Attivismo civico & Terzo settore

Veniamo dalla Sardegna non avevamo un futuro. Ma adesso abbiamo fatto i soldi

Gabriele Littera, uno degli inventori del Sardex

di Redazione

La prima domanda che migliaia di ragazzi si pongono un attimo dopo aver conseguito la laurea, è: che cosa faccio ora? Ma, soprattutto: quando vedrò i primi soldi? Quattro amici di Serramanna, un comune agricolo di 10mila anime nel meridione della Sardegna, hanno provato a porsi invece un altro interrogativo: perché non creiamo noi una moneta? La risposta è stata il Sardex, l’unità di conto del circuito di credito commerciale creato due anni fa e diffuso in tutta l’isola. I quattro amici, tutti più o meno intorno alla trentina, sono i fratelli Gabriele e Giuseppe Littera, Carlo Mancosu e Piero Sanna. Vita ha incontrato il presidente del circuito, Gabriele, 26 anni.
Come vi è venuto in mente di “battere” moneta?
Non avevamo niente di meglio da fare (ride). Scherzi a parte, con mio fratello Giuseppe, Carlo e Pietro condividevamo da tempo, per ragioni di cultura personale, un interesse per i sistemi monetari e del credito. A partire dal 2006, mentre eravamo sparsi per l’Italia e per l’Europa a studiare, abbiamo passato qualche anno a discutere via internet su questi temi e a provare a leggere la realtà con le informazioni che avevamo. Poi abbiamo avuto l’occasione di incontrarci: io che studiavo a Teramo sono rientrato in Sardegna, Carlo che era all’ateneo di Cagliari ha concluso e anche mio fratello e Pietro sono tornati da Leeds in Inghilterra dove studiavano lingue. Nessuno di noi aveva la prospettiva di un lavoro. Capivamo, anzi, che sarebbe stata sempre più dura. Così abbiamo iniziato a dare un po’ corpo all’idea del circuito di credito reciproco e a luglio 2009 abbiamo fondato la società Sardex.net.
Ripensamenti? Vi siete mai chiesti: ma che stiamo facendo?
No, mai. Semmai abbiamo avuto mesi di attività molto duri, specie i primi, perché non arrivavano i risultati che avremmo voluto. Ma era solo questione di tempo: dovevamo insistere finché non costruivamo numeri per proporci alle imprese con qualcosa di più concreto. Far partire un circuito quando non hai ancora un iscritto non è semplice. Non è facile infatti chiedere a un imprenditore di iscriversi e dovergli dire «per il momento se ti iscrivi, ci sei tu».
E i vostri genitori come hanno reagito?
In casa, per fortuna, ci hanno sempre abituato a costruire delle alternative, ci hanno spronato a provare, a cimentarci se qualcosa non ci piaceva. «Prova a fare tu di meglio se ci riesci» è stato il motto dei nostri genitori. Da giovani è facile sparare a zero su tutto, pontificare su come dovrebbero andare le cose. Credo di poter dire, oggi, che siamo riusciti a realizzarla. Era una sfida che io e mio fratello ci eravamo posti da tempo. Le nostre famiglie sono abbastanza contente del percorso che abbiamo intrapreso. Ma siccome noi sardi non ci lodiamo mai tra noi, ce lo dicono con gli occhi.


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