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Economia & Impresa sociale 

Il Private banking “costruisce” filantropia

Banca Profilo e Medici con l'Africa Cuamm promuovono insieme un convegno sulle nuove frontiere del social impact investing

di Redazione

Come si concilia una boutique specializzata nel Private Banking con un incontro sulla filantropia al tempo della crisi? L’interrogativo sorge spontaneo alla vigilia del convegno “Costruire Filantropia” che Banca Profilo insieme a Medici con l’Africa Cuamm promuove a Milano il prossimo 7 marzo (in allegato la locandina). Vita.it ha girato l’interrogativo a Fabio Candeli, amministratore delegato di Banca Profilo e a don Dante Carraro, direttore dell’ong italiana. L’intervista si è svolta al primo piano del quartier generale di Banca Profilo, in via S. Martino a Milano.

Candeli, non avete un responsabile Csr, e a quanto si sa non vi siete mai relazionati con realtà non profit, ma avete deciso di organizzare un convegno sulla filantropia. Come si spiega?
Fabio Candeli. «Sin’ora abbiamo collaborato con organismi nazionali e che operano sul territorio che conosciamo e seguiamo da anni. Vero è che come nostra filosofia abbiamo scelto fin dall’inizio di non dare pubblicità a certe iniziative. Per noi è importante che marketing e filantropia rimangano ambiti ben distinti».

Ora però avete organizzato un incontro pubblico. Perché?
FC. «Se analizziamo il contesto attuale, fortemente mutato, constatiamo che gli interventi sociali promossi da Stato e Istituzioni mostrano un costante arretramento. Da qui la necessità, da una parte di trovare strade alternative, e dall’altra – e questo ci riguardo in prima battuta – di dare ai nostri clienti che volessero impegnarsi nel sostenere iniziative sociali, gli strumenti necessari per poter scegliere, in un contesto complesso e articolato, l’organizzazione più coerente con le proprie aspettative . Del resto il nostro approccio a queste tematiche ricalca quello che abbiamo in ambito di investimenti finanziari».

Ovvero?
FC.«Massima trasparenza, semplicità e possibilità di conoscere con precisione le ricadute degli investimenti. Quindi niente strumenti derivati o particolarmente complessi. L’impatto deve essere sempre misurabile e tracciabile».

Dante Carraro, ha sentito? Quali rischi e quali opportunità vede nella discesa nel campo della solidarietà di realtà come Banca Profilo?
don Dante Carraro. «Nel mondo anglosassone si parla di accountability. In altre parole il passaggio da uno schema di finanziamento pubblico a uno fondato su donatori privati ci costringe – finalmente dico io – a rendere conto a qualcuno in carne ed ossa dei nostri interventi e della loro efficacia. E quindi di tenere l’asticella dei costi di supporto molto bassa. E questo è sicuramente un aspetto positivo».

Non ci si può però nascondere che qualsiasi azienda privata ha esigenze commerciali che non sempre coincidono con quelle della solidarietà…
DC. «È vero, ma credo che se noi ong dobbiamo farci contaminare da criteri di efficientismo proprio del profit è altrettanto vero che se una Banca ci apre le porte, lei stessa potrà acquisire logiche proprie del nostro approccio e del nostro lavoro. Poi certo in alcuni casi, quando questa contaminazione diventa impossibile, meglio prendere strade diverse».

Candeli, giovedì il convegno. Dopo di che cosa succederà? È possibile immaginare altri passi di Banca Profilo nella direzione dell’impegno sociale?
FC. «È possibile. Ci stiamo riflettendo, in un ottica consapevole e professionale. Sempre però tenendo presente che la responsabilità sociale è già connaturata nel nostro modo di lavorare e che non vogliamo confinarla in un angolo della nostra azienda o limitarla ad una semplice reportistica. Noi vogliamo continuare a fare il nostro lavoro nell’ottica della massima trasparenza possibile, ponendoci contestualmente l’obiettivo di avvicinare il  profit al non profit e viceversa. Le voglio citare un caso emblematico».

Prego…
FC. «Recentemente, nell’ambito del servizio di investimento diretto in aziende, alcuni Clienti di Banca Profilo hanno investito in una start up, la 99 Technology, che ha brevettato un sistema di sanitarizzazione per sale operatorie, ambulanze, camere d’albergo e altri ambiti su cui crediamo molto. Lo statuto di questa azienda prevede che una percentuale degli utili sia destinato alla costituzione di una Fondazione che finanzierà l’acquisto di macchinari per la sanitarizzazione medica in Paesi che non se la possono permettere. Ritengo che questo sia un meccanismo virtuoso sia dal punto di vista commerciale che da quello del social impact».


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