Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Unione europea, 23 miliardi di euro di aiuti in 7 anni

Scaduti in queste ore i termini per gli emendamenti al nuovo Strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, che fissa le politiche Ue in materia dal 2014 al 2020. Entro l'estate l'approvazione definitiva

di Daniele Biella

L’Unione europea nonostante la crisi si rimbocca le maniche e punta alla cooperazione internazionale: sta per andare in porto la creazione di un nuovo Strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (Dci, Development cooperation instrument), il cui Regolamento finale verrà approvato, con i relativi emendamenti, il prossimo 18 settembre 2012. La nuova risorsa, la prima dell’era Ue i cui connotati sono stati indicati ‘dal basso’ ovvero dagli stessi enti attuatori tramite questionari e suggerimenti, riguarda modi, tempi e metodologie di finanziamento verso gli enti di cooperazione dal 2014 al 2020 (fino al 31 dicembre 2013 è in vigore l’attuale Dci). Il testo del regolamento parla chiaro in primis riguardo ai fondi: “l’assegnazione proposta è di 23,2 miliardi di euro: dai 2,7 miliardi previsti per il 2014 si arriverà a i 4 miliardi per il 2020”.

Semplificazione e differenziazione: sono questi due gli elementi principali del nuovo strumento economico di cui si doterà la Ue, messo a punto dalla Commissione sviluppo: “l’obiettivo prioritario è semplificare il quadro normativo e facilitare l'accesso dell'assistenza dell'Unione ai paesi e alle regioni partner, alle organizzazioni della società civile, alle PMI e altri. La semplificazione degli strumenti di azione esterna passa per una loro più chiara definizione e per la riduzione delle sovrapposizioni, individuandoli singolarmente con obiettivi politici chiaramente definiti”, spiega il regolamento. “Si perviene inoltre alla semplificazione e alla riduzione dei costi delle operazioni che ricadono sui paesi e le regioni partner tramite procedure di programmazione flessibili”. La Ue può  ad esempio “allinearsi ai piani di sviluppo dei paesi partner, svincolando questi paesi dalla necessità di negoziare documenti di strategia specifici per l'UE da sottoporre alla Commissione”. Ancora: allo stesso modo la programmazione congiunta con gli Stati membri permetterà di potenziare il coordinamento dei donatori e la divisione dei compiti”.

Differenziazione, invece, significa “rendere più incisiva la cooperazione allo sviluppo dell'Unione indirizzandone le risorse là dove sono più necessarie per ridurre la povertà e dove possono avere maggiore impatto. In linea di principio vanno esclusi dai programmi di aiuti bilaterali anche i paesi a reddito medio, già avviati sul cammino dello sviluppo sostenibile e/o che possono accedere a vaste risorse nazionali e estere per finanziare le proprie strategie di sviluppo. Il mondo sta cambiando: l'elenco dei beneficiari degli Aiuti pubblici allo sviluppo dell'Ocse, modificato nel 2011, mostra che oltre 20 paesi sono passati da un reddito basso ad un reddito medio o da un reddito medio-basso ad un reddito medio-alto”. In tutto, i paesi beneficiari del nuovo Strumento saranno 46 (Sud Africa a parte, sono esclusi i paesi africani perché oggetto di altri strumenti Ue di supporto e cooperazione). Il regolamento sottolinea inoltre che la Ue deve “sviluppare nuovi partenariati con i paesi che vengono esclusi dai programmi di aiuti bilaterali, basandosi soprattutto sui programmi regionali e tematici previsti dal nuovo Dci”.

Gli emendamenti proposti al regolamento superano le 200 unità, e più che altro hanno lo scopo di limare il testo generale. “La differenziazione è forse l'elemento piùimportante, la distinzione tra i paesi meno sviluppati e quelli che sono diventati paesi a reddito medio-alto. La semplificazione è un altro obiettivo della proposta, che beneficia a pieno dell'obiettivo generale dell'allineamento alle politiche dei paesi partner. I documenti di strategia nazionali non saranno più necessari se il paese partner dispone di un proprio piano di sviluppo”, conferma il relatore, il parlamentare Ue olandese Thijs Berman, nel presentare gli emendamenti  alla Commissione, che li metterà al voto il 18 settembre.

"Attraverso il Dci, l’Unione europea ha inteso dare un impulso nuovo alla cooperazione allo sviluppo,  ampliando le categorie degli attori potenziali destinatari delle risorse, soprattutto per quanto riguarda le sovvenzioni", spiega a Vita.it l'europarlamentare italiana Patrizia Toia. "Sono certa che il Parlamento riuscirà a migliorare ulteriormente la portata di questo strumento, valorizzando anche il ruolo della donna come attore della cooperazione perché è uno dei fattori di cambiamento vero della società su cui si interviene, uno dei veri motori di sviluppo".


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA