Famiglia & Minori

Donne, malessere e vitalità

Un milione in corteo, non solo protesta contro Berlusconi

di Franco Bomprezzi

“Poche radical chic” le aveva definite il ministro Mariastella Gelmini: una delle previsioni meno azzeccate della storia politica e sociale del Paese, visto il fiume di donne (e di uomini) che hanno pacificamente invaso strade e piazze delle città italiane per la manifestazione “Se non ora, quando?”. Una partecipazione che, al di là delle motivazioni politiche legate al caso Berlusconi, ha sicuramente superato le aspettative, segnalando in ogni caso malessere e vitalità delle donne italiane. I giornali se ne sono accorti.

“Un fiume di donne in piazza” titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA. I servizi di cronaca da pagina 2 a pagina 5 raccontano questa giornata, che ha visto cortei in 230 città, non solo in Italia, ma anche a Bruxelles, a New York, in Giappone. In prima partono i due commenti del quotidiano: Maria Laura Rodotà “Chi sono le femmine alfa”, e Beppe Severgnini “Sensazione di déjà vu”. Ecco un passo della Rodotà: “«E tiratelo giù questo c. di striscione!». I giovani piddini intimoriti obbediscono e arrotolano la scritta «Sono una donna che ha sempre lottato». La signora prima impedita nella visuale ribadisce «e che c.». Sembra la scena di Animal House in cui John Belushi spacca la chitarra in testa al ragazzo romantico che strimpellava. È una delle tante scene impreviste e significative della piazza romana, ieri. Piena di donne più o meno garbatamente assertive. Anzi: mai viste così assertive, toste e protagoniste in una manifestazione. È stata la giornata delle femmine alfa, in Italia non ce n’era mai stata una così”. E uno di Severgnini: “La giovane precaria e la sindacalista, l’immigrata e l’attrice: sincero e addirittura commovente, in qualche caso. Ma già visto. Quelle donne avevano cose nobili da dire, ma le hanno dette nel modo consueto e nei soliti luoghi. La forza di Silvio Berlusconi è la capacità diabolica di reinventarsi e sorprenderci. Va affrontato con lo stesso metodo. Sono amico di Lella Costa, ammiro Paola Cortellesi e Anna Finocchiaro. La fantasia non gli manca di sicuro. Provino a inventarsi altro. Qualcosa che possa convincere decine di milioni di donne che non sono scese in piazza, e non lo faranno mai: eppure molte di loro, in questi giorni, sono imbarazzate e arrabbiate. Il momento più efficace, a Roma, è stato il ballo finale sul palco: perché era spontaneo, e non l’avevamo già visto”. A pagina 5 le reazioni politiche: “L’opposizione applaude. Ministre contro i cortei”. Lettera al CORRIERE  di Michela Brambilla: “Come donna e madre, ancorché ministro della Repubblica, rivendico la mia totale non adesione a questa passerella. E propongo invece alle colleghe dell’opposizione, che sono state l’anima di questa manifestazione, di unire le nostre forze intorno a un progetto comune: quello di lavorare per garantire a tutte le donne italiane il diritto ad un’uguale rete di servizi e di opportunità, che garantisca loro la libertà di vivere la propria vita come desiderano”. Infine a pie’ di pagina il racconto della scrittrice Silvia Avallone, dal sit-in di Bologna: “La mia generazione senza riti scopre che manifestare ha senso”.

“Un milione di donne: via Berlusconi”: LA REPUBBLICA dà ampio risalto alla manifestazione di ieri con dovizia di particolari e di commenti. Oltre alla cronaca (in cui si sottolinea che il comune di Roma non ha bloccato il traffico nell’area attorno a piazza del Popolo, creando non pochi disagi), le reazioni politiche: a una Gelmini che serafica risponde : “È un urlo che viene dai salotti non avranno la testa del premier” corrisponde suor Eugenia Bonetti: “Ma oggi ha vinto la dignità non c’è solo il potere dei soldi”. La ministra precisa che quando ha detto «poche e radical chic si riferiva alle promotrici» e che continua «a pensare che si sia trattato di una iniziativa nata e cresciuta nei salotti della cultura e del cinema», il che ovviamente per lei è disdicevole. Prosegue nell’intervista con proclami del tipo: «la dignità delle donne è un argomento troppo serio per gettarlo in mezzo alla battaglia politica in questo modo», e difese d’ufficio: «La Minetti è stata scelta dal coordinatore Pdl della Lombardia. E comunque rivendichiamo come un merito l’apertura delle nostre liste alla società civile». Diverso il punto di vista di suor Eugenia, che certo radical chic non è visto che ha passato 24 anni in missione in Africa: «è stata una bella manifestazione molto partecipata, l’inizio di una presa di coscienza perché le donne continuino nel loro ruolo importantissimo nella società, nella famiglia, nella scuola, nei luoghi di lavoro». I politici, alcuni dei quali erano in piazza, esprimono posizioni egualmente diverse. Bersani ringrazia le donne, Prodi sottolinea che «hanno dato un segnale al risveglio dell’Italia». Per quanto riguarda il Pdl, si distingue Mara Carfagna: «chi ha responsabilità di governo ha sempre il dovere di ascoltare la piazza. Certo l’occasione è stata sprecata trasformando questa iniziativa nell’ennesimo corteo contro il governo». Il commento di Natalia Aspesi (“Un grido al Paese”) sottolinea il significato collettivo della manifestazione, la consapevolezza delle donne e il loro ruolo, la scarsa comprensione da parte dei «cervelloni berlusconiani» e il monito che la piazza ha lanciato anche all’opposizione: «le donne promettono obiettivi ambiziosi, assicurano che non torneranno indietro, soprattutto che dopo una così straordinaria, spontanea prova di forza, niente, ma proprio niente, sarà più come prima».

 Nella prima pagina de IL GIORNALE la manifestazione di ieri trova spazio in un titolo minore di taglio centrale (L’apertura e la grande foto centrale sono dedicate al «Leader nudo», ovvero un’immagine del 1979 di un giovane Nichi Vendola in un campo di nudisti, con tanto di rettangolino nero per coprire le pudenda, in puro stile «Cronaca vera»). Il titolo sulle piazze di ieri è «Le minorenni? La sinistra le usa per portarle in corteo». La cronaca è affidata a due donne, le giornaliste Anna Maria Greco e Valeria Braghieri. I loro pezzi si intitolano «le Pm milanesi eroine femministe del popolo rosa» e «i bimbi costretti a disegnare Silvio finito in carcere: nel corteo mamme che indottrinavano le figlie». Si racconta degli «eccessi» della «folla», ovvero: «tanti passeggini tappezzati di scritte come questa: “io e mia figlia non siamo in vendita”». Nei commenti Stefano Zurlo si occupa degli «anti premier in gonna solo per tentare la spallata», spiegando che «dietro le manifestazioni femministe di ieri si nascondono le ultime speranze di una sinistra senza idee e futuro». Mentre Paolo Giordano, sotto l’occhiello «Senza pudore», se la prende con la moglie di Adriano Celentano, intervenuta ieri dal palco di Milano: «Quella Claudia Mori senza veli che ora dà lezioni alle veline», è il titolo. Scrive Giordano: «Lady Celentano esorta le showgirl a “non farsi mettere la telecamera nelle mutande”. Ma lei da attrice…». Accanto, per chiarire il concetto, un fotogramma di un film del 1985 descritto così dall’ex direttore: «indossa un vestito bianco bianchissimo ed è sotto una cascata d’acqua con effetto t-shirt bagnata: è per lo più trasparente ovunque, tutto compreso, seno e pure il resto». L’ampia sezione dedicata alla manifestazione si chiude con la «Lettera aperta» di Paolo Guzzanti: «Ho dubbi su Silvio, ma la piazza è golpista».

“La sfida delle donne”, titola in prima LA STAMPA, che fino a pagina cinque racconta quello che è successo ieri sulle piazze italiane, cercando di indagare anche le prospettive future. «Vogliamo creare una grande associazione nazionale di donne» afferma Francesca Izzo, la «stratega della piazza», come la ribattezza LA STAMPA. La Izzo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Napoli rifiuta l’idea che sia stata solo una mobilitazione contro Berlusconi: «Le vicende poco private di Berlusconi sono solo la punta dell’iceberg», dice a LA STAMPA. «L’Italia è un Paese vecchio e maschilista: la disastrosa condizione delle donne è il segno più evidente della nostra arretratezza». “Prove generali del Comitato di liberazione da Berlusconi” titola LA STAMPA a pagina 5: è scesa in campo «una società civile trasversale» si legge, «dalle suore alle icone del Che».

E inoltre sui giornali di oggi:

LAMPEDUSA
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine, la 12 e la 13, per raccontare gli sbarchi e l’emergenza. Felice Cavallaro tra i profughi: “Tra i mille disperati del campo di calcio «Un lavoro l’avevamo»”. Fiorenza Sarzanini parla della strategia del ministero dell’Interno: “Per affrontare l’emergenza anche hotel e conventi”. Intanto è stato riaperto il centro di Lampedusa. A pagina 15 bel pezzo di Giuseppe Sarcina: “Millecinquecento euro per passare il mare: i pescatori diventano trafficanti di uomini”.

LA REPUBBLICA –  Maroni è andato da Fazio a spiegare la situazione drammatica dell’esodo che ha definito «biblico» e l’assenza dell’Unione europea. A Lampedusa sbarchi non stop dalle coste nord-africane. Intanto riapre il centro di accoglienza. Il commento è di Adriano Prosperi: “La tragedia degli immigrati e il fallimento della politica”. «L’emergenza era prevedibile. E governare significa prevedere», sottolinea giustamente.

IL GIORNALE – «”E’ un esodo biblico” Maroni all’attacco: l’Europa ci lascia soli» è il titolo a pagina 13. Al centro c’è il «j’accuse» del ministro dell’Interno contro «Bruxelles che di fronte all’emergenza umanitaria appare impastoiata nella burocrazia».

LA STAMPA – “A Lampedusa assediate i tunisini diventano padroni”. Un reportage fotografa l’assedio, fatto di «gruppetti di tunisini a passeggio per Lampedusa, padroni di un’isola che 30 carabinieri e un pugno di poliziotti e finanzieri non riescono più a controllare». Pietà che si mischia all’esasperazione, fra gli abitanti di Lampedusa. LA STAMPA apre una finestra su botta e risposta fra Maroni, che ha accusato l’Ue di lasciar sola la l’Italia, e la commissaria agli interni Cecilia Malmstrom che, rispondendo, ha invitato l’Italia a presentare la sue richieste. «Richieste che, si desume, sono ancora nei cassetti del Viminale» scrive LA STAMPA. Quando la Grecia si è trovata con la frontiera turca ridotta a un colabrodo ha presentato una lista puntuale di bisogni, ha chiesto fondi, uomini e strumenti che le sono stati assegnati nel più breve tempo possibile, fanno sapere fonti Ue.

WELFARE
IL SOLE 24 ORE – “Anziani dimenticati dal welfare”. Un’analisi di Cristiano Gori sul welfare per la terza età a pagina 9. «Le recenti riduzioni dei finanziamenti statali indeboliscono ulteriormente i servizi pubblici, forniti a domicilio e in strutture residenziali, già scarsi in Italia. Inoltre, l’attuale Esecutivo – così come i precedenti – non ha svolto la propria funzione di governance, che avrebbe permesso di aumentarli. Da tempo si attende la definizione di standard adeguati di offerta da garantire in ogni regione (i “livelli essenziali di assistenza”), assicurando le risorse necessarie, come accade per gli ospedali e come il federalismo – almeno in teoria – richiederebbe (…)  il sistema pubblico delega alla famiglia la responsabilità di aiutare i suoi componenti deboli, anziani, adulti con disabilità o bambini piccoli. (…) Residuali, invece, sono gli interventi pubblici che l’affiancano nella cura del proprio congiunto. Si tratta di erogare servizi a domicilio quando la famiglia ha bisogno di prendere fiato o in strutture residenziali se deve essere sostituita perché non ce la fa più, di far si che l’assistenza proveniente dall’esterno (dai servizi pubblici così come quella fornita dalle badanti) sia di buona qualità e di metterle a disposizione le competenze necessarie (informazioni, conoscenze sui bisogni da affrontare o altro). Da tempo, gli osservatori attendono un’inversione di marcia verso un welfare che affianchi la famiglia anziché delegarla. (…) Un welfare delegante è di bassa qualità. Da una parte, la riduzione dei finanziamenti per i servizi spingerà a diminuirne la qualità. Dall’altra, non esiste alcun requisito che imponga di destinare le risorse dell’accompagnamento a badanti assunte in modo regolare e con un certo livello di qualificazione»

UNIVERSITA’
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti pubblica a pag 52 e 53 un’ampia inchiesta sulla razionalizzazione dell’offerta formativa in alcuni atenei italiani. Secondo il pezzo “Gli atenei in cura dimagrante. Cancellati oltre 800 corsi” la riforma dell’Università ha spinto i rettori a bloccare le assunzioni ma soprattutto a sopprimere corsi di laurea «creati più per ragioni accademiche che per soddisfare una reale domanda degli studenti e una concreta offerta del mondo del lavoro».  Per cui, niente più “Traduttologia e tecnologie cosmetiche”, “Pace, diritti umani e cooperazione”, “Scienze giuridiche italo-spagnole” e “Benessere del cane e del gatto”. La stretta maggiore si registra nelle lauree triennali che scendono da 2.782 del 2007-08 a 2.241 dell’anno in corso con un taglio del 19%. 


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