Politica & Istituzioni

Articolo 18, lavoro sommerso

Si tratta per modificare le norme, dossier della Marcegaglia

di Franco Bomprezzi

Ci risiamo. La questione dell’articolo 18 entra ed esce nel dibattito in corso sulla riforma del lavoro, allo studio del Governo per favorire la crescita e l’occupazione. Stavolta ad accendere la miccia è Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che ieri ha parlato di “anomalia italiana”, suscitando l’immediata reazione dei sindacati, in particolare della Cgil. Silenzio, per ora, dal mondo della politica. Ecco come i giornali affrontano oggi la questione.

Nella prima del CORRIERE DELLA SERA la notizia della presa di posizione di Emma Marcegaglia non compare, e bisogna andare a pagina 10 per trovarla con la dovuta evidenza: “Marcegaglia: stop all’articolo 18 «È un’anomalia italiana»”. Scrive Roberto Bagnoli: “«Il reintegro previsto dall’articolo 18 è una anomalia tutta italiana, ma questo è un tema ideologico che non vogliamo affrontare». Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia risolve così il problema emerso alla grande durante il direttivo confindustriale per impostare le richieste degli imprenditori sulla riforma del mercato del lavoro. In serata, in un incontro di quasi quattro ore col ministro del Welfare Elsa Fornero, la Marcegaglia ha presentato un dossier nel quale emergono tutti i «gap» italiani rispetto ai nostri partner europei. I più importanti riguardano la flessibilità in entrata e in uscita, gli ammortizzatori sociali, il tasso di occupazione (in Italia di appena il 56,9% contro il 71,1% della Germania) e soprattutto la produttività bloccata nel nostro Paese da una decina d’anni, più o meno dalla nascita dell’euro”. E più avanti: “La giornata di ieri è iniziata con una forte polemica tra Cgil e Confindustria innescata proprio dalle prime considerazioni sull’articolo 18 e sulle forme contrattuali. La Marcegaglia ha puntualizzato di «aver sentito parlare la Cgil di 45 forme contrattuali per le assunzioni, ma non è assolutamente così, sono solo 15-16 in linea col resto d’Europa». Secca la replica della Cgil con il segretario confederale Fulvio Fammoni: «Confindustria ha intenzione di far fallire la trattativa con il governo? Perché vogliono creare le condizioni per una non riuscita del confronto? Verrebbe da dire che come le altre lobby non intendono mettersi davvero in discussione ma solo acquisire vantaggi»”. Interessante scheda di Antonella Baccaro sul dossier presentato dagli industriali: “I numeri del dossier portato da Confindustria al tavolo della trattativa con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, dicono molto più di mille discorsi. Diciotto tabelle, dense di confronti con gli altri Paesi europei, per sostenere tre concetti: 1) le forme contrattuali nel nostro Paese sono 15-16, in linea con l’Europa; 2) le imprese italiane finora hanno retto il sistema degli ammortizzatori sociali; 3) il reintegro del lavoratore licenziato è un’anomalia del nostro sistema”. E infine Enrico Marro, nel pezzo di taglio: “Produttività contro tutele, gli obiettivi delle parti”, che delinea il retroscena delle trattative avviate dal Governo. Ecco come conclude: “Per le imprese il massimo sarebbe ottenere meno vincoli sui licenziamenti per motivi economici e più ammortizzatori sociali per assistere le ristrutturazioni industriali, più difficili dopo la riforma delle pensioni che impone di tenere le persone al lavoro fino a 66 anni. Ma qui Fornero è stata chiara: non ci sono soldi in più per gli ammortizzatori né si potrà più fare affidamento sui prepensionamenti. Le parti sociali, quindi, dovranno abituarsi a non contare più su un sistema che consente troppo facilmente di scaricare sui contribuenti le inefficienze del mercato del lavoro. Se è così, però, è comprensibile che i leader di Cgil, Cisl e Uil, che domani si vedranno per definire una posizione comune, si tengano stretto l’articolo 18. Il problema, insomma, è che la flexicurity, sulla carta, è una bella cosa: significa più dinamismo dell’economia garantendo allo stesso tempo sostegni adeguati a chi perde il lavoro. Ma, nella realtà, senza soldi e senza un efficace sistema di formazione e di collocamento non funziona”. In realtà il tema del lavoro è presente sulla prima del CORRIERE, ma è affrontato dall’editoriale di apertura, di Maurizio Ferrera: “Il coraggio che non c’è”. Eccone un passo: “In Italia mancano i posti di lavoro. Non è solo colpa della crisi, il problema ha radici strutturali. I nostri tassi di occupazione sono fra i più bassi d’Europa: rispetto alla Gran Bretagna (che ha la stessa popolazione dell’Italia) abbiamo quasi sette milioni di occupati in meno, soprattutto donne. La via maestra per creare lavoro è ovviamente la crescita. Ma attenzione: la struttura del mercato occupazionale è a sua volta un fattore di crescita. Se ci sono troppe strozzature, i posti di lavoro non arrivano neppure quando l’economia si espande. Le riforme possibili sono tante, ma la più promettente è una drastica semplificazione delle norme. Agli imprenditori stranieri il diritto del lavoro italiano appare come un indecifrabile mosaico bizantino, privo di certezze interpretative e applicative. Il risultato è che abbiamo pochissimi investimenti esteri e così rinunciamo a centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro”.

LA REPUBBLICA apre con “Liberalizzazioni, ecco il piano” e nel sommario aggiunge: “Via i vincoli sulla benzina, farmaci e notai. Fusioni d’impresa, niente articolo 18”. I servizi all’interno: «scopo dell’operazione», ha detto ieri Monti alla Merkel, «è quello di conseguire più crescita e più equità». Nel decreto ci sarebbe una norma sull’articolo 18: l’obbligo di reintegro, in caso di incorporazione o fusione di due o più imprese che occupano un numero di dipendenti pari o inferiore a 15, scatta solo se il numero complessivo di lavoratori è sopra le 50 unità. Seguono varie pagine sulle singole iniziative e le diverse reazioni (i taxisti ad esempio sciopereranno il 23), ma curiosamente solo a pagina 27 (cioè in economia) LA REPUBBLICA decide di dedicare un pezzo a “Articolo 18, si riapre il fronte al vertice Fornero – industriali”, riferendo quindi la posizione della Marcegaglia secondo cui «una delle anomalie italiane è il reintegro nel posto di lavoro previsto dall’articolo 18. Il reintegro in altri paesi non viene utilizzato». Una tesi cui si oppone la presa di posizione della Cgil: «la Confindustria vuole far fallire la trattativa?», si è chiesto il segretario confederale Fulvio Fammoni. Sulle tensioni getta acqua sul fuoco Bombassei, numero due della Confindustria: «non portiamo al tavolo con la Fornero il tema dell’articolo 18». E allora perché parlarne? In appoggio Roberto Mania spiega come siano tre le anomalie del mercato del lavoro italiano: la bassa partecipazione dei giovani e delle donne, l’alta percentuale di lavoratori “autonomi”, l’obbligo del reintegro. «È il quadro che ha presentato ieri la Confindustria», precisa. Secondo il dossier degli industriali, l’istituto del reintegro è previsto un po’ ovunque ma non viene utilizzato, al suo posto si ricorre al risarcimento finanziario.

IL GIORNALE fa la cronaca dell’incontro di ieri fra il ministro Elsa Fornero e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che ha presentato un dossier nel quale ha smontato i luoghi comuni sull’Italia e ha evidenziato le peculiarità. Nel Regno Unito, Germania, Francia e Danimarca, il datore di lavoro non è obbligato a reintegrare il dipendente illegittimamente licenziato. Meno severe le leggi che stabiliscono quale licenziamento sia illegittimo. Nonostante il dossier Marcegaglia ha precisato che in questa trattativa non cercherà di introdurre il tema dell’art. 18 perché «è ideologico e oggi non vogliamo affrontare questo argomento». Tuttavia la Marcegaglia lancia un messaggio alla Cgil. «Noi ci sediamo a questo tavolo senza ideologia con grande senso di responsabilità e grande apertura. Ci aspettiamo che anche le altre parti sociali abbiano lo stesso atteggiamento perché se partiamo tutti dicendo “se si tocca questo salta tutto” allora noi potremmo dire che se cominciamo a parlare di riduzione e di flessibilità in entrata noi ci alziamo». 

Liberalizzazioni e articolo 18 dominano la prima pagina del MANIFESTO che titola con un gioco di parole “Libera impresa”. Il legame è spiegato nel sommario “Le aziende fino a 50 dipendenti potranno licenziare anche senza giusta causa. Basta che due imprenditori fondano le proprie attività. Nell’«ampio» decreto sulle liberalizzazioni annunciato da Monti a Berlino si annida la modifica dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori. Al via pure la liberalizzazione dei servizi pubblici locali”. All’articolo 18 e alle liberalizzazioni sono dedicati anche due articoli, il primo è un commento di Loris Campetti “L’articolo 18 bis”, mentre il secondo a firma di Tonino Perna, prende il via in prima e si conclude a pagina 3, che con la 2 approfondisce i due temi. Scrive Campetti «(…) Hanno messo non solo le mani ma anche i piedi nel padre di tutti i tabù, l’articolo  18 dello Statuto dei lavoratori. Secondo la bozza di decreto sulle liberalizzazioni di cui il manifesto è entrato in possesso, la copertura dell’articolo 18 che garantisce al lavoratore ingiustamente licenziato il reintegro e non una mancia non riguarda più chi è occupato in aziende con oltre 15 dipendenti ma soltanto quelli che lavorano in società con più di 50 dipendenti (…). La motivazione dà il senso del modello sociale che questo governo ha in mente: mica si tratta di un attacco ai diritti, spiegano nelle motivazioni, è solo un incentivo per ridurre la frammentazione del nostro sistema produttivo (…)» E continua osservando: «Peccato che chi ha scritto il “18 bis” non è lo stesso che scrive le motivazioni, e infatti c’è un errore: il secondo parla di aziende che, sommate tra loro, occupino più di 30, e non 50, dipendenti. Non sarà che fatta una bozza di decreto, hanno già definito il punto di mediazione possibile con i sindacati?» Chiara la conclusione: «Se sull’articolo 18 non è passato Berlusconi, travolto da tre milioni di persone al Circo Massimo, perché dovremmo far passare il professore?». L’articolo di Perna, invece, dopo una lunga citazione di Adam Smith si lancia in una lunga disquisizione su “Una riforma all’americana” con richiami oltre che a Smith a Marx ed esemplificazioni sulle privatizzazioni del Cile di Pinochet, per arrivare a osservare sui notai: «(…) Il loro numero è davvero esiguo: 5mila notai per 60 milioni di abitanti! In questo caso basterebbe semplicemente raddoppiare il numero e si creerebbero 5mila nuovi posti di lavoro per i laureati in giurisprudenza. Al contrario la linea del governo è prevalentemente quella di trasformare le professioni liberali in aziende capitalistiche, sul modello nordamericano dei megastudi che assumono come salariati centinaia di ingegneri, avvocati, commercialisti ecc. (…)» Pagina 2 si apre con il titolo “Via l’art. 18 E i contratti nelle ferrovie” spiega il sommario “Una raffica di disposizioni contro il lavoro spacciate per misure sulla crescita. Ricchi premi per le assicurazioni e soprattutto la privatizzazione dei servizi pubblici locali”. L’inizio dell’articolo è fulminante: «Licenziare e privatizzare. Questa la fase 2 del governo Monti (…)».

Il tema articolo 18 trova spazio sul SOLE 24 ORE a pagina 17 “Marcegaglia: confronto senza ideologie”. La presidente di Confindustria «ha  illustrato al ministro un documento di confronto tra il nostro mercato del lavoro e quello di altri paesi Ue tra cui Francia, Germania, Regno Unito e Danimarca. Una ventina di slides approfondite in mattinata nel direttivo straordinario della confederazione, convocato sul mercato del lavoro. Un «documento di benchmark» ha detto la Marcegaglia, in una conferenza stampa nel primo pomeriggio, al termine del direttivo, «su tre temi: flessibilità in entrata, ammortizzatori sociali, flessibilità in uscita». E da cui emerge che «l’anomalia tra noi e gli altri paesi riguarda soprattutto il reintegro del dipendente nel posto di lavoro». Quindi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori». Il dettaglio del dossier in uno schemino e in un box: «Gli industriali hanno messo a confronto quattro Paesi in particolare e cioè Danimarca, Germania, Francia e Regno Unito. Dallo schema elaborato (si veda infografica sopra) emerge che l’istituto del reintegro del lavoratore a seguito di licenziamento illegittimo “è una possibilità prevista dalla legge ma è raro che si verifichi” in Danimarca, “è possibile ma raramente applicata” in Germania, «è prevista unicamente nel caso di licenziamento discriminatorio» in Francia, mentre nel Regno Unito “non c’è obbligo ma se il giudice impone la reintegrazione e il datore si rifiuta lo stesso, il giudice può imporre il pagamento di un’indennità ulteriore rispetto a quella di base e a quella di compensazione”».

L’apertura di AVVENIRE è dedicata all’ok della Merkel all’azione italiana presentata a Berlino da Mario Monti. «Un patto salva euro» è il titolo di apertura in prima. Al lavoro è dedicata pagina 8. «Serve un accordo. Confindustria: no a ideologie» è il titolo. Scrive Nicola Pini: «L’articolo 18 è “un’anomalia italiana”, ma non è un tema da porre ora al tavolo con il governo sulla riforma del mercato del lavoro. Con un’accelerata (presunta) al mattino e una frenata nel pomeriggio Confindustria si è presentata ieri all’incontro con il governo disinnescando la mina capace difar saltare il dialogo». Nel frattempo i sindacati cercano un’intesa, dopo «l’incontro solitario di martedì di Susanna Camuso con il presidente Giorgio Napolitano» che aveva provocato addirittura un tweet di Raffaele Bonanni: «Non è divertente che dopo prediche e appelli ed esternazioni varie i sindacati vadano a fare i solisti stonati al Quirinale?».

L’allarme è partito per una “bozza”, e immediata è stata la smentita del Governo. Ma LA STAMPA sottolinea come il pensiero che il prossimo provvedimento sulle liberalizzazioni, definito «ampio» da Monti, comprenda anche la liberalizzazione dei licenziamenti c’è. L’art. 3 del provvedimento recita infatti che in caso di fusione fra imprese con 15 o meno dipendenti l’esclusione dell’art. 18 sarebbe garantita anche in futuro. Basta non superare, fondendo le aziende, i 50 addetti. Parte all’attacco Emma Marcegaglia, che ieri ha incontrato il ministro Fornero. “Al termine del direttivo degli industriali, che ha visto un’ampia partecipazione”, scrive LA STAMPA, “il presidente di Confindustria ha sottolineato che «l’articolo 18 è un tema molto ideologico e noi non vogliamo affrontare il tema dal punto di vista ideologico. Vogliamo solo portare un confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei». Nel capitolo “flessibilità in uscita” in Italia si evidenziano «anomalie» proprio rispetto agli altri paesi dell’Europa. E ha citato il caso della Francia dove il reintegro viene usato «solo per i licenziamenti discriminatori»”. «Noi ci sediamo a questo tavolo senza ideologia, con grande senso di responsabilità, con grande apertura» ha detto Marcegaglia: «Il nostro atteggiamento è costruttivo, ci aspettiamo che anche le altre parti sociali abbiano lo stesso. Perchè se partiamo tutti dicendo “se si tocca questo, salta tutto”, allora noi potremmo dire “se cominciano a parlare di forme di riduzione della flessibilità in entrata, noi ci alziamo”. Non è questo il nostro spirito, che invece è di essere costruttivi, responsabili e di ragionare a 360 gradi, con l’obiettivo che dobbiamo avere tutti di creare posti di lavoro e fare nuova crescita». «Ognuno, come in tutte le trattative – sostiene Marcegaglia – deve intanto comprendere la situazione difficilissima in cui è il paese, che è in recessione, non crea posti di lavoro e le imprese hanno gravi difficoltà».

E inoltre sui giornali di oggi:

ANDREA RICCARDI
IL GIORNALE – Carlo Maria Lomartire accende un riflettore sull’attività del ministro Andrea Riccardi. «Che il “tecnico” Andrea Riccardi dimostri di avere idee molto precise sul suo nuovo ruolo di ministro per la Cooperazione internazionale e interazione non desta meraviglia. Ha già fatto capire che considera questa condizione inattesa (forse sognata) come rampa di lancio verso i cieli della politica “vera”, magari alla testa di qualche partito dei cattolici che molti auspicano e magari come sindaco di Roma. Non dobbiamo perciò meravigliarci se compie passi politicamente temerari. Come ad esempio prolungare il periodo per la ricerca di una nuova occupazione ad almeno un anno».

CHIESA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 19 pezzo inchiesta di Massimo Franco: “Divisioni dopo il Concistoro. E torna la sfida Bertone-vescovi”. Scrive il notista politico del CORRIERE: “L’ultimo Concistoro è diventato una sorta di controprova dell’impossibilità di una tregua duratura. Gli avversari di Bertone dicono che i nomi dei nuovi cardinali italiani sono frutto di una forzatura: un gesto di potere per monopolizzare una roccaforte strategica della Curia come i «ministeri economici», eliminando qualunque contrappeso; un passo indietro rispetto alla globalizzazione dell’episcopato; e un’arbitraria promozione dei «suoi». Si parla di cardinali «imbufaliti» per l’operazione bertoniana. È circolata perfino la voce secondo la quale alcune eminenze di peso vorrebbero mandare una mozione riservata al papa per chiedere che Bertone sia sostituito. L’intenzione sarebbe quella di proteggere Benedetto XVI dalla «prepotenza» del suo collaboratore. In realtà, un tentativo del genere fu già fatto in passato, inutilmente. Il rapporto fra il pontefice e il «primo ministro» vaticano è consolidato e indiscusso. E gli uomini più vicini al segretario di Stato presentano il Concistoro come una sorta di atto conclusivo del rinnovamento della Curia: «In piena sintonia con Benedetto XVI», precisano. Sostengono che il prossimo Conclave è un convitato di pietra usato strumentalmente. E confutano la tesi di un Bertone che promuove chi può assecondare le sue ambizioni future”.

SOCCORSO ALPINO
AVVENIRE – «SOS Soccorso alpino “Rischio chiusura”» è il tema di pagina 13 del quotidiano. Si riferisce del taglio dei fondi del 75%: «non ci sono soldi per l’assicurazione dei volontari». Il presidente Baldracco: «Così non riusciamo a garantire il servizio, che è svolto soprattutto per le popolazioni che vivono e lavorano in montagna». 

LIBERALIZZAZIONI
ITALIA OGGI – “Sulle liberalizzazioni è il Pdl che frena“. Bacchettata di Marco Bertoncini al Popolo della Libertà arroccato in difesa corporativa sui settori ritenuti portatori di voti. «Ha davvero dell’incredibile» scrive Bertoncini «che posizioni assunte dai tassisti romani, fatte proprie con immediatezza dal sindaco Gianni Alemanno, finiscano per paralizzare il Pdl e con esso l’intero corpus delle liberalizzazioni».

GERMANIA
AVVENIRE – A pagina 4 titola: «Anche Berlino scopre la crisi. In fila alla mensa dei poveri». Il reportage da Berlino di Vincenzo Savignano è presentato così: «I successi dell’industria continuano però non riescono a nascondere il crescente disagio sociale di alcune fasce della popolazione: i poveri sono ormai 12 milioni. E il dato sulla crescita attesa nel 2012 è già stato rivisto al ribasso».

PRIMARIE USA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina “Il paradosso repubblicano” per raccontare questo sta accadendo alle primarie repubblicane “Il paradosso che emerge dalle prime due primarie repubblicane è che negli Stati uniti il partito più in crisi non è quello democratico, come dovrebbe essere a causa della pesante sconfitta elettorale del 2010, della crisi economica, della debolezza del presidente Obama, dell’impulso mediatico del Tea Party, ma invece è proprio il partito repubblicano (…)» a pagina 8 il tema ha l’apertura della pagina e si sottolinea nel sommario che “il partito repubblicano sempre più frammentato nella sua corsa a scegliere un candidato presidenziale: ormai spera in un outsider”. Marco d’Eramo dopo aver raccontato i primi due causous e descritto l’aria che tira mentre «i repubblicani si stanno sbranando tra di loro e che i Tea Party nutrono una fortissima diffidenza per Romney, anche se è l’unico candidato se non credibile, almeno non patetico (…)» conclude «(…) Se le cose rimangono così, Obama può dormire tra due guanciali, perché uno come Romney se lo pappa a colazione (…) Outsider repubblicano cercasi disperatamente». 


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