Politica & Istituzioni

Che cosa farà il drappello aclista in parlamento

Sono ben sei gli eletti provenienti dal movimento: non accadeva da molti anni. La legislatura si prospetta difficile. «Ma dobbiamo darci strumenti per essere incisivi»

di Giuseppe Frangi

Direzione nazionale delle Acli dedicata ad un esame dei risultati elettorali, sotto la guida del neo presidente Gianni Bottalico. Dato il tema all’ordine del giorno sono stati invitati anche i parlamentari eletti che in passato hanno svolto ruoli dirigenziali nelle Acli nazionali o territoriali. E qui è la prima notizia sfuggita ai più: in questa legislatura le Acli possono contare su un drappello di ben sei eletti (tutti eletti nelle liste del Pd, eceeto l'ex presidente Olivero, eletto e nominato coordinatore nella fila della Scelta Civica di Monti e Andrea Causin, anche lui eletto con Monti) : oltre a Luigi Bobba e Andrea Olivero, già presidenti nazionali, sono stati eletti anche Federico Gelli, già responsabile delle Acli a Pisa, Andrea Causin, già segretario delle Acli giovani, Silvio Lai, ex presidente dell’associazione in Sardegna e Giorgio Zanin, ex responsabile a Pordenone. Dice il veterano Gigi Bobba: «Sono tutte persone che hanno condiviso con me una stagione feconda ed entusiasmante delle Acli e sono contento che, dopo un’esperienza nelle amministrazioni locali o nei consigli regionali, siano ora in Parlamento». Certo non è un debutto semplice, perché si prospetta una legislatura molto complicata. «Per questo diventa ancora più importante parlarsi e fare rete per sviluppare iniziative comuni e cercare di essere più incisivi. Dei sei due sono stati eletti con Monti e quattro invece siamo nel Pd».

Bobba ricorda che non è la prima volta che le Acli si trovino così rappresentate in Parlamento, ma da 40 anni una cosa così non accadeva: «C’era stata la stagione del collateralismo alla Dc, finita poi con la scelta per il pluralismo del 1972. Da allora i numeri dei politici di provenienza dal movimento si era molto assottigliato. Oggi c’è stata una ripresa dovuta al fatto che le Acli hanno espresso un buon numero di amministratori a livello locale: tolto io ed Olivero gli altri vengono tutti da esperienze di quel tipo».

Bobba sa, per esser stato protagonista di quella stagione in qualità di presidente delle Acli, come sia importante la conquista dell’autonomia del sociale rispetto alla politica. Una presenza così massiccia non rischia paradossalmente di riportare l’orologio indietro? «No. Perché quella degli anni 90 è stata una conquista che definirei identitaria. Oggi la situazione è tutta diversa e per chi va in politica si tratta di portare un’esperienza e di scegliere priorità che difendano o aiutino le libertà sociali». Bobba ha anche in mente un meccanismo proprio per salvaguardare l’autonomia dell’associazione. È la Fondazione Achille Grandi, che già esiste da 4 anni per iniziativa delle Acli stesse, e che potrebbe essere il luogo di compensazione tra la realtà associativa e le rappresentanze scese in politica. Potrebbe aggregare anche tante persone che hanno responsabilità istituzionali ad altri livelli e rappresentare così un punto di aggregazione per sviluppare iniziative congiunte e quindi più incisive». Del resto, sottolinea Bobba, le associazioni hanno iniziato a proietare la loro azione in forme nuove e inedite rispetto alla loro storia. «Ad esempio l’impresa sociale, che non è una forma obbligatoria per una forma associativa, ma attraverso cui si espirme oggi quella stessa vocazione associativa. Così credo valga per la politica»


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