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Don Popolla: «Gli scontri? Ce li racconta la televisione»

Gli sconti tra manifestanti e polizia, la militarizzazione della valle e l'opera che sembra non partire mai: i valsusini cosa ne pensano? «Sentono parlare della loro valle come un posto pericoloso ma vivono come sempre. E per ora una fonte di guadagno è proprio il campeggio No Tav»

di Daniele Biella

“Gli scontri di sabato notte nel cantiere del Tav? Pensi che la mattina dopo in piazza a Chiomonte (a poche centinaia di metri dalla ‘zona rossa’ di fondo valle, presidiata dai militari, ndr) nessuno sapeva nulla, ce l’hanno raccontato i telegiornali”. Don Gianluca Popolla, parroco di Chiomonte e Susa, è una persona più che franca: la popolazione lo stima, lui è sempre ovunque gli si chieda di andare e non c’è angolo della Val Susa che non conosca. Così come ha ben in mente la lunga scia di malumori e polemiche che da almeno 22 anni si sta portando dietro il progetto per la costruzione del Tav, la tratta Torino-Lione del Treno ad alta velocità. Vita.it l'ha raggiunto.

Lei è il prete di quella che in questo momento viene considerata la zona più pericolosa d’Italia. Come vive queste tensioni e come le vivono i valligiani?
Le rispondo con questa immagine: domenica mattina, poche ore dopo quello che è successo, avevamo in programma un aperitivo di raccolta fondi della parrocchia. Oltre a essersi svolto nella completa tranquillità, è stato un momento molto interessante, perché ai cittadini si sono mischiati anche molti giovani che sono nella valle in queste settimane per il campeggio organizzato dal movimento No Tav.

Com’è possibile? Quelli che la stampa e i politici indicano essere i ‘devastatori della valle’?
Non so cosa dirle. Quello che ho visto è la cordialità tra la popolazione e i ragazzi, che hanno pagato il loro aperitivo e hanno condiviso il momento di piazza. Pensi che i commercianti vengono da me e si dicono contenti del viavai di gente, perché aumentano le loro entrate: “i giovani comprano e sono educati”, mi hanno detto proprio stamattina. Sono tutti contrariati con i politici nazionali, perché come conseguenza della costruzione del Tav avevano promesso alla gente più occupazione e una buona ricaduta economica dell’opera sulla valle: per ora però la realtà parla solo di disagi, e spese inutili come quella dei costi della presenza di polizia e militari nel cantiere, che tra l’altro a un anno dalla messa in sicurezza non è ancora partito.

Tutte argomentazioni No Tav, in fondo. Lei condivide la protesta?
Io riporto quello che vivono i parrocchiani sulla loro pelle, e naturalmente passo le giornate in mezzo a loro. In periodo di crisi economica, la questione dell’occupazione è fondamentale per loro, come lo è il fatto che i servizi sono sempre meno efficienti, e questo sfiducia molto la popolazione, perché se la situazione è tale ora, figuriamoci una volta che iniziano a bucare la montagna.

Mi dà un esempio di servizi poco efficienti?
Gliene cito uno che vivo spesso in prima persona e che riguarda proprio il trasporto ferroviario. Mi devo recare spesso a Torino per la mia attività pastorale: lo sa che per fare 50 chilometri di treno impiego la maggior parte delle volte ben due ore? Treni che si rompono, attese di 40 minuti in piccole stazioni senza una giustificazione: sono disagi enormi, che mi obbligano a usare la macchina per evitare di arrivare in ritardo agli appuntamenti. Di questa come di altre situazioni non se ne parla in televisione, arrivano sempre e solo gli scontri.

A proposito di scontri: tra i giovani del campeggio ce ne sarà pur qualcuno che ha lanciato sassi e petardi e si è beccato qualche lacrimogeno…
Non giustifico per nulla la violenza, non si dovrebbe mai arrivare a quelle scene. Ma chi deve evitare che ciò accada sono i politici, non chi poi si trova di fronte davanti al cantiere. Che poi ci siano stati dei valligiani tra i manifestanti di sabato notte, come dice Alberto Perino (vedi intervista a lato), non lo posso confermare perché non c’ero. C’è da dire però che i valsusini oggi vivono in un totale disorientamento, perché è un controsenso che perduri una tale soluzione senza cambiamenti a livello politico. Comunque, è sbagliato pensare che qui si parli solo di Tav, anzi, forse se ne parla di più a livello nazionale che locale. I problemi ora sono altri, e dopotutto, ribadisco, a un anno dalla militarizzazione del fondovalle di Chiomonte non si è visto ancora alcun lavoro. 


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