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Hospice luoghi di morte? Caro Monferino ti sbagli

L'assessore alla sanità del Piemonte dice che mandare un malato in hospice equivale a dirgli «sei morto». Mentre famigliari, operatori e volontari sanno che gli hospice sono luoghi in cui si garantisce qualità di vita. La replica di Luca Moroni (Fcp)

di Sara De Carli

Mandare i pazienti in hospice è «una crudeltà», perché equivale a dire loro «sei morto». A parlare così è stato Paolo Monferino, assessore alla sanità della Regione Piemonte. La frase infelice è stata riportata da La Stampa e ha immediatamente suscitato l’amarezza e l’incredulità sia di chi lavora negli hospice sia delle tante famiglie che si rivolgono agli hospice – al contrario di ciò che Monferino pensa – per garantire ai propri congiunti la migliore qualità di vita possibile. Tant’è che il 58% dei famigliari dei pazienti presi in carico dichiara che avrebbe preferito che le cure palliative fossero state proposte prima, non solo negli ultimi giorni di vita.

«Le famiglie, i volontari e i professionisti che negli hospice operano sanno bene che essi non sono affatto luoghi di morte, piuttosto sono contesti in cui le persone possono sentirsi ed essere considerate vive nonostante la malattia inguaribile», replica con fermezza Luca Moroni, presidente della Federazione Cure Palliative, una rete di 68 realtà non profit impegnate sul fronte delle cure palliative, con più di 3mila volontari.

«Al contrario rischia di morire prima del tempo chi, affetto da una malattia in fase terminale, viene dimenticato in un reparto di ospedale o dimesso senza un programma di cure palliative. Così come rischia di morire il malato che soffre inutilmente per un dolore o per altri sintomi che potrebbero essere alleviati da terapie oggi troppo poco utilizzate».

Sulle cure palliative c’è ancora in Italia poca consapevolezza, nonostante una legge recente, la legge 38 del 2010, dia precisi diritti e ci ponga, dal punto di vista legislativo, tra i Paesi più avanzati d’Europa. E nonostante quelle di Monferino siano state solo affermazioni personali, di fatto la rete di cure palliative, prevista dalla legge 38, non c’è nella prima bozza del Piano sanitario regionale del Piemonte. «Spiace constatare che uno degli attori più importanti della sanità pubblica, di una regione importante come il Piemonte, manifesti opinioni che, per quanto personali, denotano scarsa conoscenza, superficialità e mancanza di rispetto per i malati e per le loro famiglie», continua Moroni.


Gli hospice in Italia sono 166, a fronte dei 201 previsti dalla legge. Lo diceva ad aprile la Relazione al parlamento sulla legge 38. Luca Moroni li descrive così: «Le cure palliative non sono la scienza medica della morte. Sono esattamente il contrario. Sono la disciplina che garantisce anche a chi non vivrà a lungo, per il tempo che resta a disposizione, tutta l’attenzione e la dignità che merita. È invece vivo chi si sente valorizzato per la propria capacità di scelta e di autodeterminazione nell’orientare il percorso di cura in base alle personali aspettative e desideri. Per questo è più vivo chi, alle proprie domande sullo stato di salute, riceve informazioni chiare e comprensibili. È vivo chi vive relazioni significative con la propria famiglia, nonostante la sofferenza che caratterizza la malattia inguaribile. È vivo chi trova confronto sugli interrogativi di ordine spirituale che spesso coinvolgono chi è vicino al termine della vita».

L’11 novembre si celebra in Italia la Giornata contro la sofferenza inutile della persona inguaribile. Quella del 2012 sarà la 13esima giornata. In quell’occasione la Federazione Cure Palliative inviterà tutti i cittadini a mettere la loro firma perché le cure palliative diventino realtà per ogni malato, di qualunque età, in tutto il Paese (www.fedcp.org).



 


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