Cooperazione & Relazioni internazionali

Storia di Bergoglio. La sua chiesa è nelle strade

Il suo stile da arcivescovo di Buenos Aires è una buona chiave per capire quale sarà il suo stila da papa. Forse non prenderà più il metro, ma per il resto

di Giuseppe Frangi

Chi è il nuovo vescovo di Roma, papa Francesco, alias Jorge Maria Bergoglio? È un uomo che non ha nulla dell’immagine compassata e sempre un po’ affettata che caratterizza la gerachia ecclesiastica. È un uomo di una normalità che può lasciare sconcertati se si pensa al ruolo che ha rivestito (nella foto di copertina lo si vede parlare con un passeggero qualunque, nella metropolitana di Bueno Aires).

Bergoglio è un uomo dalle idee molto chiare e molto semplici. È un vescovo di strada, non solo per il fatto di fare una vita del tutto normale, ma perché la strada è l’orizzonte in cui si muove. Non concepisce lo spazio chiuso delle parrocchie e delle chiese. A Buenos Aires ad esempio aveva promosso Carpa misionera, Tenda missionaria: un tavolino e una tenda gialla portata nei luoghi più frequentati della metropoli argentina, dove ragazzi e preti portano una Virgen de Luján, la Madonna venerata nel santuario nazionale e poi si dice messa. Ci sono le confessioni. Qualcuno di loro inizia a girare per tutta l’area della stazione, distribuendo a chi passa e a chi sta fermo un santino con l’immagine di Gesù e una preghiera. In tanti si avvicinano, chiedono una benedizione, lasciano nelle cassette sui tavolini piccoli messaggi chiedendo per sé e per gli altri la salute e il lavoro, preghiere e messe per i cari defunti, l’allegria e il riposo dagli affanni.

Ma quello che più sorprende è lo striscione con scritto: «Bautismos aquí, battesimi qui». Sotto c’è un tavolino dove due ragazzi prendono nota delle richieste di nuovi battesimi. Quando poteva Bergoglio arrivava non annunciato a dire lui la messa. Come ha raccontato Gianni Valente in un bel reportage pubblicato da 30 Giorni nel 2011. Le sue prediche sono sempre molto brevi e ben attente all’interlocugtore a cui si rivolgono.

Valente, in quel reportage, ad esempio ha trascritto questa: «Chiediamo a Gesù tutto quello di cui abbiamo bisogno. Chiediamolo al Padre in nome di Lui, chiediamolo a Lui perché lo chieda al Padre. Come i poveri che chiedevano tutto a Lui, quando passava per le strade e loro gli andavano intorno. Gesù ci tiene molto a stare con noi altri, con tutti noi altri, con tutti quelli che passano per la strada. È una cosa che interessa prima di tutto a Lui. Se ci fosse stato su tutta la terra un solo uomo o una sola donna, avrebbe offerto la sua vita ugualmente, per quel solo uomo o quella sola donna». Predica finita.

Attento ai poveri, Bergoglio non si fermava davanti a niente. Era familiare nelle villas miserias – le favelas argentine, a metà strada tra baraccopoli e quartieri operai. Qui i suoi preti eredi dei curas villeros, preti terzomondisti degli anni 80, continuano a costruire cappelle dai nomi inequivocabili (Santa María Madre del Pueblo a Bajo Flores, Cristo Obrero a Villa de Retiro, Cristo Libertador a Villa 30) dove celebrare battesimi, matrimoni e funerali, recitare rosari, organizzare processioni.

E nello stesso momento lavorano per sostenere le istanze materiali e politico-sociali dei villeros: commissioni per l’acqua, per le fogne e l’elettricità, per far arrivare anche alle villas un minimo di assistenza sanitaria, resistenza organizzata ai piani di demolizione periodicamente messi in campo dai diversi regimi militari, cooperative edili, mense popolari.

«Celebrare l’Eucaristia insieme al popolo è diverso che celebrarla tra noi vescovi separatamente. Questo ci ha dato vivo il senso dell’appartenenza alla nostra gente, della Chiesa che cammina come popolo di Dio, di noi vescovi come suoi servitori», aveva detto all’indimani della storica conferenza dell’episcotao latino americano all’Aparecida, cui aveva preso parte anche Benedetto XVI. E poi, in piccola battuta, aveva condensato tutta la sua visione: «Il primo dei mie punti chiave è questo: dal basso verso l’alto».


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