Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

Il possibile patto di sangue tra Israele e Palestina

Una campagna pubblicitaria avvicina due popoli nemici

di Gabriella Meroni

«Dopo vent’anni di spargimento di sangue, è arrivato il momento di donarlo»: una pazzia, o un’idea rivoluzionaria? Prima di rispondere si deve pensare che questo «scambio di sangue» avviene tra israeliani e palestinesi, due popoli separati da abissi di ostilità maturati in decenni di rancore. E avviene non grazie a un’iniziativa umanitaria o di pace, magari promossa dall’Onu o da qualche Nobel, ma da un’idea «impossibile» lanciata da un’agenzia pubblicitaria e raccolta da migliaia di creativi sparsi in tutto il mondo.

Riepiloghiamo la storia. Nel giugno 2010 dal palcoscenico del Festival di Cannes l’agenzia internazionale Saatchi&Saatchi lancia una sfida chiamata «Impossibile Brief», dove il brief è l’idea che i pubblicitari devono realizzare su imput dell’azienda che commissiona loro una campagna. Un’idea davvero impossibile, in questo caso: inventare un messaggio per avvicinare israeliani e palestinesi, usare il linguaggio dell’advertisement  per convincere due “nemici” a dialogare. Sfida lanciata a livello globale, visto che chiunque poteva inviare proposte attraverso un sito dedicato (theimpossiblebrief.org) oppure su Facebook.

Tra le centinaia di messaggi, a far breccia nel cuore dei giurati –israeliani e palestinesi affiancati da dirigenti di Saatchi – è stata l’intuizione di un giovane copywriter francese, Jean Christophe Royer, che il 13 luglio 2010 digita su Facebook: «La mia campagna si chiama Mutual Blood. L’idea è organizzare una grande raccolta di sangue tra volontari di entrambi i paesi, sperando che aderiscano in tanti. Uccideresti chi ha il sangue del tuo popolo?».

Dal brief alla realtà, la campagna si è concretizzata dopo circa un anno di lavoro grazie al sostegno della Banca del sangue israeliana di Tel Aviv, che ha raccolto le donazioni per una settimana, dal 14  al 21 settembre (International Peace Day in Israele) in collaborazione con l’Al-Makassed Hospital Islamic Society. Nel frattempo è nato anche un sito internet, www.bloodrelations.org, attraverso il quale è possibile effettuare «donazioni di sangue virtuali» sempre attraverso Facebook e comparire così con la propria foto in una speciale galleria dei donatori. Il progetto è sostenuto, tra gli altri, dal Peres Center for peace e dal Families Forum, associazione che riunisce tutti coloro – israeliani e palestinesi – che hanno perso un congiunto a causa del conflitto tra i due popoli: sono stati loro, per la cronaca, i primi donatori di sangue di Mutual Blood. «Le irragionevoli ragioni della creatività possono aprire tutte le porte», scrive sul sito il Ceo di Saatchi&Saatchi, Kevin Roberts. E dopo aver letto questa storia, è impossibile non crederci almeno un po’.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA