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Attivismo civico & Terzo settore

Cisl, un assalto alla democrazia

Escalation contro il sindacato, tensione e paura

di Franco Bomprezzi

Ancora una intimidazione, ancora un episodio inquietante di intolleranza nei confronti della Cisl. Totalmente indisturbato un gruppo di antagonisti sociali ha lanciato uova, vernice rossa e fumogeni contro la sede centrale di Roma, in via Po. Oggi i giornali registrano e commentano.

“Assalto alla sede della Cisl. Bonanni: la Fiom si fermi” è il titolo in prima del CORRIERE DELLA SERA a corredo di una lunga foto verticale che parla da sola: i fumogeni rossi sotto le tre bandiere, della Cisl, dell’Italia, dell’Unione europea. E subito sotto una lettera aperta al direttore di Pietro Ichino, ora parlamentare Pd,  e giuslavorista: “Il falso fa più male”. Partiamo da qui: “Caro direttore, un’aggressione come quella di ieri contro la Cisl sarebbe un atto incivile e insensato anche se fosse vero che – come sostiene la Fiom-Cgil – l’accordo firmato dalla Cisl con la Fiat per lo stabilimento di Pomigliano violi la legge. Il fatto è che la violazione non c’è proprio (…) – scrive Ichino – La verità è che l’accordo di Pomigliano non presenta alcun attrito con la legge: lo presenta soltanto, e per alcuni aspetti molto marginali, con il contratto collettivo nazionale del settore metalmeccanico”. Ichino nota come l’atteggiamento critico della Fiom sia dettato dalla cosiddetta preoccupazione del “piano inclinato”, ossia cedere a Pomigliano significa aprire la strada al peggio. Ma secondo Ichino l’argomento del piano inclinato “è sempre stato il cavallo di battaglia di tutti i conservatorismi”. Nel suo ragionamento l’avallo pubblico, anche di giornalisti e perfino di giuslavoristi, alla tesi che l’accordo di Pomigliano sia una violazione della legge e della Costituzione conduce anche al “risultato (non voluto ma prevedibile) di indurre qualche testa calda a tirare candelotti contro la Cisl”. Le teste calde fanno capo al gruppetto “Action diritti in movimento”. Il CORRIERE racconta i fatti a pagina 2: “Blitz contro la sede della Cisl, lancio di uova e vernice rossa”, mentre di taglio, la reazione delle confederazioni: “La telefonata di Epifani al leader della Cisl: fuori chi aggredisce”, e di spalla, a pagina 3, una bella intervista a Pierre Carniti, segretario Cisl dal ’79 all’85: “Negli anni Ottanta rifiutai la scorta, che tristezza rivedere quel clima”. Da Carniti l’appello a tornare a discutere di idee, a tentare la strada di una nuova unità sindacale, “una unità d’azione sui grandi problemi, dai redditi alla disoccupazione”. Al centro una breve scheda ricorda l’escalation. 29 settembre, crisi alla Same, Fiom contesta la Cisl di Treviglio; primo ottobre, protesta a Livorno, poi sassi e uova contro Cisl e industriali; 6 ottobre, a Merate volantinaggio Fiom nella sede Cisl dopo lo sciopero; e ieri il blitz di Roma, con uova, vernice rossa e fumogeni.

LA REPUBBLICA riserva il taglio centrale per l’attacco al sindacato: “Ancora assalti alla Cisl Epifani: via i violenti”. Due pagine all’interno e un commento di Gad Lerner (“Rischio d’autunno”). Ancora uova e fumogeni contro la sede della Cisl a Roma e contro quella di Merate, in provincia di Lecco. Action-diritti in movimento, questo il nome del gruppo, ha rivendicato l’azione sul web spiegando che l’iniziativa è stata presa in riferimento alla posizione assunta dalla Cisl sul caso di Pomigliano e in appoggio alla Fiom. Moltissime le reazioni di condanna. A partire da quella di Bonanni: «dico alla Fiom: fermatevi, perché provocate atti di squadrismo che vanno isolati». Landini, segretario appunto della Fiom, risponde: «sono azioni sbagliate e inaccettabili». Sacconi invece definisce «bestie» gli autori di questa protesta e parla di «vile e abietto terrorismo». In appoggio il racconto di Gianni baratta, segretario confederale Cisl che era nella sede durante l’azione: «La Cisl gente così la butterebbe fuori in due minuti. E non parlo di chi ha tirato la vernice rossa qui in via Po, questi di Action. Mi riferisco a quei dirigenti Fiom che hanno fatto lo stesso, hanno lanciato uova e petardi contro i nostri, l’altra settimana, a Treviglio e Livorno». «Gesti così vanno sì condannati, ma vanno anche isolati e devono pure essere pesantemente sanzionati». Epifani, intervistato a fianco, non ha dubbi: «gli attacchi alla Cisl sono ingiustificabili, sbagliati, da condannare. E la Cigl è pronta alla massima intransigenza: anche alle espulsioni… Bisogna invitare tutti, anche i ministri, ad abbassare i toni. Il Paese è in una situazione magmatica: da tre mesi governo e maggioranza agiscono al loro interno con una violenza mai vista». Parole che il 16 ottobre avranno la loro verifica: in quel giorno i metalmeccanici della Cigl manifesteranno contro l’accordo separato di Pomigliano e la Fiom potrà mostrare se è capace o meno di prendere le distanze da coloro che danno l’assalto alle sedi della Cisl. Quanto al commento, Lerner sotolinea che chi fa gli attacchi è estraneo al sindacato, appartiene all’area antagonista: «se gli avvoltoi estranei al mondo sindacale agiscono con metodi da commandos, sperando di lucrare simpatia nella minoranza operaia che vorrebbe costruire una linea di resistenza alle deroghe contrattuali, è l’insieme del sindacalismo di base a rischiare una degenerazione letale».

L’aggressione  alle sedi del sindacato Cisl su IL GIORNALE entra nell’editoriale del direttore Sallusti che dopo aver commentato la tregua dentro al Palazzo sottolinea che le tensioni continuano per strada «l’assalto di estremisti del sindacato rosso contro le sedi della moderata Cisl non è buon segno. Qualcuno sta soffiando sul fuoco  per aizzare gli animi  e impedire le riforme che servono al mercato del lavoro e al Paese intero. Meglio che la politica riprenda il pieno controllo velocemente prima che sia troppo tardi». La cronaca è aperta dalla testina “Clima d’odio” e con questo titolo “Cisl nel mirino dei no global: è il quarto assalto in un mese”. Un’infografica aiuta a ricordare gli episodi principali: 8 settembre l’aggressione al segretario Raffaele Bonanni alla festa del Pd, il 30 settembre Blitz di alcuni  membri dell’associazione Action  diritti in movimento contro la sede di via Po. Una fotografia numerica del sindacato: 4.531.085 sono gli iscritti, di cui 2.276 mila sono gli attivi, 2.201.150 sono i pensionati e 53.744 sono i disoccupati. IL GIORNALE riporta una frase scritta da un militante di Action sul relativo sito: «Coglioni! le sedi dei sindacati le assaltavano i fascisti. Non mi rappresentate». Si mette in evidenza anche che il giornalista GianPaolo Pansa rinuncia alla presentazione proprio in una sede Cisl del suo libro perché dice: «Ho paura». 

Su IL MANIFESTO due pagine interne e un richiamo in prima pagina con le parole di Landini (Fiom) «Non si criminalizzi il conflitto» per raccontare gli attacchi alle sedi della Cisl. L’articolo di apertura alla pagine 2 e 3 titola: «Un fumogeno ci seppellirà?» dove Rocco Di Michele scrive: «Le parole sono pietre, spiegavano dagli studi di Matrix, lunedì sera, alcuni benpensanti ben posizionati. Lo dicevano per dissuadere gli altri (l’opposizione politica e sociale al governo e/o alle scelte delle imprese) dall’usare termini e toni che possano diventare incendiari. C’è la crisi si sa, un sacco di gente preoccupata per il proprio futuro ecc. Meglio mantenere aplomb anche nelle critiche…» segue poi la ricostruzione dei fatti di Roma e Merate. Per la sede lombarda la ricostruzione è affidata alla Fiom che sottolinea come si sia trattato della consegna di volantini da parte di alcuni delegati «Insomma, c’è davvero qualcuno che punta a montare un clima da pazzi nel paese – anche in previsione della manifestazione del 16 ottobre – per criminalizzare qualsiasi espressione di dissenso. E la stampa non appare più in grado di chiedersi (“verificare” è un’operazione successiva) neppure se quel che ti viene raccontato al telefono sia vero oppure no (..)»gli episodi dei giorni scorsi sono definiti «altrettanto goliardici». E poi «La pressione mediatizzata da destra, insomma, gioca consapevolmente anche sui problemi interni alla Cgil (…)». Il capitolo “reazioni” è nell’articolo: «Il Pd perde la testa: il governo riferisca in parlamento» in cui si sottolinea come «La voce del Pd è così perfettamente allineata a quella del governo». L’unica voce fuori dal coro, per il MANIFESTO è quella del segretario Prc/Federazione della sinistra Paolo Ferrero «In solitudine».
  
“Attacchi al sindacato. Uova e fumogeni contro la sede nazionale della Cisl” è il titolo della fotonotizia in prima che IL SOLE 24 ORE dedica alle intimidazioni alla Cisl, con un pezzo di cronaca firmato da Giorgio Pogliotti a pagina 21 e il commento a pagina 16, dal titolo “Spegnere il clima d’odio”: «Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti – tranne a chi non vuol vedere – che cosa sta avvenendo nel paese: un’escalation di violenze contro chi ha un atteggiamento ragionevole e dialogante sul lavoro e il welfare. Un clima di odio insopportabile e molto pericoloso. Solidarizzare con le vittime, condannare gli atti violenti e isolare i colpevoli è sacrosanto. Alzare la guardia e neutralizzare i facinorosi, prima che succeda l’irreparabile, improcrastinabile».

Pierluigi Magnaschi, nel suo pezzo “Tutta la Cgil deve parlare chiari contro i violenti”  su ITALIA OGGI si affida a Sherlock Holmes, quando diceva che un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi, tre indizi sono una prova. L’ultima intimidazione contro la Cisl sarebbe la prova che dimostra come il clima sindacale sia arroventato. Magnaschi poi, fa un paragone con i tempi delle Br quando nel mirino c’erano personaggi che si impegnavano per migliorare la condizione sociale dei più deboli. «Anche adesso» scrive Magnaschi «la furia degli estremisti si sta scatenando contro tutti coloro che hanno delle proposte per creare delle condizioni idonee alla crescita de posti di lavoro, una opportunità di vero riscatto per i più deboli. E ciò nella convinzione che, in una fabbrica fallita, non ci sono più diritti da reclamare per nessuno».
 
“Fumogeni e insulti. La Cisl sotto tiro” è il titolo di apertura di AVVENIRE sulle aggressioni al sindacato cattolico, accompagnato dal breve “L’altro editoriale” firmato dal direttore Marco Tarquinio che scrive: «Tutti ormai si rendono conto dell’escalation, nessuno vorrebbe accettare l’idea dell’orchestrazione. Ma è difficile non mettere in fila parole di fuoco e fatti intimidatori, violenze verbali e prepotenze fisiche, ed è impossibile non registrare con pieno allarme la fisionomia degli aggressori della Cisl: gente della Fiom e del più estremo movimentismo di sinistra…. La misura è colma. La spirale va spezzata. Già basta». A pagina 4 in una lunga intervista il segretario Cisl Raffaele Bonanni lancia un’accusa a chi promuove o giustifica le azioni intimidatorie e parla di “cultura squadrista”. «Vogliono intimidirci, zittirci e limitare la nostra libertà. Proseguiamo per la nostra strada per salvare il lavoro e le aziende», dice Bonanni, «e ci sono ambenti culturali, della politica e del sociale che, anche con la complicità della tv pubblica, costruiscono bugie e fanno provocazioni fingendo di non vedere le conseguenze». E sugli accordi come Pomigliano: «Se non c’è più il lavoro non ci sono più nemmeno i diritti. Restano soltanto demagogia e populismo». Tra le reazioni in evidenza quella del segretario della Cgil Epifani che parla di “episodi inaccettabili” e convoca i vertici della Fiom, mentre i segretari territoriali  delle tute blu respingono il paragone con gli anni di piombo ma ammettono che può esplodere il conflitto.  Un taglio basso raccoglie infine la voce di centri sociali, siti e blog antagonisti che vengono definiti “Una fabbrica dell’odio insofferente al dialogo” . È il caso ad esempio di Indymedia Piemonte, il network del movimento no-global, secondo cui gli attacchi alla Cisl sono “Inevitabili quando i sindacalisti venduti superano il segno” o del centro sociale Askatasuna: “Nel nostro orizzonte daremo sempre battaglia a chi coltiva il sogno miserabile di un’epoca di riformismo pacifico”.

LA STAMPA dedica un box in prima al caso delle aggressioni di Roma e Merate  “Doppio assalto alla Cisl. Bonanni: squadrismo”. «Uova e fumogeni degli antagonisti contro la sede nazionale. Epifani: cacciate i violenti dalla Cgil».  Due le pagine dedicate (6-7). Nella prima Roberto Giovannini ricostruisce la cronaca dei fatti nel suo “La Cisl nel mirino degli antagonisti”. In basso nella stessa pagina due interviste a Sergio D’Antoni, leader della Cisl dal 1991 al 2000 e al segretario del Prc Paolo Ferrero. Condanna bipartisan dei fatti anche se Ferrero sembra più concentrato a sottolineare che «più sbagliato e in malafede mi pare sia stato usare questi episodi sbagliati per attaccare la Fiom». Nella pagina successiva Fabio Poletti firma “In Lombardia assalto alla sede Fim”. «Fiom contro Fim. Sindacato contro sindacato. Lavoratori contro lavoratori. L’ultimo capitolo della saga che ha già avuto altre puntate in Lombardia, va in onda ieri mattina a Merate dopo un corteo di operai della Fomas e della Calvi, aziende in crisi, ristrutturazione alla porta, licenziamenti e ridimensionamenti. “Alla fine del corteo alcuni militanti della Fiom Cgil con le bandiere del sindacato, hanno fatto irruzione nella nostra sede di via Trento. Un fatto gravissimo…” denuncia Valerio Colleoni, segretario della Cisl di Lecco». In realtà sembra che stessero solo volantinando e che non sia successo nulla. Ma sottolinea Poletti «quello che conta è il clima. I rapporti tra la Cisl e la Cgil, il sindacato di Bonanni e quello di Epifani, divisi dalle parole, dai comportamenti, dalle strategie sindacali. E se i vertici dialogano, nella base, nella pancia che vive sul posto di lavoro il momento difficile, qualche volta parte la parola grossa».  

E inoltre sui giornali di oggi:

SCUOLA
IL GIORNALE – Marcello D’Orta interviene  a sostegno dello sponsor sui banchi di scuola. «Nel caso di Adro si è trattato di un clamoroso errore pedagogico perchè sono sempre stato  contrario all’indottrinamento politico degli studenti. Un conto è realizzare un edificio con simboli della Padania, un altro conto è chiedere a uno sponsor  di acquistare beni  come sedie, banchi. Le scuole italiane cadono a pezzi ed è sciocco storcere il naso al solo sentire la parola sponsor». E chiosa: «Ad ogni inizio d’anno quando ascolto o leggo la frase “si sono aperte le scuole” Sapete qual è l’immagine  che si fa avanti per prima?  Scuole letteralmente spaccate in due al suono della prima campanella».

FAMIGLIA
IL SOLE 24 ORE – Il fogliettone in prima è firmato da Marco Bellinazzo e si intitola “Rinuncia al marito e avrai la detrazione che ti spetta”: «Non per amanti, insanabili dissidi o giuramenti traditi. A indurre alla separazione due coniugi milanesi potrebbero essere motivi puramente fiscali. Detrazioni e benefici esclusi in costanza di nozze e che, viceversa, per quei paradossi inesplicabili che solo una burocrazia iperbolica sa creare, sciolto il vincolo nuziale, diverrebbero di colpo accessibili. Un corto circuito normativo che nega a una signora sessantenne la pensione minima e le impone di pagare i ticket in quanto troppo “ricca” per via del reddito del consorte, ma che allo stesso tempo – riconoscendola «incapiente», cioé con reddito troppo basso – non le permette di fare il 730 per scaricare scontrini e spese mediche. Unica via d’uscita, appunto, la separazione consensuale. Ma può il fisco spezzare l’amore che 40 anni di matrimonio hanno impreziosito (almeno questo, esentasse)?».

LEGGE 40
AVVENIRE – “Ci provano ancora” è il titolo in prima  che annuncia il ritorno alla Consulta della legge 40 dopo la sentenza del Tribunale di Firenze che ha accolto il ricorso di una coppia sterile. Nell’inserto “èVita” si sottolineano “gli evidenti errori giuridici” dell’ordinanza e si registrano le diverse reazioni. «Insospettisce”, scrive AVVENIRE, «la sincronia di tempi con la notizia del “Nobel alla provetta”. E captato di ascoltare un po’ di tutto nel carosello di dichiarazioni dopo la notizia…Più di un politico ha dato per già abrogata la norma… Si dà rozzamente per acquisito ciò che è ancora tutto da discutere. Con sprezzo per il diritto, la democrazia e l’intelligenza degli italiani».

TARIFFE
ITALIA OGGI – Intervista sfogo a Marco Polillo, presidente dell’Associazione italiana editori (Aie)  sul decreto delle tariffe postali che colpisce il settore del non profit e dell’editoria. «Firma non firma» dice Polillo «non ci va bene questo decreto attuativo per ripristinare le tariffe postali agevolate. Non solo siamo stati abbandonati dal governo, ma adesso si vuol far passare anche un provvedimento che potrebbe danneggiare ulteriormente. Polillo ritiene infatti che se anche questo decreto dovesse essere approvato, si continuerà a far pagare tariffe piene sugli invii di pacchi editoriale, quelli usati per rifornire i canali di vendita. Morale  della favola, alla fine, chi finisce sempre per guadagnarsi si legge nel pezzo “Tariffe postali, il decreto non va” sono sempre le Poste. 

BOSSI E ALEMANNO
CORRIERE DELLA SERA – “Bossi-Alemanno show: si celebra l’Italia al sugo” è il titolo del gustoso pezzo di Aldo Cazzullo a pag. 9, che racconta la “mangiata della riconciliazione”. “Le due Italie affratellate ieri in piazza – scrive Cazzullo – non avevano bisogno della riconciliazione gastronomica per scoprire che si assomigliano parecchio, e da tempo”.

ROM
IL MANIFESTO – In ultima pagina è ospitato l’intervento di Sall Shetty, segretario generale di Amnesty International. L’articolo è intitolato «Millennio senza rom». «Mentre al summit dell’Onu si è discusso dei progressi contro le discriminazioni in tema di “Obiettivi di sviluppo del millennio”, nulla cambia per i rom dei campi di Roma, Parigi, Milano, Bucarest. Già vivono in insediamenti abbandonati, e ora vengono sgomberati senza preavviso e senza l’offerta di un alloggi alternativo adeguato» si legge nel sommario che riporta le righe finali dell’intervento che prende le mosse dalla storia di  una coppia di rom rumeni che in Italia da sei anni sono stati sgomberati da tutti i campi nei quali si sono fermati. 

AMBROSOLI
IL SOLE 24 ORE – “Bankitalia chiama il figlio di Ambrosoli”. Il figlio di Giorgio, Umberto, sorveglia la Bcc di Offanengo l’istituto lombardo alle prese con forti perdite: «Due giorni fa, insieme a Livio Da Rugna e Gian Pietro Castaldi, è stato nominato componente del Comitato di sorveglianza chiamato a sostituire gli organi societari e a collaborare all’amministrazione straordinaria della Bcc, affidata al commissario Sergio Mauriello. Non è la prima volta che gli ispettori di Banca d’Italia e le Fiamme Gialle calano in quel di Offanengo. Era già successo nel 2007, quando via Nazionale comminò sanzioni a consiglieri, sindaci e direttore per non aver segnalato “all’organo di Vigilanza posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite»”. La cattiva abitudine di tentare di nascondere la polvere sotto il tappeto corre carsica anche tra le Bcc, come dimostra anche la vicenda di un altro istituto lombardo, MantovaBanca 1896, recentemente commissariato a causa di un “buco” da 27 milioni. Le residue chance di evitare guai peggiori alla banca cremasca sono svanite pochi mesi fa, con l’esito negativo di due tentativi di “accasarla” con istituti limitrofi, stemperandone le difficoltà in patrimoni più solidi. Perché a fine 2009 i conti della Bcc segnavano sofferenze nette per 7,6 milioni, incagli per 17,6 e crediti scaduti per 1,5. I crediti deteriorati, al netto delle svalutazioni, erano pari a 27 milioni su impieghi inferiori a 110. Il conto economico segnava perdite per 9,1 milioni, il patrimonio netto si riduceva a 7,14 milioni (…) Il compito che ora attende il 39enne avvocato penalista milanese è dunque ben più semplice e infinitamente meno rischioso di quello di cui si fece carico suo padre. Ma il senso del dovere, “qualunque cosa succeda”, come Giorgio Ambrosoli scrisse profeticamente alla moglie quattro anni e mezzo prima della notte dell’11 luglio 1979, quando cadde sotto i colpi di un sicario armato da Sindona, è certamente lo stesso dell’uomo che il figlio non ama definire “eroe”, omaggio che gli attribuì il titolo di un bel libro, ma semplicemente “esempio”. Un’eredità che Umberto Ambrosoli porta avanti e condivide».

BOSS DELLA MAGLIANA
LA REPUBBLICA – Valter Veltroni scrive al direttore del quotidiano per chiedere la rimozione della salma del boss della Magliana, Enrico De Pedis, che si trova nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma. «Per rispetto delle vittime e per dare un altro messaggio inequivocabile contro la violenza e la malavita organizzata, la rimozione della tomba… sarebbe un gesto dall’alto valore civile e morale».

‘NDRANGHETA
IL MANIFESTO – «Ordine Reggio» è il titolo di apertura de IL MANIFESTO che sovrasta la foto di un reparto di paracadutisti della Folgore. «Nessun sostegno ai magistrati, ma a Reggio Calabria viene inviato l’esercito con compiti di “sorveglianza”. Il governo sceglie i militari, come se la ‘ndrangheta fosse questione di ordine pubblico. Oggi la replica con il clima di paura in vista del 16 ottobre» sintetizza il lancio degli articoli a pagina 5. Sullo stesso tema il commento di Tonino Penna in prima pagina: «Borghesia mafiosa» che scrive: «Il ministro La Russa ha dato l’ok all’invio dell’esercito a Reggio Calabria, su richiesta di alcuni senatori del Pd e con la benedizione del Prefetto, secondo il quale i militari serviranno a proteggere i palazzi delle istituzioni (…)» e prosegue «È proprio contro quella che ormai molti definiscono la “borghesia mafiosa” che si gioca la partita a Reggio Calabria. Una nuova borghesia capace di essere locale e globale, di essere fortemente radicata in questo territorio ma di riuscire a compiere, grazie a grandi flussi di capitali illegali, operazioni finanziarie in tutto il mondo. C’è una profonda differenza tra la borghesia industriale che ha diretto lo sviluppo economico italiano e la nuova borghesia criminale. La prima ha mollato il territorio (…) non ha più n progetto industriale per questo paese e pensa solo a mettere al sicuro i propri capitali. La seconda mantiene un forte legame territoriale (…) Grazie al vuoto politico lasciato dalla vecchia borghesia ha davanti a sé una strada a scorrimento veloce» L’articolo si conclude con un post scriptum «È uno strano paese il nostro dove i magistrati vivono sotto scorta per paura di essere ammazzati da mafia, camorra e ‘ndrangheta e sotto schiaffo del presidente del Consiglio che li mette sotto inchiesta per associazione a delinquere».


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