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Dubbi sulla disciplina antimafia applicata ai fondi del 5 per mille

Legge 136/2010 controversa definizione di "fondi pubblici"

di Redazione

Alcuni enti di ricerca sanitaria, beneficiari del 5 per mille 2009, hanno ricevuto dal ministero della Salute una comunicazione: perché l’amministrazione possa procedere all’erogazione dei fondi a loro spettanti, gli enti devono rispettare gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari previsti dalla legge 136/2010 sui finanziamenti pubblici per contrastare le infiltrazioni mafiose.

La questione è abbastanza semplice: il ministero vorrebbe applicare ai fondi del 5 per mille la disciplina prevista dalla legge 13 agosto 2010, n. 136 rubricata “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”. Si tratta, come il titolo stesso già anticipa, di previsioni destinate a ostacolare il fenomeno delle infiltrazioni criminali nella contrattualistica pubblica attraverso la previsione (anche) di maggiori controlli sui movimenti di denaro da parte delle imprese e dei concessionari di finanziamenti pubblici. La norma contiene anche il riferimento ai soggetti «concessionari di finanziamenti pubblici anche europei» il quale, però, viene poi ulteriormente delimitato dal legislatore con la circostanza che debba trattarsi di soggetti «…a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici». Ho avuto modo di spiegare cosa significhi per un ente applicare queste disposizioni sul sito www.quinonprofit.it.
Nel caso dei fondi del 5 per mille, così come nel caso più generale delle erogazioni liberali effettuate dalle pubbliche amministrazioni, non esiste alcuna controprestazione dell’ente e quindi non può dirsi in alcun modo realizzato, a mio avviso, il presupposto di applicazione della legge 136/2010 che vuole, come detto, tracciare il flusso finanziario di «appaltatori, subappaltatori, subcontraenti della filiera delle imprese» nonché di «concessionari di finanziamenti pubblici… a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici». Figuriamoci poi nel caso del 5 per mille dove, oltre che non configurarsi alcuna controprestazione o fornitura pubblica, i fondi erogati, secondo la Corte Costituzionale, non sono fondi erogati dallo Stato ma sono fondi dei contribuenti che assumono la qualifica di erogazioni liberali che vengono solo “mediate” dallo Stato.
Forse al tema specifico non è stata data ancora la giusta attenzione (anche la più recente Determinazione del 4 luglio scorso dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici non ha espressamente chiarito il tema delle erogazioni liberali agli enti non commerciali, anche se il tema è stato sfiorato affermando l’estraneità agli obblighi di tracciabilità delle erogazioni liberali direttamente erogate a favore di soggetti indigenti e dei contributi a fondo perduto alle imprese) con la conseguenza che, anche prescindendo dalla casistica del 5 per mille, sta accadendo che ad ogni contatto con la pubblica amministrazione gli enti non commerciali si sentano richiedere l’applicazione della legge 136/2010.
[Antonio Cuonzo]


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