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Il 30% aderisce al risarcimento concordato

Su 3.200 passeggeri, 960 hanno già aderito. La possibilità di accedere all'accordo scade il 31 marzo

di Carmen Morrone

 Il 30% dei passeggeri della Costa Concordia ha aderito all’accordo siglato fra Costa Crociere e associazioni dei consumatori, il 27 gennaio scorso, qualche giorno dopo il drammatico incidente all’isola del Giglio.

1000. Un percentuale, in termini assoluti si tratta di poco meno di un migliaio di persone, che a quasi due mesi dall’evento si può considerare un successo? Vita lo ha chiesto a Andrea Tavella, direttore commerciale e marketing di Costa Crociere, in occasione della BIT. «Ci aspettiamo che il numero aumenti. – afferma Andrea Tavella. Che aggiunge: «Voglio sottolineare che la maggiorparte delle attuali adesioni arriva da passeggeri di Germania, Austria, Svizzera. Guarda caso Paesi con una tradizione consumeristica consolidata».

PIU’ FRONTI. «In Italia sulla vicenda stanno intervenendo soggetti e diversi avvocati che prospettano soluzioni che a nostro avviso sono poco praticabili», spiega Roberto Barbieri, esperto di turismo di Movimento Consumatori. Le persone coinvolte nel naufragio si stanno informando. E hanno tempo sino al 31 marzo per poter aderire all’accordo Astoi-consumatori».

QUANTO. «Riteniamo che la cifra offerta dalla società armatrice ai passeggeri che non hanno subito danni fisici, non sia una mediazione nel senso che “mi accontento con meno, ma subito” – spiega Barbieri-. L’importo non è inferiore a quello ottenibile in via giudiziale. Non solo. Sappiamo che l’azienda Costa in sede di transazione extragiudiziale non riconoscerà cifre superiori rispetto a quelle offerte e non rimborserà le spese legali».

CONCILIAZIONE PARITETICA. L’accordo Astoi – consumatori, tecnicamente, è una conciliazione paritetica, una procedura per risolvere controversie fra consumatori e una categoria di imprese gestita dalle relative rappresentanze. Rispetto alle altre adr – alternative dispute resolution -ad esempio quelle che si svolgono presso le Camere di commercio gestite da un terzo super partes-, la conciliazione paritetica prevede due rappresentanti delle parti che insieme cercano di trovare una soluzione soddisfacente.

VENTI ACCORDI. Di questi accordi, in Italia, ce ne sono una ventina, che riguardano il settore bancario, la telefonia, il turismo. «Nella conciliazione paritetica le rappresentanze sociali, dell’azienda e dei consumatori, parallelamente con le procedure di conciliazione tengono un monitoraggio e si confrontano permanentemente sull’andamento delle conciliazioni. Sotto due punti di vista, aziendale e consumeristico, sono in grado di valutare le criticità e analizzare le cause collettive che generano contenzioso – considera Barbieri -. E’ un confronto permanente fra operatori e consumatori e questo facilita la gestione delle problematicità, sia in termini preventivi che di soluzioni del singolo problema».

DUBBIO. Non è che la conciliazione paritetica si pone in alternativa alla giustizia ordinaria che ha tempi lunghi? «Tutte le adr – alternative dispute resolution, funzionano meglio se funziona la giustizia ordinaria. Il contraente forte, se la giustizia non è efficiente, non ha interesse alla conciliazione paritetica, tanto che dice “fammi causa che fra sei anni ne riparliamo”. Preferisco quindi considerare la conciliazione paritetica complementare alla giustizia ordinaria», afferma Barbieri.

LIMITE. La presenza di 20 protocolli esige un impegno costante e significativo delle associazioni. Alla conciliazione il singolo consumatore accede gratuitamente, salvo pagare la quota associativa. Le associazioni devono avere un apparato organizzativo per affrontare le procedure che ha un costo. «In passato questo costo era coperto, in parte e saltuariamente da progetti pubblici, con finanziamenti pubblici senza continuità – conclude Roberto Barbieri-. Noi associazioni stiamo ponendo il problema. Se il sistema è utile per i consumatori, ma anche per le imprese come modalità per affrontare il contenzioso, deve esserci una forma di finanziamento della procedura. Altrimenti si rischia di mettere a repentaglio tutto l’impianto».


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