Media, Arte, Cultura

Il Papa a Cuba, sorrisi e diffidenza

Oscurata la realtà dei dissidenti, l'incontro con Castro

di Franco Bomprezzi

Il Papa a Cuba. Benedetto XVI arriva nell’isola di Castro, con una missione difficile da compiere e anche una forte attenzione mediatica mondiale. Ecco come i giornali oggi seguono l’evento.

“Il Papa a Cuba: «Riconciliazione»” è il titolo con foto dell’incontro con Raul Castro a centro pagina sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. Il servizio a pagina 16: “Raúl accoglie il Papa con 21 salve di cannone. Quattordici anni dopo”. Scrive Gian Guido Vecchi: “ora c’è il fratello Raúl ad accogliere il pontefice all’aeroporto, «quattordici anni dopo la visita di Giovanni Paolo II il nostro Paese è ancora sottoposto all’embargo americano!», inni e ventuno salve di cannone e una parola a riassumere il senso del viaggio: «Reconciliación». La dice il Papa, la ripete il presidente dei vescovi cubani Garcia Ibanez, è il programma di lavoro del cardinale dell’Avana Jaime Ortega. Benedetto XVI arriva «sulle tracce» di Giovanni Paolo II e ricorda la visita del predecessore nel ’98: «Il suo passaggio nell’isola fu come una brezza soave di aria fresca che diede nuovo vigore alla Chiesa in Cuba» e «illuminò la speranza e stimolò il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore», scandisce. «Uno dei frutti importanti di quella visita fu l’inaugurazione di una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano, con uno spirito di maggiore collaborazione e fiducia». Restano tuttavia «ancora molti aspetti nei quali si può e si deve avanzare», fa notare il Papa a Raúl, «specialmente per quanto si riferisce al contributo imprescindibile che la religione è chiamata a svolgere nell’ambito pubblico della società»”. 

REPUBBLICA tralascia gli argomenti a tema nella visita pastorale di Benedetto XVI per concentrarsi sul possibile incontro tra il Papa e Fidel Castro, avanzando l’ipotesi che il lider maximo potrebbe addirittura «annunciare al Papa di aver abbracciato la fede cattolica», anche se una notizia come la comunione di Castro «rimarrebbe un segreto di Stato». Marco Ansaldo intervista monsignor Angelo Becciu, sostituto della segreteria di Stato vaticana («il numero tre della Santa Sede»), che fino all’anno scorso era nunzio apostolico a L’Avana. Dice che il Papa «troverà una chiesa non più confinata nelle sacrestie, ma con spazi di presenza pubblica insperati fino a qualche anno fa», anche se i sacerdoti sono appena 361 su una popolazione di 11 milioni di persone. Riserbo assoluto sull’incontro tra il Papa e Fidel Castro: «non saprei dire se Fidel si sta avvicinando alla religione, ma qualora avvenisse l’incontro con il Papa sarà un incontro riservato, a tu per tu»· L’altra pagina è dedicata alla «retata che non si vedeva dai tempi di Fidel presidente» per oscurare i dissidenti, che chiedono invece almeno un minuto di incontro con il Papa. Una cosa che non è escluso si faccia, anche se – scrive Omero Ciai – «dietro alla sordità della Chiesa nei confronti di qualsiasi posizione non allineata con la dittatura dei fratelli Castro c’è un patto di ferro che non ammette sbavature ma che garantisce alla chiesa locale uno spazio politico crescente nella stagione delle riforme economiche che sta vivendo l’isola». La questione è sintetizzata così: Raul Castro cerca nella Chiesa un alleato ed è disposto ad aperture, il cardinal Ortega «ha colto il ramoscello d’ulivo ma sa benissimo che il prezzo da pagare è abbandonare al suo destino l’opposizione civica». Quindi il Papa incontrerà «un malaticcio Fidel», forse persino Chavez, ma nessun dissidente: «lo spettacolo è perfettamente organizzato».

Su IL GIORNALE in prima pagina Marcello Veneziani dedica il suo Cucù quotidiano alla visita papale a Cuba. “Cristo e Marx, sfida tra pesi massimi” il titolo. «il vecchio papa della vecchia religione va a trovare il vecchio lìder della morta rivoluzione». All’interno Manila Alfano firma “Cuba fa pulizia per il Papa: arrestati oltre 150 dissidenti”. «Ratzinger è arrivato ieri pomeriggio, le 21 ore italiana per difendere la sua Chiesa: lo aspettano due tappe, a Santiago de Cuba, dove all’aeroporto lo accoglierà il presidente Raul Castro e all’Avana, dove incontrerà Fidel. Torna in mente il 1998, lo storico viaggio di Giovanni Paolo II, quando Fidel Castro abbandonò l’uniforme militare per accogliere in giacca e cravatta all’aeroporto della capitale il Santo padre. E quest’ultimo pronunciò la famosa frase: “Possa Cuba, con tutto il suo magnifico potenziale, aprirsi al mondo, e possa il mondo aprirsi a Cuba”. Fidel e ora Raul hanno sempre sopportato a stento la Chiesa, istituzione indipendente più potente dell’isola. Sul volo transoceanico il Papa aveva ribadito che il marxismo “non risponde più alla realtà”, ma la collocazione della Chiesa nello scacchiere che si sta delineando sull’Isola è dunque più delicata: non rinuncia a chiedere spazi di libertà religiosa ed è anche parte del percorso di innovazione in atto. Sull’isola ci sono solo 361 preti. Prima della rivoluzione del 1959 i parroci erano 700. Spicca una figura come l’arcivescovo dell’Avana, Jaime Ortega, potente e rispettato. È stato a lui e non ad altri che il governo ha concesso di trattare per decidere della recente liberazione di decine di dissidenti. Ed è proprio a questo proposito che è stato lanciato l’allarme. Si grida all’orrore per la “pulizia ideologica” che il regime ha messo in atto per non rischiare di avere problemi con l’arrivo del Pontefice. Almeno 150 militanti dell’opposizione sono stati arrestati negli ultimi giorni per evitare che appaiano in pubblico durante la storica visita di 48 ore del Papa. “Arrestati almeno 150 dissidenti pacifici”, ha detto Elizardo Sanchez, presidente della Commissione, gruppo illegale appena tollerato dalle autorità». 

Sul MANIFESTO piccolo richiamo in prima pagina per il Papa che è arrivato a Cuba “Pace e unità nazionale” è il titolo scelto per l’articolo di Roberto Livi dall’Avana in cui in prima pagina si fa notare come «(…) i simboli del nazionalismo e socialismo cubano – Antonio Maceo, José Marti e Che Guevara – si mescolano con quelli della liturgia cattolica (le messe saranno trasmesse in diretta dalla tv e dalla radio cubane)». A pagina 9 ampia apertura dal titolo “Raúl e Ratzinger: prove d’intesa” mentre il sommario sottolinea “Benedetto XVI va a raccogliere quello che Wojtyla seminò quattordici anni fa con Fidel Castro”. Nell’articolo si legge «(…) La linea del dialogo scelta due anni fa dal cardinale Ortega ha dato frutti visibili alla popolazione come all’esterno (…) Dalla visita di Papa Wojtyla 14 anni fa, i sacerdoti sono quasi raddoppiati e circa la metà sono cubani (…), i battesimi sono aumentati di più del 50% ed è molto cresciuto anche il numero dei religiosi  (soprattutto suore) e dei laici impegnati in attività sociali (…)». Più avanti si sottolinea come Benedetto XVI  «viene a testimoniare il suo appoggio alla linea di dialogo imboccata dal vertice episcopale cubano (…)» A fine articolo non manca un riferimento agli esuli cubani che da Miami accusano la Chiesa cattolica cubana di «collusione con il potere dittatoriale», come pure ai commentatori e politici legati alla destra repubblicana statunitense che «sostengono che la visita del pontefice avrà “l’unico risultato di rafforzare il potere dei Castro”». Mentre il vescovo di Miami «ha organizzato un “pellegrinaggio” di cubano – americani per partecipare alla visita del papa nell’isola caraibica». In un box infine si parla di “Voci di incontro con il papa” per Chávez che si trova di nuovo all’Avana.

 Su ITALIA OGGI la visita del Papa a Cuba è il pretesto per criticare chi in Italia – «sindacati, leghisti, Italia dei valori e minoranza democratica – «si intestardiscono a combattere la grande guerra sull’articolo 18». Se «persino il Papa può andare a Cuba facendosi precedere da una dichiarazione anti-marxista che un tempo gli sarebbe costata minimo il visto d’ingresso», la loro pretesa che «le aziende italiane funzionino come le aziende socializzate in Urss» è del tutto anacronistica. 

 “Libertà religiosa sfida per Cuba” è questo il titolo di prima pagina per AVVENIRE che però apre sulla prolusione di Bagnasco al Consiglio permanente della Cei e puntando nel titolo al tema “Bagnasco: non tradire i giovani”. Nel sommario di prima pagina dedicato al viaggio di Benedetto XVI si osserva: “Il grazie al Messico per un’accoglienza entusiastica che «non ho mai ricevuto» e il saluto a Cuba, dove ha subito chiesto maggiore libertà per la religione (…)”. Tre le pagine dedicate al viaggio del Papa “messaggero di pace e riconciliazione” come viene definito in prima pagina. Da pagina 3 a pagina 5 si parla sia del viaggio a Cuba sia della conclusione della visita in Messico. A pagina 4 vengono pubblicate i testi sia dell’omelia della messa a Santiago de Cuba «Il mondo ospitale solo se Dio vi pone la sua dimora» è il titolo di apertura con le parole del Papa e dell’Angelus al termine della messa di León in Messico. A pagina 3 Elena Molinari che a pagina 3 firma l’apertura sull’arrivo del Papa a Cuba nel suo articolo osserva: «(…) in realtà l’arrivo di Ratzinger è stato preceduto da una stretta. Molti siti Internet occidentali sono stati bloccati. Ci sono testimonianze di arresti di dissidenti (70 secondo la “illegale” Commissione dei diritti umani dell’isola) perché non assistano alla Messa di domani. Il regime ha attivato i comitati rivoluzionari di quartiere, come dimostra l’interrogatorio cui è stata sottoposta chi scrive per aver letto in un parco un giornale occidentale con un titolo anti-castrista. Gli habaneros stanno aspettando Benedetto XVI a braccia aperte. Ma allo stesso tempo, come scriveva la blogger cubana Yoani Sanchez, sperano che “una brezza leggera porti alle sue orecchie le frasi che possiamo solo sussurrare a bassa voce». Sempre a pagina 3 s trova un’intervista a Rolando Garrido Garcia fondatore del gruppo cubano della Comunità di Sant’Egidio che afferma «La gente ha scoperto che la Chiesa è madre».  A pagina 5 si trovano poi due interviste una al vescovo Rodríguez Gómez, segretario generale della Conferenza episcopale messicana che afferma come il papa abbia commosso “con i suoi gesti una nazione che invoca giustizia” e una seconda intervista a monsignor Raúl Vera, vescovo di Saltillo di cui si ricorda che è stato «pluripremiato per la sua azione in difesa dei diritti umani». “Monsignor Vera è a fianco delle famiglie dei «desaparecidos» del narcotraffico: la Chiesa può avere un ruolo decisivo nel Paese testimoniando il messaggio di salvezza del Vangelo” spiega il sommario. 
 
LA STAMPA ha un richiamo in prima e approfondisce l’argomento all’interno alle pagine 20 e 21, Il servizio di apertura è dedicato agli esuli dissidenti: «Nessuno oggi crede che la visita del Papa porterà dei benefici». Scrive Paolo Mastrolilli: Da una parte le speranze dei fedeli cattolici, circa la metà degli undici milioni di cubani, che dopo la visita di Giovanni Paolo II nel 1998 hanno guadagnato almeno il diritto di professare il loro credo. Dall’altra la disillusione della gente comune e la rabbia dei dissidenti, che si sentono sempre più perseguitati e lontani dalle riforme economiche e democratiche di cui l’isola avrebbe disperatamente bisogno. Con questi sentimenti contrastanti, Cuba ha accolto ieri Benedetto XVI. “L’entusiasmo – spiega al telefono il dissidente Elizardo Sanchez – è minore rispetto al viaggio di Giovanni Paolo II. Non è solo un problema di personalità diverse, ma di aspettative. La Chiesa ha ottenuto vantaggi, dal 1998 ad oggi, ma pochi pensano ancora che la visita di un Papa possa davvero portare il cambiamento sull’isola. La gente è più disperata”.?I vantaggi di cui parla Sanchez sono una maggiore libertà di manifestare la fede e partecipare alle celebrazioni. Il regime ha consentito l’apertura di un seminario e di centri per gli adulti, anche se le scuole cattoliche per i bambini restano vietate. La Chiesa è subentrata al governo per aiutare la popolazione, dopo che la crisi ha ridotto la già povera assistenza pubblica».

E inoltre sui giornali di oggi: 

ARMI LEGGERE
LA REPUBBLICA – Pezzo a firma di Moisés Naìm per dire che dove c’è la povertà non mancano mai le armi e che «la primavera araba ha «prodotto uno shock di domanda sul mercato delle armi leggere: in Siria prima della crisi un kalashnikov costava 1200 dollari, dopo più di 2100». I dati presentati sono quelli della Small Army Survey, che calcola ci siano nel mondo 875 esemplari di armi leggere diverse, prodotti da 1000 aziende in 100 paesi, per 7 miliardi di dollari l’anno. In aumento tanto il numero di fornitori, quanto la domanda, paradossalmente nel momento in cui le guerre sono meno. Il problema è che ad acquistare sono sempre meno i Governi e sempre più «clienti privati, come i ribelli, guerriglieri, terroristi e bande criminali».

ARTICOLO 18
IL MANIFESTO – Apertura e diverse pagine dedicate ai temi della riforma del lavoro e della politica con il titolo “Il Caro Leader” con un riferimento a Monti che parla dalla Corea del Sud. “Ultimatum dalla Corea del sud: «O la mia riforma o me ne vado». Il premier avverte i palazzi romani e minaccia le dimissioni. Il Pdl lo applaude, il Pd respinge il diktat, il Vaticano, con Bagnasco, benedice il governo ma consiglia un «welfare condiviso». Prove tecniche di elezioni” si legge nel sommario e subito sotto un commento politico dal titolo “L’Andreotti tecnico” di Andrea Fabozzi che sottolinea «Ieri Monti ha citato Andreotti spiegando che non tirerà a campare. Del resto è un tecnico cui hanno disegnato il profilo del salvatore della patria. Sempre Andreotti, però, raccomandava di fare attenzione alla cattiveria dei buoni (…)». Alle pagine 2 e 3 si sottolinea sia la posizione espressa da Bagnasco che “benedice il governo «No a rendite di posizione»” mentre il sommario rileva “Dal presidente solo allusioni all’articolo 18 per evitare di forzare la mano su un tema che divide i vescovi”, nella pagina a fianco si parla di scioperi “Non solo metalmeccanici, l’Italia sperimenta lo stop and go” ovvero “Corte, presìdi, iniziative unitarie. Alla Barilla di Foggia l’astensione dal lavoro sfiora il 100%”. Per finire a pagina 4 viene presentato il “caso” : “33 dipendenti ceduti da Vodafone Italia a una società creata per esternalizzare in Romania e reintegrati dal giudice: violato l’accordo con il ministero”, “Così si licenzia ai tempi dell’art. 18” è il titolo, mentre il sommario spiega “La società di telefonia attacca la sentenza: «Un fatto improvviso e grave». E non vuole i lavoratori in azienda”

SANITA’ USA
IL SOLE 24 ORE –  “Al via il processo all’Obamacare”: «Lo scontro è epico: da una parte nove giudici della Corte Suprema, che dovranno ascoltare e decidere, dall’altra 26 stati coalizzati per annullare l’Obamacare, la riforma sanitaria che Barack Obama è riuscito a far passare a fronte di un bagno di sangue politico nel 2010, dall’altra l’amministrazione, cioè il Governo americano che difenderà la prerogativa del Congresso di poter passare una legge togliendo nel caso solamente un articolo se risulterà incostituzionale. Uno scontro istituzionale di questo genere non si vedeva da tempo. (…) La contestazione all’Obamacare parte da alcuni stati che si sono coalizzati per contestare un punto centrale del programma di Obama, l’obbligo di sottoscrivere una polizza di assicurazione medica a un costo minimo se non si rientra per reddito sotto la soglia di povertà. Molti americani non ne vogliono sapere di sottoscrivere una polizza medica, in genere molto cara, anche per quelle più a buon mercato. Ritengono di essere in buona salute, preferiscono scommettere contro il destino e avere a disposizione più soldi da spendere che comprare una polizza o comunque pagare una penale se non lo fanno. Chiedono dunque la libertà di scegliere. Si aggiunga che una interpretazione della Costituzione esclude che il Governo possa imporre ai cittadini di entrare in una transazione commerciale».

PIAZZA FONTANA
AVVENIRE – Richiamo in prima pagina su un caso “«Romanzo di una strage»: il film su Piazza Fontana interroga e divide” cui è dedicata pagina 12 che si apre con il titolo “Su piazza Fontana cinema che divide” nel sommario si legge “Per la pellicola scoppiarono due ordigni e la morte del commissario fu voluta da chi voleva depistare le indagini”. Una presentazione del film, ma anche occasione di dibattito con la pagina divisa orizzontalmente ponendo in alto “i fatti” e i “protagonisti”. L’apertura affidata ad Antonio Maria Mira «“Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli. Ma non ho le prove”. Così scriveva Pier Paolo Pasolini il 14 novembre 1974, a proposito della strage di piazza Fontana. “Oggi invece abbiamo le prove, possiamo fare i nomi dei responsabili, ma la giustizia è ormai chiusa”. Così ragiona il regista Marco Tullio Giordana. E così lo racconta il suo bel film, Il romanzo di una strage, che da quello scritto di Pasolini mutua il titolo. Romanzo, dunque, e non documentario, anche se personaggi, intrecci, ricostruzioni offrono davvero quelle prove che Pasolini non aveva (…)». Si dà la parola poi a Marco Tullio Giordana che nel titolo osserva “Una verità oggi esiste” e a Mario Calabresi che sempre nel titolo afferma “sparite le colpe di Lotta Continua”. 


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