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Amnesty: «Tifosi state attenti»

La denuncia della corruzione della polizia ucraina

di Silvano Rubino

Ucraina e diritti umani. Il tema è salito alla ribalta qualche settimana fa, quando è esploso il caso Timochenko. La vicenda dell’ex Premier e principale oppositore del presidente  Viktor Ianoukovitch, che sta scontando una pena di sette anni di carcere per “abuso di potere” legato a un contratto sulla fornitura di gas concluso con la Russia, ha pesato – e molto- sull’immagine del paese, uno dei due paesi organizzatori degli Europei di calcio. Tanto più che a detta della maggior parte delle cancellerie occidentali la condanna dell’ex premier – che ha denunciato di essere stata vittima di percosse in carcere – non è altro che un regolamento di conti politico.

Una faccenda che ha messo in imbarazzo il partner organizzativo dei campionati, la Polonia che, secondo quanto riferiva qualche giorno fa Le Monde, “da mesi lavora dietro le quinte per tentare di ottenere il rilascio di Timochenko”.

E ora che gli Europei sono al fischio di inizio e che l’attenzione mediatica si è spostata più sugli eventi sportivi che sulla politica? È cambiato qualcosa? «La situazione non è affatto cambiata», spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, «il caso dell’ex premier ha fatto emergere la questione dei diritti umani nel paese, soprattutto sul fronte degli abusi della polizia. In realtà sono mesi che facciamo appello al Governo ucraino, senza grandi risultati. Sino a oggi non c’è stato nessun progresso. Il presidente ha preso generici impegni, ma non ci sono stati fatti».

Amnesty International (qua un documento con i principali punti “dolenti”) ha più volte sollecitato le autorità ucraine ad affrontare i molti capitoli aperti nel paese sul fronte dei diritti umani: in particolare, criminalità diffusa, torture e altri maltrattamenti da parte delle forze di polizia responsabile della sicurezza dei tifos i. L’organizzazione ha anche posto alle autorità il tema del rischio di attacchi razzisti e omofobi, discriminazioni, violazioni del diritto ad un giusto processo, nonché la mancata protezione richiedenti asilo e migranti  e le vessazioni e persecuzioni messe in atto nei confronti dei difensori dei diritti umani.

 

Polizia corrotta

Al di là del caso della “pasionaria” della rivoluzione arancione, Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti dell’uomo puntano il dito contro il sistema giudiziario del paese. In particolare contro la corruzione nelle forze di polizia. “Un fattore che, secondo l’organizzazione, mette a rischio la “tutela dell’incolumità dei tifosi che entreranno in contatto con gli agenti di polizia locali”:  “Attualmente, le forze di polizia sono chiamate assai raramente a rispondere del loro operato. Gli agenti abusano spesso del loro potere per estorcere denaro o torturare i detenuti fino a far loro confessare crimini relativi a casi per i quali la polizia è messa sotto pressione” , dichiara John Dalhuisen, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.

“Abbiamo raccolto migliaia di denunce di casi di maltrattaementi e torture nelle stazioni di polizia”, aggiunge Riccardo Noury, “A fronte di questo non c’è mai stato un impegno politico e giudiziario, per accertare i casi di tortura, accertare le responsabilità dei singoli poliziotti, per apportare modifiche profonde al sistema giudiziario”.

Gli abusi commessi dagli agenti di polizia vengono giudicati dai loro colleghi nell’ufficio del procuratore locale. Di conseguenza, i procuratori sono riluttanti ad aprire un fascicolo. Nel suo recente rapporto “Nessuna prova del reato: il prezzo dell’impunità delle forze di polizia in Ucraina”, Amnesty International aveva riportato casi in cui denunce ben documentate di tortura erano state archiviate dai procuratori con la risposta standard “nessuna prova del reato”.
 
“Fino a quando gli agenti di polizia continueranno a non essere giudicati per i reati commessi, non  potranno rispondere del loro operato all’opinione pubblica e potranno continuare a fare ciò che vogliono” – ha sottolineato Dalhuisen.
 
A ottobre, Amnesty International aveva chiesto alle autorità ucraine di istituire un organismo indipendente per ricevere le denunce nei confronti delle forze di polizia. 

Con migliaia di tifosi in arrivo nell’estate del 2012, vi è il pericolo che anche loro possano finire nelle mani di forze di polizia che non hanno alcuna idea di cosa voglia dire servire i cittadini ed essere responsabili delle loro azioni”, aggiunge Dalhuisen.

 

Tifoserie violente
Altro fronte di preoccupazione, le tifoserie di estrema destra e razziste.  Solo a fine maggio, quello che doveva essere il primo Pride dell’Ucraina è stato annullato, quando mancavano 30 minuti all’inizio. La polizia della capitale Kiev ha chiesto agli organizzatori di cancellare l’iniziativa sostenendo che 500 tifosi di calcio di estrema destra si stavano dirigendo verso il punto di partenza con l’intenzione di impedirne lo svolgimento.  Anche in questo caso la polizia, però, secondo Amnesty, non è stata affatto super partes: “È stato chiaro sin dall’inizio che la polizia di Kiev non voleva che il Pride si svolgesse. La riluttanza a impegnarsi a garantire misure di sicurezza adeguate per proteggere i partecipanti ha lasciato gli organizzatori da soli a preoccuparsi della loro incolumità” – ha dichiarato Max Tucker di Amnesty International.

A gettare benzina sul fuoco, anche un reportage diffuso dalla BBC dal titolo “Gli stadi dell’odio” nel quale si racconta del pericolo legato a formazioni di estremisti razzisti e xenofobi. Le autorità però smentiscono che ci siano minacce di razzismo e danno rassicurazioni sulle misure di sicurezza in campo. Gli stadi saranno presidiati da 4.000 steward addestrati dalla Fifa e in tutti i luoghi sensibili sono state piazzate telecamere di sorveglianza. 22mila poliziotti pattuglieranno le strade. Ma quest’ultimo aspetto, visti gli allarmi di Amnesty sulla polizia di Kiev, non rassicura poi molto.

Per questo Amnesty International, con una sua delegazione, sarà in Ucraina in queste settimane, «non certo per guardare l’aspetto sportivo della manifestazione», conclude Noury, «ma per monitorare i comportamenti delle forze di polizia e quelli delle tifoserie locali». Comunque vada la gara, c’è da augurarsi che i diritti umani non escano sconfitti…


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