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5 per mille? Anche nel 2013 sarà un 4 per mille

Il decreto sulla spending review assegna al 5 per mille una dotazione di soli 400 milioni come avvenuto per quest'anno. In pratica un taglio del 20%. E intanto continua il silenzio sugli 80 milioni spariti dall'edizione 2010. Si può andare avanti cosi?

di Carlo Mazzini

I tagli iniziano a pesare significativamente nel conto delle non profit persino quando si parla di nuove possibilità di finanziamento. Il DL sulla spending review appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, e che dovrà essere convertita in legge entro il 4 settembre prossimo (in allegato la bozza del 4 luglio), contiene la proroga del 5 per mille al 2013 (redditi 2012) con una norma che fotocopia le prassi e le scadenze degli ultimi anni.

La nota dolente, come al solito, sono i soldi, il tetto tremontiano viene ribadito. Carta canta.
Anche per il 2013 – come fu per il 2012 – le risorse assegnate sono pari a 400 milioni di euro.
L'esperienza anche recente relativa al taglio del 5 per mille 2010 (che per decisione liberamente espressa dai cittadini contribuenti ammontava a 463 mln), in merito al quale Vita e un nutrito gruppo di grandi associazioni, hanno promosso una petizione con l'intenzione di chiederne ragione ai ministeri competenti, ci dice che la somma assegnata è largamente sottostimata. Stiamo parlando di quasi 20% circa.

Ciò vuol dire che lo Stato istituisce un 5 per mille che è consapevole valere in realtà un 4 per mille.
Se si trattasse di un rapporto tra privati chiameremmo le cose con il loro nome: truffa ai danni sia dei cittadini / contribuenti che degli enti beneficiari.
Ma se è lo Stato a realizzar – tacendo – questo taglio, come possiamo chiamare questo comportamento?
Senza cadere nel turpiloquio – comprensibile tentazione – potremmo pensare ad un termine forte come "Tradimento".

La buona fede di enti e cittadini viene "tradita", viene consegnata, portata nel campo non dei buoni e corretti rapporti ma nell'acquitrino delle mezze verità, del non si può dire, del "ma le cose e le norme sono complesse". O ancora si fa riferimento che i soldi non ci sono e che anche il non profit deve fare la sua parte.
Tanto per capirci. Il non profit fa sempre la sua parte; questo non è in discussione e soprattutto negli ultimi anni dove si è passati di taglio in taglio sia a livello centrale che periferico.

Il non profit vive di spending review e di risorse scarse per statuto; revisiona continuamente le proprie procedure, si pone con assiduità i quesiti su come debba gestire al meglio le attività che la cittadinanza gli ha affidato.

È qualcun altro che tradisce la legge da lui stesso scritta e lo spirito della legge. Vi ricordate il 5 per mille alla cultura? Il Ministero ha avocato a sé la raccolta dei fondi per poi decidere a chi darli. Questi geni della gestione della cosa pubblica ritengono che invertendo l'ordine dei fattori il risultato non cambi. Se invece del non profit i soldi li riceve il Ministero, cosa cambia, dicono. Tutto, rispondiamo. Altrimenti voi non avreste bisogno di una spending review nonostante l’insopporatabile carico fiscale ormai oltre il 50% del reddito (per chi paga le tasse ovviamente).
E se oltre a cambiare le regole si riduce progressivamente ciò che i contribuenti hanno destinato al non profit, come non ci si può aspettare di essere chiamati traditori?
Traditori, rendeteci i soldi … e il senso di una legge … e il senso di uno Stato.


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