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Attivismo civico & Terzo settore

L’ente inutile che fa gola a molti

La strana cancellazione dell'Ente nazionale assistenza magistrale

di Francesco Dente

Il patrimonio dell’organo finanziato dagli insegnanti e dei direttori della scuola d’infanzia e primaria passerà all’Inpdap. Anche se… Nel mirino del governo c’era finito già a maggio. Il ministro Giulio Tremonti, alle prese con la manovra estiva, lo aveva incluso nella lista dei famosi 231 enti ai quali tagliare i finanziamenti. Nonostante – questo il bello – non riceva un euro dallo Stato. Si era salvato, allora, grazie alle proteste del ministro Sandro Bondi contro quell’elenco. Il destino tuttavia era segnato. Il colpo rimasto in canna è partito il 24 giugno quando la senatrice Pdl Maria Ida Germontani ha presentato l’emendamento, in seguito approvato con la manovra definitiva, che ha soppresso l’Enam e trasferito le sue funzioni all’Inpdap.
È stato liquidato così, senza troppi giri di parole, l’Ente nazionale assistenza magistrale, l’organismo di diritto pubblico che per 63 anni ha assicurato sostegno alle famiglie degli insegnanti e dei direttori didattici della scuola d’infanzia e primaria. Nel 2009, solo per citare alcuni numeri, ha elargito contributi per spese sanitarie a circa 10mila maestri e offerto ad altrettante persone ospitalità nei soggiorni termali. E poi assegnato borse di studio di merito e sostegno a non autosufficienti. Con quali risorse? Confondi degli stessi beneficiari: i maestri devolvono infatti all’Enam una quota dello stipendio. Un ente, insomma, che, se si esclude la veste giuridica pubblica, sembra incarnare il motto caro al ministro del Welfare Sacconi, «Meno Stato, più società».
Soppresso, queste le motivazioni ufficiali, perché considerato “inutile” e perché il governo punta all’unificazione degli enti previdenziali, in questo caso con l’Inpdap. Due ragioni che per i dirigenti dell’Enam non reggono. La prima perché l’ente è finanziato, appunto, da privati cittadini con una trattenuta dello 0,80% sullo stipendio. La seconda, spiega il presidente Ciro Di Francia, perché «non è un ente previdenziale, ma assistenziale. Al massimo stanziamo contributi di assistenza previdenziale a quei maestri che hanno pensioni sotto il minimo». Appaiono incerti, del resto, i conti su cui poggia l’operazione lampo. Un dossier di luglio del Servizio studi della Camera suggeriva infatti di approfondire i “profili di quantificazione” della stima del risparmio per lo Stato (calcolato in 242mila euro per gli organi dell’Enam) e di valutare i costi del passaggio del personale all’Inpdap. Insomma, l’operazione potrebbe costare di più dei risparmi. Per Di Francia è sicuro: «Le nostre sezioni provinciali si reggono sul lavoro di volontari. Come farà l’Inpdap?».
Lo stesso governo a dicembre 2009 aveva approvato uno schema di regolamento di riordino. Perché sopprimere un ente riordinato pochi mesi prima? Il punto è che la manovra non si limita a eliminare l’ente ma trasferisce i servizi, il personale e i beni all’Inpdap. Beni stimati in 107 milioni di euro dall’Agenzia delle Entrate. La “manovra” mira forse a mettere le mani sul patrimonio acquistato con i soldi degli insegnanti?


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