato alle altre zone musulmane della città, dove i capi di quartiere delle due fazioni hanno ritirato fuori dagli armadi RPG, B7  e fucili.

Era dal maggio 2008 che Beirut non viveva gli spettri della guerra civile.  I tank dell’esercito che sfilavano lungo le vie eleganti di Hamra, il quartiere islamico oggi abitato dall’intellighenzia e dagli studenti e dalla comunità internazionale, hanno fatto pensare subito al peggio, mettendo in allerta le ambasciate straniere.  Un supermercato, Al Diwan, legato al clan Achbach, è stato fatto saltare in aria a colpi di mortaio.

Tanto per far capire che qui non si scherza. L’esercito libanese ha provato a isolare gli scontri  che sono continuati tuttavia per buona parte della notte fino a quando Hezbollah e Ahbach hanno emesso un comunicato congiunto che invitava le parti in lotta alla calma , circoscrivendo gli episodi di sangue a “malintesi” personali-. Il clima di tensione nella Parigi d’Oriente, una polveriera permanente dove ad ogni angolo di strada c’è una comunità religiosa diversa dall’altra, 18 confessioni religiose in tutto, sostenute o avversate dai grandi attori regionali (Siria, Arabia Saudita, Iran, Usa),  è in continuo surriscaldamento. Dopo gli scontri al confine  con Israele del mese scorso, che hanno lasciato sul terreno 4 morti,  il paese attende col fiato sospeso la pronuncia del Tribunale speciale per il Libano che dovrà esprimersi sull’assassinio del premier Hariri (il padre dell’attuale capo del governo), ucciso in un attentato nel 2005. Per Usa e Israele il colpevole ha già un nome: Hezbollah, l’organizzazione sciita,movimento terrorista per gli Usa, sempre più potente da queste parti.  Forse anche troppo potente. O almeno tanto da costringere i pesi massimi della regione a rimettere mano allo scacchiere politico libanese.


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