Cooperazione & Relazioni internazionali

Turkson, il cardinale anti tutto

Ghanese, presidente di Justitia et pax. Porporato dinamico e molto mediatico, aveva già risposto a una domanda sulla possibilità di un “papa nero”. Ma sulla sua candidatura pesa un oltranzismo anti Islam

di Giuseppe Frangi

C’è un cardinale africano Peter Kodwo Appiah Turkson tra i personaggi che i media di tutto il mondo accreditano come tra i papabili alla successione di Benedetto XVI. Ghanese, 65 anni, è stato nominato nel 2009 da papa Ratzinger alla testa del Pontificio consiglio Justitia et pax. Nella prima conferenza stampa concessa inaugurando il Sinodo per l'Africa, il 5 ottobre 2010, al giornalista che gli aveva chiesto se era realistico pensare a un Papa nero, dopo aver risposto «Why not?» ("Perché no?"), il Cardinale ha spiegato che ogni sacerdote, quando viene ordinato, dà implicitamente la propria disponibilità a diventare Vescovo, Cardinale o anche Papa. «Sta tutto nello stesso pacchetto», aveva detto strappando sorrisi tra i giornalisti.

Sempre nel 2010 Turkson aveva rilasciato una lunga intervista in cui aveva espresso con grande libertà, la sua visione sulla chiesa africana e sul rapporto con le chiese dei paesi sviluppati. «Oggi», aveva detto a proposito della secolarizzazione che colpisce il cristianesimo in occidente, «le Chiese d'Africa provano sentimenti di pietà filiale di fronte a certe situazioni e si sentono in dovere di sostenere le Chiese nelle terre d'origine dei loro missionari, anche con le loro misere risorse che possiedono. Spesso inviano uno dei loro sacerdoti per evitare che una chiesa di antica data debba chiudere per mancanza di preti. Per questo ci sono sempre più sacerdoti africani nel mondo. Ed è una grazia del Signore».

Decisa anche la sua presa di posizione rispetto all’informazione sul continente africano: «Anziché continuare a parlare genericamente di un'Africa che ha sempre dovuto soffrire per la mancanza di pace, si dovrebbe parlare di alcuni Paesi dell'Africa che patiscono per queste situazioni. E sarebbe ancora meglio se i Paesi fossero specificati. Sembrerebbe un esercizio inutile, ma contribuirebbe a frenare quella tendenza a generalizzare eccessivamente eventi ed esperienze del continente e a non parlare più solo in base a stereotipi. È di questo che l'Africa ha sempre sofferto».

Paladino della difesa dell’ambiente, Turkson ha sollevato clamore per la sua opposizione all’uso degli Ogm, molto motivata e circostanziata: «Proporre come soluzione ai problemi della fame nel mondo e delle carestie tecniche che non tengono conto della biodiversità delle coltivazioni africane o prevedono l'uso di organismi geneticamente modificati (ogm) non può che suscitare sospetti sulle reali intenzioni. Faccio un esempio. Un contadino africano che utilizza semi di mais conservati dal raccolto dell'anno precedente, forse avrà una resa leggermente più modesta di quella ottenuta con gli ogm. Sicuramente, però, non dovrà sborsare alcuna somma di denaro per l'acquisto dei semi. E soprattutto la sua attività non dipenderà da fattori esterni condizionanti, come la capacità e la volontà produttiva di aziende multinazionali. La vera domanda che ci si dovrebbe porre è un'altra:  è proprio impossibile, per il governo di un Paese cosiddetto affamato, adottare iniziative in grado di assicurare nutrimento per i propri cittadini senza scendere a compromessi? Credo che basterebbe uno sforzo minimo di buona volontà politica e di amore per il proprio popolo. Un altro piccolo esempio:  il Burkina Faso è molto più vicino al deserto rispetto alla parte settentrionale del Ghana. Pochi fiumi percorrono il suo territorio, quindi ha meno acqua del Paese confinante. Eppure ha messo in campo un programma di dighe, pozzi e irrigazione talmente efficiente da consentirgli di coltivare oggi alcune specie di frutti, verdure e ortaggi che il più florido Ghana non si può permettere di produrre con le sue attuali strutture. Non credo servano altre parole».

Ma sulla candidatura di Turkson potrebbe pesare la sua intransigenza nei confronti dell’Islam. Nel corso del Sinodo che si era tenuto nell’ottobre scorso, Turkson aveva fatto proiettare un vide di sei minuti intitolato Muslim demographics. La tesi del video è che in pochi anni la crescita demografica dei popoli musulmani travolgerà i paesi occidentali. Il tono del video è aggressivo e ostile agli islamici considerati come pericolosi nemici.  Tanto che il segretario generale del Sinodo monsignor Nikola Eterovic aveva preso le distanze:  «Non è la posizione del Sinodo. Il documentario è stato presentato come una provocazione per aprire una discussione». E il cardinale di Parigi André Armand Vingt Trois aveva protestato: «Questa è una visione manichea che non è la nostra. Non possiamo fare una crociata antislamica».


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