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Alzheimer: le farmaceutiche rinunciano alla ricerca

Dopo i risultati negativi degli ultimi trattamenti sperimentali, alcune tra le principali case farmaceutiche hanno sospeso la ricerca sulla malattia

di Redazione

Troppo lunga e costosa. Questa sembra essere la motivazione che sta spingendo le principali case farmaceutiche del mondo a sospendere la ricerca sulla cura del morbo di Alzheimer

Nonostante i costi umani ed economici rappresentati dalla malattia rimangano enormi e continuino ad aumentare, complice l’invecchiamento della popolazione, la ricerca di una possibile cura non ha portato fino ad ora risultati significativi. 
 
A gennaio la multinazionale americana Pfitzer, dopo aver investito 750 milioni di dollari, aveva annunciato l’intenzione di sospendere la sperimentazione a base di Dimebon, constatando l'inefficacia del trattamento. Lo stesso è accaduto la scorsa estate, quando, a luglio, lo studio portato avanti dalla farmaceutica irlandese, Elan, in collaborazione con la Pfizer e la Johnson & Johnson non aveva ottenuto i risultati desiderati. Delusione anche per l’esito delle sperimentazioni di un altro gruppo americano, Eli Lilly.
 
La crisi ha avuto una pesante ripercussione anche sul farmaceutico e la  ricerca neuro scientifica è tra i campi che ne hanno risentito maggiormente. Le principali multinazionali, tra cui AstraZeneca, Sanofi e Novartis hanno effettuato tagli pesanti in Europa. Il reparto di ricerca neuroscientifica di Astrazeneca, che fino a poco tempo fa vantava un gruppo di 300 persone, conta oggi 40 ricercatori.
 
Secondo  Eric Karran, direttore del Centro Ricerche sull’Alzheimer britannico, la neuroscienza è un campo di studio estremamente arduo, dove occorrono tempi lunghissimi per ottenere risultati significativi. “La mia impressione non è che le farmaceutiche abbiano intenzione di abbandonare la ricerca,” ha spiegato, “ma che gli azionisti stiano diventando impazienti.”
 
Si ritiene che il fallimento delle ultime sperimentazioni sia riconducibile al fatto che i farmaci sperimentali siano stati somministrati a pazienti che presentavano uno stato della malattia troppo avanzato. Secondo gli studi più recenti, l’Alzheimer impiega circa 15 anni per svilupparsi e quando i sintomi cominciano a diventare evidenti è troppo tardi per intervenire in modo efficace. Le medicine esistenti possono offrire solo benefici limitati. In Italia i malati di Alzheimer sono oltre 500 mila e si prevede che entro il 2020 il morbo conterà 42,3 milioni di persone in tutto il mondo. 
 

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