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L’Italia tagliata in due

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di Giuseppe Frangi

L’Italia è sempre più un Paese con dinamiche a forbice. C’è la forbice atavica Nord-Sud: la cronaca di queste settimane, dal dramma dei rifiuti napoletani al declino di Gioia Tauro, sino al cantiere infinito della Salerno – Reggio Calabria sembrano documentare un piano inclinato senza rimedio. Nord e Sud sempre più lontani.

C’è un’altra forbice che si sta allargando senza controllo, ed è quella che allontana una piccola ma folta truppa di ricchi sempre più ricchi dal corpaccione di una classe media messa in ginocchio dalla durezza della crisi. Infine c’è la forbice più scandalosa ed inquietante: è quella generazionale, che si preoccupa di riservare garanzie e protezioni sociali all’Italia ultrasessantenne lasciando del tutto scoperti il presente e il futuro gli under 30.

In questi giorni sono accaduti due casi emblematici. Da una parte il governo ha fatto una piccola mossa per contenere la spesa delle pensioni, resa sempre più ingestibile dallo squilbrio demografico e dall’allungarsi dell’attesa di vita: sono state limate le rivalutazioni per le pensioni al di sopra dei 1.428 euro. Una misura che peserà 8 euro l’anno alla prima fascia di cittadini “colpiti” dal provvedimento e 150 euro alla fascia più alta: infatti la rivalutazione viene limata solo nella parte della pensione che supera la base di 1.428 euro. Il giorno dopo, apriti cielo. I sindacati sono scesi subito in campo («una patrimoniale per i poveri»). I partiti anche: l’opposizione non si è risparmiata ma anche la Lega si è defilata con imbarazzo, scoprendosi una volta di più partito della terza età. Ognuno ha suoi interessi da difendere, a cominciare dal fatto che i pensionati votano e i pensionati sono 17 milioni…

Qualche giorno prima, un altro atto del governo è passato invece del tutto inosservato: nel maxiemendamento sul decreto Sviluppo era stato inserito un provvedimento che cancellava l’ingresso in graduatoria di circa 20mila laureandi o specializzandi (soprattutto di Scienze della formazione primaria). In sostanza: si tratta di 20mila ragazzi che avevano imboccato gli studi in Scienza della formazione perché le università avevano venduto loro la certezza che, alla fine del percorso, si sarebbero trovati inseriti di default nelle graduatorie per poter un giorno insegnare. D’accordo che quella promessa era comunque illusoria in quanto con i trend attuali di tagli agli organici e di diminuzione demografica l’attesa sarebbe stata stimabile in 30-35 anni, per i docenti dell’infanzia, o in 12-15 anni, per quelli della primaria, comunque sia sono state scorrettamente cambiate le carte in tavola, affondando le speranze di persone che non hanno molte altre possibilità a cui appigliarsi.

E così c’è chi sta pensando addirittura ad un’azione per farsi restituire le tasse universitarie… Davanti a una situazione così ci vorrebbe un grande gesto dal valore per lo meno simbolico come risarcimento generazionale. Uno sarebbe semplice e indolore.

Ad esempio che ai pensionati sopra i 3mila euro al mese venisse chiesta almeno per quest’anno la rinuncia alla tredicesima. Facendo rapidi calcoli, sono due miliardi di euro che potrebbero essere destinati ad un’azione di rilancio per le giovani generazioni. Magari cominciando proprio da quei 20mila che se ne staranno a casa, mentre l’Italia avrebbe bisogno come il pane di loro per aprire le migliaia di asili nido che ci mancano… 

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