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Economia & Impresa sociale 

La ripresa si fa con le cooperative

L'intervisa di Luigi Chiarello su Italia Oggi al professore di Economia alla Statale di Milano, Giulio Sapelli

di Redazione

L'intervista integrale di Luigi Chiarello uscita su Italia Oggi all'economista Giulio Sapelli sulla situazione economica dell'eurozona e sulle ricette per uscire dal tunnel della crisi.

Lei spesso attacca duramente gli economisti neoclassici. Perché?
Non condivido la loro ossessione per i mercati in equilibrio. Che non esistono. O il fatto che, secondo loro, il sistema dei prezzi dia avvisaglie sulle crisi in arrivo, tanto sul fronte industriale tanto sul versante finanziario. L'esperienza di oggi, e del passato, ci dimostra che non è vero. Che non ci sono mercati in equilibrio.

Se la prende con la loro ossessione per il pagamento del debito pubblico. Perché? Non è un problema?
Perché l'economia è governata soprattutto dalle leggi della produzione, piuttosto che da quelle della distribuzione. E perché non è la moneta che fa la circolazione del capitale, ma, al contrario, è la circolazione del capitale che fa la moneta. Dunque, il problema non è mai il debito pubblico, ma la quantità di stock accumulato che, in termini popolari, si chiama Pil. Prodotto interno lordo.

Quindi?
Che dal pil dipenda tutto, lo provano le recenti esperienze di Portogallo e Grecia; questi Paesi, dopo aver subito le devastanti misure imposte dalla Troika europea, hanno praticamente distrutto il loro sistema sociale. E, per di più, ambedue si sono trovati ad avere un aumento del debito pubblico.

Il loro debito aumenta. Ma questo dato non è stato diffuso…
È la prova che siamo in una situazione gravissima; questi dati non sono stati resi noti, se non in modo strisciante, perché dovevano essere presentati al G20 di Tokyo. Oggi, l'industria della menzogna è arrivata perfino nel Sancta sanctorum, là dove si riuniscono i soloni dell'economia mondiale. Di conseguenza, si capisce molto bene perché non bisogna essere favorevoli alle politiche dell'austerità.

Perché?
È una politica che sta distruggendo l'economia europea e sta disgregando l'Euro. Ma che, naturalmente, esprime molto bene un'egemonia tedesca sull'economia europea: l'egemonia di uno stato creditore, che impone la sua forza ai Paesi debitori.

Perché Berlino impone questa politica restrittiva?
Perché la Germania gode di un surplus commerciale molto forte. E vuole continuare a mantenerlo, svantaggiando tutti gli altri Paesi. Ripeto: il problema non è quello del debito pubblico. Il vero problema europeo, oggi, è che c'è una moneta unica, che non ha eliminato la differenza esistente tra i bilanci commerciali. In Europa non tutti i Paesi sono rivolti all'esportazione. E la Germania ha un surplus commerciale molto più forte degli altri Paesi. Tutto questo genera scompensi, che si fanno sentire nel complesso dell'economia europea. Lo dirò fino allo sfinimento: oggi il problema non è il debito pubblico, ma le differenze strutturali tra le economie. Finche queste divergenze non verranno eliminate, la moneta unica sarà a rischio.

Ma spingendo su politiche restrittive, Berlino rischia di asciugare i suoi sbocchi commerciali, visto che il 40% circa dell'export tedesco è nel mercato comune
Ha perfettamente ragione. Questa politica rischia di far sì che la Germania finisca circondata dal deserto.

Sfatiamo alcuni miti. Secondo lei non è assolutamente vero che l'euro ci ha salvato dal tracollo
No. L'euro è stata solo una invenzione politica, fatta per arginare lo strapotere politico economico della Germania, dopo l'unificazione. Ma si è rivelata controproducente.

Controproducente? Perché?
Perché bisognava contrattare meglio l'entrata. Purtroppo, noi italiani, abbiamo avuto e scontiamo un problema di deficienza tecnica. Siamo stati l'unico Paese d'Europa a entrare nell'euro perdendo in potere d'acquisto. Per via del cambio contrattato.

Monti tassa imprese e lavoro per uscire dalla crisi. Secondo lei, tassando i fattori di produzione, si può risollevare l'economia di una nazione in difficoltà?
Anche mio padre, che pure aveva fatto la quinta elementare ed era un operaio tipografo molto intelligente, sapeva benissimo che, in un momento di depressione, se aumenti le tasse finisci in recessione. Non c'è bisogno di essere laureati per capirlo. Lo ha detto Keynes molti anni fa. Basta il buon senso. Purtroppo gli economisti neoclassici non hanno buon senso. Sono come estremisti islamici.

Perché tutti i governi italiani, a prescindere dai partiti che vincono le elezioni, alla prova dei fatti non tagliano mai la pressione fiscale, riducendo drasticamente la spesa pubblica?
Perché sono obnubilati da questi tecnici, che tecnici non sono; recitano il «mainstream» bocconiano della politica di austerità. Hanno messo Keynes e tutti i più grandi pensatori economisti in soffitta. A partire da Hyman Minsky, da Anatole Kaletsky. Tutti grandi pensatori, che hanno riflettuto dopo la crisi del 1929. Alcuni di essi sono tra i grandi classici della biblioteca di Raffaele Mattioli. Ma, se Mattioli leggeva quei libri, avrà avuto pure le sue ragioni! O no?

C'è chi sostiene che oggi la crisi è figlia di un eccesso di offerta, a causa di un difetto di domanda. In sostanza, abbiamo troppo…
(Ride di gusto) Oggi il pericolo vero è la deflazione. I prezzi scendono. Il consumo è crollato. La crisi di sovra capacità produttiva avviene perché le imprese producono più di quanto la gente consumi! Ma, se la gente non acquista non è perché è sazia; la gente ha fame! E non compra perché non ha i soldi! Vede come la mentalità bocconiana sta distruggendo la mente? Che questi signori si facciano un bel giro nelle periferie di Milano, invece di stare in via della Spiga_

Lei sostiene anche che è falsa l'idea che l'inflazione, di per sé, rappresenti un pericolo …
Calma. Io sostengo che è falsa l'idea che l'inflazione tout court possa essere un pericolo. L'inflazione, a un livello del 3-4%, invece, può aiutarci a superare le difficoltà.

Draghi sta valutando se tagliare di un altro quarto di punto il tasso di sconto Bce, per portarlo allo 0,50…
È la prova di quanto sto dicendo. Draghi fa riferimento alla politica monetaria della Fed, più che a quello che vuole Angela Merkel. Draghi è stato imposto dagli Americani alla Bce. Infatti, appena è arrivato, si sono dimessi due tedeschi_

Quindi, secondo lei, i due fondi Bce per l'acquisto dei debiti sovrani degli stati Ue sono una misura keynesiana ispirata dalla Fed? Un modo per immettere liquidità nel mercato?
Bien sûr!

Dalle crisi si esce soltanto riformando la Bce?
Si esce riformando la Banca centrale europea e riprendendo la strada dell'economia mista.

E le regole da dare alla finanza?
Bisogna separare le banche d'affari dalle banche commerciali.

Mi dica, allora, come rilanciare i consumi?
Bisogna fare investimenti per l'occupazione. Creare nuove imprese. E dove non arriva la mano privata arrivi la mano pubblica. E, soprattutto, si creino imprese non capitalistiche, ma cooperative.

Perché?
Perché le cooperative massimizzano l'occupazione, non il profitto capitalistico.

La Bce dovrebbe stampare moneta?
Dovrebbe fare una politica monetaria come fa la Fed_ Stampare moneta? Non si dice! Poi la gente_ sa come sono…

Tremonti è un keynesiano?
Tremonti è un uomo dissociato. Sosteneva delle idee, ma operava in un altro modo. Credo lo facesse per spirito di servizio, per senso etico. Non voleva mettere in difficoltà il governo. Ma_ se andiamo a leggere le appendici al suo ultimo libro, beh.. si capisce che, più che Berlusconi, era lui, che volevano fare fuori.

Perché?
Perché aveva posizioni molto antitetiche a quelle dell'oligopolio finanziario mondiale.

E chi c'è nell'oligopolio finanziario mondiale?
Tutte le grandi banche d'affari internazionali …

La «famigerata» Goldman Sachs in testa?
Non diamo attribuiti. Non mi va di chiamarla famigerata. Bisogna essere asettici. Gli scienziati non danno giudizi di valore.

Tra i suoi advisor Goldman Sachs annovera molti, tra capi di governo e grands commis, della storia recente del Paese. Spesso in contemporaneità di funzione.
Guardi, la verità è che viviamo in una poliarchia. E che solo i bambini oggi credono che siamo in un regime democratico. Noi siamo in un regime poliarchico, in cui le grandi lobby contano forse più delle elezioni. E, in ogni caso, è sempre l'eletto che sceglie l'elettore. Mai l'elettore che sceglie l'eletto_

Cosa resta al Paese di Enrico Mattei e della sua politica economica keynesiana?
Rimane l'Eni, che, di Mattei, ha ereditato l'imprinting. La sua politica keynesiana rimane nell'Eni.

Keynes, in Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, scrisse: «Tre ore di lavoro al giorno, infatti, sono più che sufficienti per soddisfare il vecchio Adamo che è in ciascuno di noi». Lei crede ancora possibile la riduzione dell'orario di lavoro?
(Ride con fragore, ndr) Certo! E sarebbe una grande liberazione! Sì, ci credo. Eccome!

Anche nella declinazione enunciata dal filosofo André Gorz, che sulla scorta di Keynes, sviluppò la teoria del lavoro liberato?
Sì. Il lavoro, se non è lavoro liberato, è pur sempre una maledizione biblica. Bisogna avere un lavoro liberato! Un lavoro umano, come del resto voleva Adriano Olivetti. Come voleva Enrico Mattei. Quando non c'è lavoro liberato, sappiamo bene, è dura_

Si realizzerà mai?
Il modello cooperativo si diffonde sempre di più. E la gente trova sempre più insopportabile il sistema attuale. Non perda la fiducia! Tra alcuni secoli, forse, ci riusciremo. Certo, io non vedrò questa fase economica. Ma, nell'arco della storia umana, qualche secolo è solo un battito di ciglia. Solo un battito di ciglia per un uomo liberato.


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