Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

A Davos le grandi ong sotto accusa

Il World Economic Forum punta il dito contro le big diventate ormai «grandi burocrazie». Sergio Marelli lancia l'allarme anche in Italia: «Se le grandi sigle soppiantano il tessuto più tradizionale del non governativo italiano diventa un problema»

di Redazione

«Le ONG oggigiorno non sembrano più davvero concentrate nella risoluzione dei problemi sociali, sembrano diventate grandi burocrazie che hanno soffocato la loro missione iniziale». E ancora: «Inizia a farsi largo la teoria che le piccole ONG e le imprese sociali possano essere più efficienti nel trovare soluzioni efficaci contro la povertà anche perché meno interessate e obbligate a raccogliere fondi per finanziare i crescenti costi fissi delle ONG di grandi dimensioni». A Davos dove è in corso il World Economic Forum n°43 sono questi i temi ( discussi nel panel “NGOs: New Models for the 21st Century”) che stanno accendendo il confronto all'interno del mondo dei cooperanti come ricorda il blog http://bandiong.blogspot.it/.

Un dibattito che il nostro mensile aveva lanciato a inizio mese nel numero in edicola il cui il nostro blogger Sergio Marelli aveva ragionato sul boom di inteventi delle sigle internazionali nel nostro paese in questo pezzo firmato da Silvano Rubino:

Attenzione, non è tutto oro quel che luccica. L'”interventismo” italiano delle ong, soprattutto delle grandi sigle di matrice internazionale, può nascondere anche qualche rischio. In primo luogo di mettere a repentaglio, con la sempre più massiccia presenza di quelle che lui definisce nel suo ultimo libro (“Ong: una storia da raccontare”) “multinazionali” della solidarietà, il tessuto di piccole e medie organizzazioni basate sul volontariato e il radicamento territoriale che da sempre è il modello prevalente nel nostro paese. Sergio Marelli, navigato conoscitore del mondo della cooperazione internazionale non si sottrae al ruolo di voce critica di un fenomeno che appare in costante crescita.

Le perplessità di Marelli sono legate al fatto che questo tipo di spostamento di orizzonte, per ragioni organizzative e di disponibilità di fondi, è legato a doppio filo con il fenomeno della crescita e del sempre maggiore ruolo delle grandi centrali non governative. «Questa presenza», spiega, «è sicuramente il fenomeno organizzativamente più importante della storia della cooperazione non governativa in Italia, distante com'è dalla cultura organizzativa e operativa delle ong italiane. Certo, il fatto di aver anche in italia sigle di grande peso a livello internazionale ha aumentato l'impatto globale di advocacy del nostro mondo».

«È un modello molto diverso da quello italiano. Certo, si può affiancare, ma se diventa sostitutivo, se le grandi sigle soppiantano il tessuto più tradizionale del non governativo italiano diventa un problema. A mio parere le ong di piccole dimensioni, che operano su territori circoscritti, meno professionistiche, con meno personale, con tanti volontari, devono mantenere un grande ruolo. Anche perché non è detto che la maggior strutturazione, la maggior professionalizzazione siano sinonimo di maggiori risultati. Non si capisce perché in tutti i settori, compreso quello produttivo, il nostro Paese viene riconosciuto identitariamente, come fondato sulle piccole realtà, mentre sul fronte della cooperazione si debba a tutti i costi passare al modello anglosassone delle grandi centrali che “figliano”nei vari territori. Questo non vuol dire che le piccole realtà non debbano mettersi in rete e fare sinergia, intendiamoci. Anzi, questo tipo di collaborazione tra piccoli può essere la vera alternativa made in Italy alle multinazionali della solidarietà».

Marelli concorda sull'analisi di fondo che spinge alcuni di questi soggetti a intervenire direttamente con progetti in Italia, cioè sul peggioramento di tutti gli indicatori socioeconomici, ma ci tiene a precisare «che l'intervento delle grandi ong non è l'unica risposta. C'è spazio per tutti, purché non si finisca per spazzare via una storia italiana fatta di piccole realtà».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA