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Politica & Istituzioni

Il boom (nonostante Napolitano) del Movimento 5 stelle

La differenza tra Nord e Sud, ma crescita impressionante. Analisi dell'Istituto Cattaneo

di Redazione

Uno dei temi su cui maggiormente si è concentrata l’attenzione degli attori politici e degli osservatori alla vigilia delle elezioni era il risultato del Movimento Cinque Stelle (M5S), di cui si attendeva un notevole aumento.

La forza complessiva del Movimento

I risultati hanno ampiamente confermato questa aspettativa. Il Movimento di Beppe Grillo ha infatti conquistato un comune (Sarego in provincia di Vicenza) ed è arrivato al ballottaggio in altri tre, fra cui un capoluogo di provincia (Parma, nonché Budrio e Comacchio). Ma soprattutto è l’entità numerica del voto a questa lista che risulta degno di attenzione. In molte città in cui si è presentato, il Movimento ha raccolto valori percentuali a due cifre, che lo pongono in molti casi come la seconda o la terza forza politica del comune.

Complessivamente, il movimento ha presentato liste in 101 comuni, conquistando quasi 200.000 voti, che rappresentano poco meno del 9% dei voti validi (per la precisione, l’8,74%).

Data la scarsa uniformità della sua presenza (101 comuni sui 941 in cui si è votato), questa percentuale deve essere presa con qualche cautela nell’inferire la forza nazionale del Movimento, ma rimane comunque assai significativa. Da un lato, questi 101 comuni rappresentano infatti una percentuale non certo trascurabile della popolazione chiamata al voto (poco meno del 30%). Dall’altro, però, la penetrazione del Movimento – come si dirà più avanti – presenta squilibri (con la presenza di alcuni “buchi” soprattutto al Sud).

Il confronto 2010-2012

In molti dei comuni in cui si è votato, il Movimento si è presentato per la prima volta. In alcune città si era invece già sottoposto al vaglio del voto nelle elezioni regionali del 2010. Limitandosi ai comuni capoluogo di provincia. In tutti i capoluoghi vi sono stati notevoli aumenti. Ad Alessandria, per fare l’esempio più eclatante, i voti del Movimento si sono quasi quadruplicati, passando da 1.248 nel 2010 a 4.687 nel 2012. A Verona i voti sono quasi triplicati, a Parma, a Monza, a Cuneo e a Belluno sono più che raddoppiati. A Parma, ad esempio, l’aumento è stato di ben 13 punti percentuali (dal 6,9% al 19,9%). Le variazioni più contenute si registrano nel comune di Palermo, dove l’aumento è stato di meno di due punti percentuali (+ 1,7).

Le differenze territoriali

Un dato che merita di essere evidenziato è quello relativo alle profonde differenze di forza elettorale del M5S tra Nord e Sud. Considerando i soli comuni al di sopra dei 15.000 abitanti e ripartendo il territorio italiano in tre zone geopolitiche – Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli), “Zona rossa” (Emilia Romagna, Toscana, Marche) e Centro-Sud (Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia) – si può osservare che nelle prime due zone i risultati delle liste M5S sono stati di gran lunga più positivi.

Nel Nord, i voti del M5S variano da un minino di 5,0% (Como) a un massimo di 19,6% (Mirano). In modo analogo, nella zona rossa di va da un minimo di 4,1% (Sant’Elpidio a Mare) a un massimo di 21,0% (Budrio). Nelle regioni del Centro-Sud invece il minimo è molto più basso – 0,9% nel comune di Nocera inferiore – e la punta massima non va oltre il 7,1% di Spoltore in Abruzzo.

Le differenze fra le tre zone balzano ancor più all’occhio, qualora si considerino i valori medi: al Nord il Movimento ha ottenuto un risultato medio pari al 10,75%, nella zona rossa il risultato medio è pari al 12,7% mentre al Sud il risultato medio si ferma al 3,6%.

Tre sono le ipotesi che appaiono più plausibili per spiegare questa differenza. In primo luogo, si può affermare che la penetrazione del Movimento “grillino” – come molti fenomeni politici “nuovi” del nostro paese – tenda a seguire un percorso di penetrazione che lo vede affermarsi prima nelle regioni del Nord che in quelle del Sud.

In secondo luogo, la differenza può essere ricondotta a caratteri storici del voto italiano, ovvero alla maggior incidenza del “voto d’opinione” nelle regioni del Centro-Nord e alla maggior incidenza del “voto di scambio” in quelle del Sud.

In altre parole, nelle regioni centro-settentrionali vi è una più forte componente di elettori che vota in base a scelte “d’opinione”. In questo momento di profonda disaffezione nei confronti dei partiti questo voto d’opinione, libero cioè da stabili legami di appartenenza, si dirige verso la protesta (e le proposte) del Movimento di Grillo. Viceversa, si può ipotizzare che la maggior incidenza del voto di scambio nelle regioni meridionali tenda a porre in una posizione si svantaggio una lista come quella grillino, che, essendo “esordiente”, si trova ad essere dotata di minori risorse da utilizzare nei rapporti di scambio.

Questa ipotesi appare suffragata da alcune difficoltà nel processo di organizzazione e di penetrazione territoriale. Il M5S ha dimostrato di sapersi espandere a ritmi rapidissimi: nel 2010 si è presentato in 10 comuni e in 5 regioni, nel 2011 si è presentato in 78 comuni (su 1.343). Oggi si è presentato in 101 comuni (su 941). Permane però qualche difficoltà a penetrare nelle regioni meridionale. Basta pensare che, mentre in Piemonte la lista è stata presente in 15 dei 16 comuni in cui si è votato e in Veneto in 26 su 49, vi sono alcune regioni del Sud – Molise, Basilicata, Calabria – in cui il M5S non è riuscito a presentare liste in nessuno dei comuni in cui si è votato (21 in Molise, 26 in Basilicata, 84 in Calabria).


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