Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Padre Dall’Oglio: «In Siria si gioca una partita mondiale»

Il gesuita espulso dal paese, il filosofo Massimo Cacciari, il portavoce del Consiglio nazionale siriano e altri intellettuali siriani in Italia prendono posizione: "E' ora di aiutare con i fatti il popolo oppresso"

di Daniele Biella

Niente più indugi: il mondo deve aiutare concretamente la Siria. “Non basta solo l’empatia. La posta in gioco è di portata mondiale, è ora di muoversi davvero per ridare la libertà al popolo siriano”: c’è una voce univoca che si leva dall’affollatissimo incontro tenutosi venerdì 18 luglio 2012 all’Auditorium San Fedele di Milano: sei relatori e almeno 700 persone siriane, italiane, e di altri paesi del  Medio Oriente che fino a tarda sera si sono riunite per raccontare, capire, esorcizzar eil dramma che sta vivendo in patria la popolazione della Siria.

Organizzata dalla neonata  Associazione siriani liberi in Italia (Asli, costituita a inizio giugno 2012) e dal mensile di informazione dal mondo dei padri Gesuiti,  Popoli, la serata è coincisa con un giorno cruciale per lo sviluppo del conflitto in atto in Siria: per la prima volta un attentato-kamikaze a Damasco ha colpito al cuore la macchina di repressione siriana, ovvero il regime di quello che è oramai per buona parte del mondo un truce dittatore, Bashar Al Assad: tre morti tra cui il ministro della Difesa, il capo dell’intelligence (cognato di Assad) e un altro generale. Anche in conseguenza di questo clima teso, ad accogliere gli ospiti all’incontro di Milano c’erano carabinieri che perquisivano ogni zaino, e monitoravano la zona.

Una delle motivazioni era la presenza del portavoce del Cns, Consiglio nazionale siriano, George Sabra, il primo a prendere la parola dal palco: “negli ultimi mesi il regime ha mostrato il peggio di sé, annienta i diritti dell’individuo, semina corruzione, paura e disinformazione”, è il suo pensiero, ovviamente a senso unico, “dopo l’attentato di oggi ci vuole un cambiamento, un nuovo inizio dove la democrazia prenda piede. In questo senso i paesi stranieri devono intervenire, finora a parte la vicinanza affettiva non hanno fatto nulla di concreto”. L’Onu, per esempio? “Le Nazioni unite devono arrivare a una Risoluzione e imporla ad Assad, altrimenti lui diventerà sempre più spietato”, risponde poi Sabra a una nostra domanda.

Il momento più toccante della serata arriva quando prende la parola padre Paolo Dall’Oglio, gesuita fondatore nel 1982 in Siria della Comunità-monastero di Deir Mar Musa, da un mese lontano dalla ‘sua’ Siria perché obbligato ad andarsene dal Vaticano, essendo in pericolo di vita a causa della sua posizione ecumenica di ponte fra religioni diverse. “Non vorrebbe essere qui ma al monastero, ora, dove ha vissuto gli ultimi 30 anni della sua vita”, lo presenta così Stefano Femminis, direttore di Popoli. Dall’Oglio, carismatico come pochi, racconta con voce pacata ma ferma (all’inizio in arabo, poi in italiano: “da questo esilio vorrei parlare nella lingua della mia sposa, la Siria”), prendendo una netta posizione, una serie di situazioni impressionanti che ha visto con i propri occhi. “Sono sconvolto. Pensavo che Assad traghettasse la Siria verso le libertà che sono riusciti a prendersi gli altri paesi della primavera araba. Invece è andato tutto sempre peggio, fino ad arrivare alla tortura, alla menzogna, alle violenze che sta perpetrando oggi il regime, altro che complotto straniero”, riporta il gesuita a una platea ammutolita, “ho visto un padre di famiglia che aveva già perso due figli, nella martoriata Homs, che nel seppellire 15 compaesani esortava i loro famigliari a non cedere all’odio, ho saputo di una coppia di operai che conoscevo uccisi di ritorno dal lavoro , con una fucilata in faccia da soldati dell’esercito regolare. Ancora, un ragazzo ucciso poco dopo essere tornato dagli Stati uniti per la sua Siria, giovani arrestati davanti a Chiese le cui porte non si sono aperte, che sono stati poi torturati, e non si sa più nulla di loro”. Da dove ripartire? “Da quello che ho detto a un membro dei servizi di sicurezza governativi che mi ha fatto una visita di minaccia al monastero: ricordati, prima viene la dignità umana, poi tutto il resto. Vale anche per chi compie atti di terrorismo, come la bomba di oggi a Damasco. Il mondo, Italia in primis, deve capire che non può più far finta di non vedere centinaia di giovani mandati al macello”.

Rasha Omran, scrittrice siriana, prende subito dopo la parola ed è un intervento cruciale per capire la complessità della società siriana: “io sono alawita, ovvero del gruppo religioso di cui fa parte anche Assad. Ma non siamo tutti dalla sua parte, come vuole far credere”, rivela, “la Siria prima di essere composta da varie comunità è un popolo solo, indivisibile: la rivolta è popolare, il mondo lo deve capire, non di una fazione contro l’altra, ma di tutto il popolo contro il regime”. Le sue parole trovano testimonianza in una nota di cronaca di poche ore prima: due generali alawiti hanno disertato, passando dall’esercito governativo a quello degli insorti. “L’importante è che cada il dittatore, e che arrivi la democrazia”, ribadisce Omran prima di sorprendere la platea: “io sono laica, infatti non porto il velo. Se con lo stato democratico dovessero essere eletti i salafiti, gli islamici, nessun problema, mi metterò il velo…continuando però a lottare per i miei diritti”, annuncia con un sorriso di sfida. Acclamata dalla sala, la scrittrice lascia il passo a un nutrito gruppo di siriani che tra le bandiere intona slogan della rivolta, tra i quali il più noto: “uno, uno, il popolo siriano è uno”.

“Lo dicono anche fonti storiche che prima delle divisioni comunitarie, in Siria vince l’unità popolare”, afferma il moderatore della serata, il sociologo italo-algerino Khaled Fouad Allam. “I regimi giocano sulla polarizzazione delle parti in conflitto, ma è tutto falso”, aggiunge Allam, che rivela di essere stato esiliato con la famiglia dall’Algeria in Siria, nei primi anni della sua vita, a causa dell’attività politica del padre. L’esilio di Aboulkheir Breigheche, imam siriano che vive a Trento, dura dal 1973: per via delle sue idee politiche, l’ex presidente, il padre di Bashar Al Assad, l’ha allontanato dal suo paese: “basta rimanere spettatori, l’inattività del resto del mondo è sintomo di insensibilità e arretratezza politica”, esorta l’imam, tra i relatori della serata. “Prima della fine del ramadan (che nel 2012 inizia tra il 20 e il 21 luglio e finisce a metà agosto) deve finire tutta questa violenza, Assad deve essere allontanato. Non è in atto una guerra civile, ma un’oppresione del regime: nessun onesto al mondo deve stare zitto, denunciamo i crimini che avvengono in un paese patrimonio dell’Umanità”, rimarca Breigheche.

“Aiutateci con i fatti, ci chiedono. È ora di farlo per davvero, perché aiutandoli ci si aiuta”, interviene Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia. “È una sacrosanta rivoluzione quella in atto in Siria. Covava da tempo, l’Europa la ignorava come ignorava l’arrivo della primavera araba. Peccato, perché si potevano fare passi avanti per il dialogo fra culture, invece si sono avuti fraintendimenti: molti intellettuali, anche arabi a dire che l’islam è incompatibile con la democrazia. Ma è un equivoco, una fandonia”, chiosa Cacciari.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA