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Economia & Impresa sociale 

Così la chimica ci insegna l’economia

Cgm è riunita a Mantova per parlare dell'energia che nasce dai legami che si ricompongono in forme nuove. Da Claudia Fiaschi, volto della copertina di Vita sulle 50 donne che stanno cambiando l'Italia, un'indicazione per costruire il futuro.

di Sara De Carli

Apre oggi a Mantova la XI convention di Cgm, una rete di quasi mille cooperative sociali al servizio di oltre 500mila famiglie. Il titolo della convention, nel 25esimo anno dalla nascita, è molto particolare: «Energia dai legami». Con la presidente del gruppo, Claudia Fiaschi, scopriamo perché.

Perché l’energia dai legami?
Quando è nato questo titolo io avevo un periodo di fascinazione per i legami chimici. Nella vacanze, per staccare, mi metto a leggere cose che non c’entrano nulla con il lavoro. Lo faccio per trovare spazi di pensiero miei, percorsi alternativi. Lo scorso Natale è capitato un manuale di chimica. Ho scoperto – o forse riscoperto, perché l’avrò studiato ma non lo ricordavo, le cose si imparano quando servono – che ci sono tanti tipi di legame. E ho pensato che questa cosa ci somiglia.

Perché?
Ci somiglia perché dentro la rete tu hai tante dimensioni di legame diverse, che non sono tutte uguali. Non sempre i rapporti sono paritari, a volte c’è qualcuno che dà di più e un altro che riceve di più, a invece si tratta volte veri e propri momenti di collaborazione, a volte capitano momenti in cui c’è una ricombinazione degli elementi. Da questa suggestione è iniziato un ragionamento, a partire dal fatto che la vita ha molto a che fare con la costante ricombinazione di elementi noti.

Cioè?
Tutti gli organismi viventi funzionano così, la vita si evolve e si sviluppa solo perché vengono sistematicamente rotti gli equilibri fra i legami che conosciamo e gli elementi si ricompongono in maniera diversa. Queste cose sono molto vicine a noi ma soprattutto al futuro, ai processi vitali che occorrono per rinnovare il futuro. E qui il titolo. L’energia che nasce dai legami, è l’energia che si sprigiona quando un legame si rompe e si ricrea una nuova struttura di legame: il nuovo legame di solito è più forte del precedente e nella rottura si libera energia che viene messa a disposizione per fare un certo tipo di lavoro. Lavoro che di solito genera nuova vita. Ecco quello che ci affascina.
 
Siamo nella fase in cui si sono rotti i legami?
Sì, si sono rotte alcune strutture di legame e dobbiamo ricostituirne di nuove. Questo ci mette in difficoltà, ma è la condizione necessaria per ricostruire nuove strutture di legami comunitari e fra le persone, le organizzazioni e le istituzioni. E per giungere ad equilibri che sono più funzionali alla vita, che non è sopravvivere… La vita è bisogni soddisfatti, sogni, reciprocità delle relazioni… è molto diversa dalla sopravvivenze.
 
Il suo è solo auspicio o ci sono segnali?
Ci sono segnali, a tutti i livelli. È un momento di grande discussione dei ruoli e delle funzioni di tutti gli attori della comunità, dalle istituzioni pubbliche all’economia, che ha finito di essere l’attore che determina un po’ tutto e ha manifestato i suoi limiti, soprattutto nel fatto di non essere un’economia necessariamente utile. Quando parlo di economia utile o non utile intendo che l’economia, se non produce beni e servizi indispensabili, finisce per essere scollegata dalle esigenze delle persone e spesso si fa senza le persone. Una delle prime esigenze del Paese invece è il bisogno di rimettere al lavoro le persone.

In che modo?
Il lavoro non è solo uno strumento per redistribuire reddito e capacità di spesa, ma soprattutto è il modo in cui le persone partecipano alla produzione dei beni che sono indispensabili per una comunità. È duro dirlo in un momento in cui l’occupazione è un problema, ma c’è anche tanta occupazione che non produce nulla in termini di beni utili per la comunità. Il lavoro invece nasce così, è il modo in cui fino a ieri gli uomini si sono organizzati per garantire attraverso il lavoro ciò che ritenevano utile per vivere bene. Questa dimensione si è persa, si è pensato al lavoro come diritto per dare capacità di spesa, pensando che la capacità di spesa coincidesse con la capacità di benessere. Ma la verità è che il benessere nasce dal lavorare perché io attraverso il lavoro faccio la mia parte e faccio la differenza nel benessere che una comunità riesce a costruire.

A questa riflessione cosa aggiunge la dimensione cooperativa?
Questo per noi ha una dimensione di senso importante, perché dice che non è inutile includere nel lavoro persone svantaggiate che magari non rendono al 100% ma fanno comunque la loro parte. Oggi la crisi e la disoccupazione rende evidente questa dimensione, perché anche soggetti che ieri non erano svantaggiati lo diventano in un battito d’ali e questo si ripercuote immediatamente nella povertà o nel benessere di una quantità enorme di famiglie.


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