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Economia & Impresa sociale 

Medici, ingegneri, avvocati, giornalisti e informatici. Il modello cooperativo alla conquista degli under 40

di Redazione

Giovani, professionisti e soprattutto cooperatori. Il fenomeno fino ad oggi è rimasto sotto traccia, ma ormai i tempi sono maturi per un suo definitivo decollo. Non a caso proprio in questi giorni il responsabile legislativo di Legacoop, Mauro Iengo ha ultimato e divulgato la prima ricerca dell’associazione sulle società fra professionisti. «E i dati che abbiamo sotto gli occhi (vedi infografica nella pagina di destra, a cui vanno aggiunte le 120 realtà del circuito Confocooperative ndr), ci hanno sorpreso: non pensavamo fossero così importanti», ammette. In queste settimane il tema della riforma delle professioni è più caldo che mai: l’assetto definitivo della nuova società tra professionisti dovrà infatti venir approvato in via definitiva dal Parlamento entro il 24 marzo. «Noi siamo convinti che nel futuro dell’attività dei professionisti le società svolgeranno un ruolo importante. E siamo anche convinti che tra le diverse tipologie societarie quella cooperativa, per sua natura, sia la più adatta a tenere al centro non il capitale, ma il lavoro e l’ingegno delle persone», interviene il segretario generale di Confcooperative, Vincenzo Mannino. «Le norme, tuttavia non si sono ancora stabilizzate e completate», continua. «Siamo pronti alla collaborazione con le realtà associative dei professionisti, ma è giusto che abbiano il tempo di maturare nuovi orientamenti». Gli fa eco il numero uno di Legacoop, Giuliano Poletti, «presentiamo solo soluzioni pratiche che hanno saputo coniugare apporto di capitali ed autonomia dei professionisti». Il modello c’è e ha dimostrato di essere efficiente. E forse potrebbe contribuire a dare una risposta a quella che il rapporto di Almalaurea definisce la «generazione dimenticata», ovvero quella dei giovani laureati che fanno sempre più fatica a trovare un lavoro e spesso si rivolgono al mercato nero.

Quanto si risparmia
Ma quali sono i plus della formula cooperativa che calamitano i giovani ingegneri, architetti, avvocati, biologi, giornalisti, informatici, consulenti, medici? «Le condizioni di lavoro che una coop consente di raggiungere sono molto difficili da raggiungere in altro modo. Fra queste, la possibilità di mettersi in proprio e di compiere scelte autonome, indipendentemente dal capitale inizialmente disponibile e dall’età», spiega Iengo. In effetti i numeri gli danno ragione, come testimonia uno studio promosso da Confcooperative Emilia Romagna e Confcooperative Lombardia, curato fra gli altri dall’avvocato milanese Patrizia Ronchi, dove si mettono a confronto i costi di avviamento (a parità di personale: un dominus, un senior e due junior): mentre l’insieme delle spese annue per il funzionamento di una cooperativa di professionisti si aggira intorno ai 70mila euro l’anno, per un analogo studio associato il punto di pareggio di gestione può essere valutabile in almeno 200mila euro.

Il socio-finanziatore
Altro punto qualificante è quello del socio di capitale o socio finanziatore che dir si voglia. Un punto, questo, su cui la discussione fra governo e rappresentanti delle professioni è stato rovente, con i secondi preoccupati che il controllo delle professioni fosse regalato ai grandi capitali e con il governo pronto a ribadire in più di un’occasione, per bocca del ministro Paola Severino, che l’obiettivo della riforma è creare un modello societario in grado di raccogliere le risorse per competere senza intaccare l’autonomia intellettuale. «Vedremo come troveranno il punto di equilibrio, anche se non credo che in una società di capitale, spa o srl, si possa prescindere dalla corrispondenza fra partecipazione al capitale e peso amministrativo», ragiona Iengo. Questione risolta nelle coop, dove in ogni caso il voto dell’investitore non può pesare oltre il 33%


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