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Macao, la Milano dell’utopia

La strada in via Galvani si è riempita di giovani e idee dopo lo sgombero del grattacielo occupato. "Siete un valore", ha detto loro sul posto il sindaco Pisapia

di Daniele Biella

L’utopia a Milano ha in queste ore un solo nome: Macao. Quello che sta accadendo da un giorno lungo via Galvani, nel cuore della città a due passi dalla stazione Centrale, ha dello straordinario: una partecipazione spontanea così imponente, di gente giovane ma non solo (almeno duemila in serata, ma molte di più sono quelle che si sono alternate durante la giornata di ieri), e una sperimentazione di democrazia partecipata così verace il capoluogo lombardo non la vedeva da anni, forse da decenni. Anche il sindaco Giuliano Pisapia, apparso in zona verso le 18, ha dovuto rendere onore ai presenti: “siete un valore”, ha detto all’assemblea aperta riunita per strada, dopo aver aspettato il proprio turno nella lista di chi ha richiesto di prendere la parola. “Vi troveremo un’altra soluzione, all’area comunale ex Ansaldo. A voi e a tutti gli altri gruppi associativi che presenteranno un progetto”, ha annunciato. Voi chi? Macao. Ma chi è, cos’è? Sono le persone che dieci giorni fa (sotto il nome di Lavoratori dell’arte, perché hanno trasformato il luogo in centro culturale e artistico) hanno occupato Torre Galfa, grattacielo di 30 piani della Fondiaria (ovvero famiglia Ligresti) in disuso da 7 anni, e che la mattina di martedì 15 maggio hanno subito uno sgombero dalla Polizia, improvviso.

Gli occupanti si sono ritrovati sul marciapiede ancor prima delle 7 di ieri. Da allora, tanta solidarietà e un sit-in trasformato in festa e momento di discussione collettiva: è arrivato Dario Fo a stemperare le poche tensioni che si erano create con le forze dell’ordine (dei centri sociali, in particolare le componenti riottose, neanche l’ombra, e questa è una novità) sono giunti docenti universitari a tenere lezioni all’aperto, è arrivato mezzo Consiglio comunale, con la ciliegina preserale del sindaco, visibilmente commosso da tanta energia, nonostante la veste inedita di politico un po’ cerchiobottista che il nuovo ruolo gli ha fatto indossare.

Daria, Gregorio, Luca, Sara, Francesco, Nicolai: sono tanti di più, italiani e stranieri, i nomi dell’universo Macao, che hanno chiesto parola in assemblea. Hanno rispettato lo sgombero, ma ripetono che avevano liberato per la collettività uno spazio lasciato al degrado e alla speculazione (il contrario, in effetti, è difficile da dimostrare). Hanno instaurato un dialogo costruttivo e rispettoso con i comitati di quartiere, presenti alle assemblee, hanno avuto la solidarietà dei negozianti, la corrente dal vicino benzinaio disponibile nonostante il forzato stop agli affari, l’affetto del cantante famoso (“ecco i veri milanesi” ha detto loro Manuel Agnelli degli Afterhours) il sorriso del poliziotto in tenuta antisommossa davanti al grattacielo sgomberato che alla nostra domanda “prevede uno sgombero anche della strada?” risponde con inedita confidenza: “ma va…”.

La nottata appena trascorsa è quella dei giovani di Macao. Ma anche dei cittadini che vedono in loro un vento diverso, più propositivo che mai. Una sferzata di novità in un periodo falcidiato dalle tensioni sociali generate dalla crisi. Comunque vada a finire, Macao apre una domanda che Pisapia (e non solo lui) non può esimersi dal rispondere: la gente ha bisogno e voglia di spazi sani di aggregazione e cultura. In attesa di una risposta che non deve tardare troppo ad arrivare, la notte passa ma lo slogan, scritto sui palloncini lanciati in aria, rimane sempre uguale: “si potrebbe pensare di restare”, Già. “Stasera non fate troppo casino”, si era congedato Pisapia. “Noi non abbiamo mai fatto casino”, la replica istantanea di una ragazza della neonata Piazza Macao. È il diverso che avanza. E un seme che, se coltivato per bene, darà buoni frutti.


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