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Perché i poveri donano di più?

Molte ricerche condotte negli Stati Uniti sulla generosità in proporzione al reddito non lasciano dubbi: chi guadagna meno dona di più. Le ragioni non sono del tutto chiare. Ma c'è chi spiega il fenomeno senza giri di parole: "I ricchi sono più str..."

di Gabriella Meroni

Quando un ricco americano fa una sostanziosa donazione, tutti ne parlano. Ci sono conferenze stampa e servizi televisivi. E a sentire i nomi altisonanti di Rockefeller, Carnegie, Stanford e Duke, chiunque crederebbe che la storia della generosità americana l'hanno scritta i milionari. E invece no.

Secondo un interessante articolo uscito su The Atlantic, la realtà è ben diversa: son i meno abbienti, quelli che non se lo potrebbero permettere, che donano di più in percentuale sul proprio reddito. Nel 2011 gli americani più facoltosi (quelli con un reddito all'interno del 20% più ricco) hanno donato in media l'1,3% dei loro redditi, mentre i cittadini nella parte bassa della piramide (nel 20% più basso) hanno donato il 3,2%. Per di più, i donatori più poveri non possono neppure godere delle agevolazioni fiscali, come le sostanziose detrazioni previste dalla legge Usa, poiché queste riguardano solo i redditi medio-alti.

Ma perché i "poveri" sono più generosi? O meglio: perché i ricchi sono più avari? Una possibile spiegazione arriva da Paul Piff, docente di psicologia a Berkeley, secondo il quale "sebbene avere molto denaro non influisca per forza sui comportamenti, i ricchi tendono a collocare in cima alle loro priorità i propri interessi rispetti a quelli delle altre persone", e sono anche "più propensi a mostrare quelle caratteristiche che assoceremmo, per così dire, agli stronzi". Linguaggio colorito a parte, le ricerche del professor Piff confermano: messi di fronte agi stessi bisogni, i cittadini con scarsi mezzi o che si collocano negi strati più bassi della società donano di più, in percentuale, rispetto ai più abbienti.

Agli stessi risultati sono arrivati i ricercatori del Chronicle of Philanthropy, che hanno anaizzato gi importi delle donazioni in decine di distretti postali: in quelli delle zone meno centrali o di prestigio, le donazioni crescevano. Iluminante l'esempio de Maryland: i sobborghi popolari di Suitland e Capitol Heights hanno sbaragliato lo stiloso quartiere di Bethesda. Non solo: i ricchi (che guadagnano oltre 200mia dollari l'anno) che vivono in quartieri "misti", accanto a persone della classe media o a case popolari, donano di più di quelli che abitano in quartieri centrali o residenziali riservati. L'isolamento, insomma, deprime la generosità.

Profonde differenze separano ricchi e poveri anche quando c'è da scegliere il beneficiario. I meno abbienti donano preferibilmente ad associazioni reigiose o che si occupano di assistenza sociale; i milionari premiano scuole e università, associazioni che si occupano di arte o musei. Se si scorrono le prime 50 donazioni per importo nel 2012, si scopre che 34 sono andate a università d'élite come Harvard, Columbia o Berkeley, 9 a musei famosi come il Metropolitan, e le altre 7 si sono suddivise tra cliniche private e associazioni fashion come la Central Park Conservancy. Nessuna è stata indirizzata verso charities che si occupano di poveri o disagiati, neppure le più note come  United Way, Salvation Army, Feeding America.


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