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Sostenibilità sociale e ambientale

Torre Guaceto, dove la pesca sostenibile è realtà

Nell'area protetta solo reti a maglia larga e una sola uscita settimanale. Risultato: reti stracolme, fatturati boom per la cooperativa

di Silvano Rubino

«Oggi riusciamo a dare un futuro ai nostri figli. E molti giovani, che una volta avrebbero disprezzato il nostro mestiere in quanto residuo di un passato fatto di fatica e miseria, ora si avvicinano con interesse e vogliono fare il pescatore».  Parola di Felice Caccetto, una vita tra reti e uscite in mare, da qualche anno "riconvertito", assieme a suoi sei colleghi alla pesca sostenibile. La comunità di pescatori di Torre Guaceto opera all'interno dell'omonima Riserva naturale e Oasi WWF, un gioiello di mare sulla costa brindisina ed è frutto di un progetto realizzato dal Consorzio di gestione Torre Guaceto, da Slow Food Condotta dell’Alto Salento e dall'Università di Lecce.  I membri della comunità utilizzano solo reti a maglia larga ed escono in mare solo una volta a settimana. Grazie alla scelta di abbandonare la strada dello sfruttamento intensivo delle risorse, il "bottino" di spigole, seppie, dentici, cefali, triglie è considerevolmente aumentato:  dopo otto anni i risultati in termini di rese si sono stabilizzati su una percentuale del 200% rispetto alle aree limitrofe; in termini economici con un fatturato percentuale medio del 300% maggiore rispetto a chi opera fuori dai confini della riserva. «A ogni uscita si  arrivano a realizzare 1500 euro di pescato e praticamente appena si mette piede sulla terra ferma il pesce è già venduto» afferma Marcello Longo, fiduciario Condotta  Slowfood Alto Salento e vera "anima" del progetto, «il successo economico ha indotto gli altri pescatori a chiedere l’estensione della riserva. Un risultato eccezionale vista la diffidenza, a volte anche vero e proprio astio, che abbiamo incontrato quando è partito il progetto in quest’area».


La ricetta è semplice: il cuore del mare protetto custodisce la ‘base’ di tutto il ciclo di vita sottomarina e la pesca avviene nella fascia più esterna della Riserva, dove si raccolgono i frutti di un ecosistema sottomarino in salute, che consente una pesca redditizia e non distruttiva.  Peraltro, visto che i pesci si spostano, con benefici sulla fauna che non rimangono chiusi all'interno dei confini dell'area, ma riguardano  anche aree molto lontane.
Oggi i pescatori della comunità sono diventati "sentinelle" del mare (sono loro a chiamare il personale del parco o la Capitaneria di Porto quando avvistano pescatori di frodo all'interno dell'area), si sono uniti in un’unica cooperativa, partecipano a iniziative a carattere nazionale come Slow Fish, Terra Madre, si scambiano esperienze con altri "colleghi" europei che lavorano all'interno di aree protette (come Port Cros e Cap d'Adge in Francia, Cabrera in Spagna).
 


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