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Anche il sindaco di Imbersago firma il Manifesto no slot

In un’intervista sulla buona gestione comunale in tempi di crisi Giovanni Ghislandi aderisce alla proposta di Vita. Perché?«Lo Stato per incassare crea disagi che poi dovremo prendere in carico noi sindaci».

di Lorenzo Alvaro

Il Comune di Imbersago, piccolo centro da 2400 anime nella brianza lecchese, è considerato una best practice a livello nazionale. Questo perchè Giovanni Ghislandi già a  capo dell’Ufficio Comunicazione Fondazione Don Gnocchi e sindaco dal 2004, candidato con una lista civica apartititica, è riuscito, nonostante la crisi e i tagli, a mantenere invariata la voce di spesa del welfare e nel contempo a non calare la mannaia fiscale sui propri cittadini. Come si fa a resistere al vento contrario che soffia forte? Per quanto ancora potrà tenere botta? Queste alcune domande cui il sindaco prova a dare risposta.
 

Giovanni Ghislandi, sindaco di Imbersago e capo dell’Ufficio Comunicazione Fondazione Don Gnocchi

Imbersago è considerato un Comune virtuoso nella gestione del bilancio. Nonostante tutto cioè non avete tagliato il welfare e avete mantenuto l'Imu il più basso possibile. Come avete fatto?
Abbiamo semplicemente gestito in modo attento e puntuale le risorse. Questa è l'unica best practice. Sono sindaco dal 2004 e da sempre, nonostante la crisi e l'aumento delle richieste di interventi sociali, abbiamo cercato di distinguere ciò che era meritevole di attenzione da parte del pubblico da ciò che non lo era. Anche a costo di scontentare alcuni cittadini. Questo ci ha permesso di contenere la spesa e di indirizzare il più possibile le risorse dove servivano.  Fino ad oggi nel nostro piccolo siamo riusciti a far fronte ai bisogni.

E da domani cosa succede?
Non lo so. Dal primo gennaio 2013 i comuni dai 1000 ai 5000 abitanti come il nostro entreranno nel patto di stabilità. Vedremo. Viviamo da anni, con governi di tutti i colori, una situazione di estrema incertezza legislativa e finanziaria. Il tavolo viene rovesciato ogni volta. Non si può programmare nulla.  Se potessimo fare affidamento a risorse in loco sarebbe più semplice.

Avete vista reintegrata l'Ici con l'Imu. I soldi non dovrebbero mancare.
Non è vero. L'abolizione dell'Ici è stato certamente un grosso errore. L'istituzione dell'Imu però non è un ritorno al passato. Se l'Ici era una tassa municipale che aiutava le casse del Comune, l'Imu è una tassa statale travestita. Il comune riscuote ma Roma taglia i trasferimenti in uguale misura. Il saldo è totalmente a vantaggio dello Stato. Nulla o quasi rimane sul territorio. Da sempre le realtà piccole sono svantaggiate e abituate a lavorare con risorse scarse.

Ci può fare un esempio concreto?
I miei cittadini pagano ogni anno oltre 35 milioni di euro allo Stato di Irpef. Da Roma ci tornano solo briciole. Prima dell'Imu non arrivavamo a 400 mila euro l'anno che è poco più del 1%. Il cittadino paga ma non vede mai tornare le risorse dove conduce la sua vita. C'è qualcosa che non torna.   

Come si spiega questo ostracismo?
Perchè siamo in un sistema di finanza derivata. L'attribuzione delle risorse è totalmente accentrata. Le realtà comunali piccole, come la nostra, naturalmente soffrono. Sono realtà che hanno un'abitudine consolidata nel gestire oculatamente le risorse. In Italia chi spende poco riceve poco, chi spande e sperpera riceve di più. È il famoso tema della spesa storica.

Ma Monti non l'aveva superata?
Monti è passato ai tagli lineari. Tagli indiscriminati a tutti. I virtuosi e i meno virtuosi. In un certo senso non è cambiato nulla.

Oltre ai piccoli comuni e sotto attacco anche il Terzo Settore che dovrà pagare l'Imu. Una vera stangata per enti come le scuole private. Cosa significherà?
Parlo del mio Comune. Bisogna valutare questo tipo di interventi con attenzione. Ad Imbersago abbiamo una scuola dell'infanzia che è un ente morale. Se questo ente, a causa delle tasse, alza bandiera bianca, toccherà al pubblico garantire il servizio con costi infinitamente più alti. Non capisco che tipo di affare possa essere mai questo.

E allora come si spiega questa direzione presa dal governo Monti?
In realtà questa è una battaglia che dura da tempo. C'è certamente di mezzo l'Europa sulla questione Ici e Imu. Poi c'è chi soffia sul fuoco per una battaglia ideologica di retroguardia, pensando di colpire la CHiesa fanno del male a tutti senza rendersene conto. Bisogna capire che spazi di manovra ci sono. ma la cosa più grave è che c'è in corso una evidente aggressione culturale. Il discorso secondo cui tra stato e impresa non esista nessun soggetto intermedio. Esiste un modello italiano virtuoso, che si chiama società civile e Terzo Settore, che rischia di essere spazzato via con ricadute drammatiche per i cittadini.

So che per voi anche il volontariato è importante…
È un fattore fondamentale e decisivo. Stiamo in piedi grazie all'apporto gratuito di volontari, a tutti i livelli. Oggi con la crisi si tende a far passare l'idea che i piccoli centri vadano aboliti. È un errore madornale. Il piccolo comune è la forma dello Stato più prossima al cittadino. Bisogna avere il coraggio di andare a vedere chi amministra bene e male. Siamo un presidio fondamentale della capacità di coinvolgimento sociale della cosa pubblica. Capacità che non hanno le grandi realtà.

Un allarme sociale sempre più pressante è quello delle slot machine. Anche ad Imbersago avete il problema?
Grazia a Dio fino ad oggi no. Rimane per ora un fenomeno marginale. Non abbiamo sale slot ma solo alcune macchinette sparse. Non abbiamo quindi immaginato soluzioni a riguardo. Ma il tema anche qui torna ad essere il rapporto con lo Stato.

Perchè?
Roma per incassare denari dal gioco d'azzardo genera disagi sociali. Loro incassano i Comuni, che dovranno prendersi in carico il problema, pagano. Mi sembra una politica veramente di corto respiro.

Vita ha lanciato a riguardo il Manifesto No Slot. Lo firmerebbe?
Lo firmo. Certamente. 


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