Sanità & Ricerca

Botta e risposta fra Englaro e la Roccella

«La legge continua il suo iter» assicura il sottosegretario

di Redazione

«Né un medico né lo Stato hanno il potere di disporre della mia salute. Considero barbarie una medicina al servizio della non morte». Così Beppino Englaro, intervenendo alla trasmissione di Rai 3 Agorà sul tema del testamento biologico. «Accetto» che chi voglia continuare la propria esistenza alimentato e nutrito artificialmente «possa, ma c’è chi considera ciò peggiore della morte«». Compresi «io, mia moglie e mia figlia. Questo voleva Eluana e lo voglio io» e sulla questione «non scendo ad alcun compromesso», assicura deciso. Ma la legge sul biotestamento, a lui invisa, continua il suo iter. Sul provvedimento «la posizione non è così spaccata» – assicura il sottosegretario Eugenia Roccella – «c’è un iter parlamentare aperto» su un ddl che «non è un testo di governo e ha subìto molte modifiche. Si vota ad aprile per mettere nero su bianco che nessun medico può imporre una terapia». Ma idratazione e alimentazione artificiali, puntualizza Roccella ribadendo la sua posizione e quella della maggioranza sull’argomento, «non sono una terapia. Se lo fossero, dovrebbero curare una malattia, cosa che non avviene. C’è un confine che va rispettato». Una posizione che cozza profondamente con quella del senatore Pd Ignazio Marino, una delle voci più critiche sul Ddl Calabrò. «È la scienza che riconosce idratazione e alimentazione artificiali», elargite «infilando un sondino nello stomaco del paziente, quali terapie mediche. La questione centrale è la libertà di scelta della persona. Perché non scrivere una legge in cui una persona, se lo ritiene giusto, possa prolungare idratazione e alimentazione artificiali il più possibile rispettando, al contempo, la scelta di chi non lo vuole? Ognuno – sostiene – deve decidere per sé». Quanto ai registri dei biotestamenti attivati in molti Comuni italiani, Roccella ribadisce la posizione già espressa in passato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Non valgono».


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