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Ilaria Borletti: che beffa il “nostro” 5 per mille

La denuncia del Fai: i fondi andranno al ministero

di Gabriella Meroni

«Una furbata. Che però ha le gambe corte». È netta Ilaria Borletti, presidente del Fai, nel giudicare la decisione del governo di inserire nelle dichiarazioni dei redditi una nuova casella dedicata a un “5 per mille dei beni culturali”. L’idea, per la verità, era stata proprio del Fai. È la sua realizzazione a lasciare la presidente molto, molto perplessa.
«Trovo molto grave aver inserito questa nuova possibilità di destinare il 5 per mille senza specificare che i beni culturali di cui si parla in realtà sono il ministero dei Beni culturali. La nostra proposta era di fare come per la ricerca scientifica: identificare una serie di realtà, anche statali, nel settore dei beni culturali e inserirli nel nuovo riquadro del 5 per mille. In questo modo il cittadino avrebbe firmato sapendo chi sosteneva. Ora certo non immagina che sarà solo lo Stato…». Un trucco che snatura gli intenti.

«Il 5 per mille è nato come strumento di sussidiarietà fiscale», osserva Borletti, «per dare sostegno agli enti non profit. E poi, manca la trasparenza. I contribuenti firmeranno convinti di sostenere gli enti che si occupano di cultura, e invece…». C’è un rimedio? «Abbiamo scritto al ministro Ornaghi perché corregga l’errore, ammettendo al contributo gli enti che ne avrebbero diritto, o almeno comunichi in modo trasparente le vere finalità del 5 per mille. A noi resta un danno doppio: perché dovremo spiegare ai nostri sostenitori che la firma la dovranno fare nel settore delle onlus, e non in quello dei beni culturali».

Forse una mossa per coprire il buco di finanziamento lasciato dal ratto dell’8 per mille? «Questo non lo so. Ma sono convinta che il ministero in quanto tale otterrà meno contributi di quelli che sarebbero andati agli enti che già svolgono un servizio pubblico a favore dello Stato». 


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