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Bullismo: uno su due si ferma a guardare

Bullismo e cyberbullismo al centro di un'indagine europea. Presentata la campagna con un video. Ernesto Caffo ricorda i passi avanti di Telefono Azzurro in rete da Fb al sito rinnovato, alla chat per «parlare ai ragazzi là dove sono»

di Antonietta Nembri

Un fenomeno in evoluzione. È quello del bullismo che si evolve e si modifica e così anche le risposte di contrasto si evolvono di conseguenza. Bullismo e cyberbullismo sono del resto al centro di una campagna europea e di una ricerca realizzata con il progetto E-Abc – Antibullying Campaign che ha coinvolto 16.227 giovani delle scuole superiori di Italia, Grecia, Lituania, Bulgaria, Estonia e Lettonia. Per l’Italia, rappresentata da Telefono Azzurro, hanno partecipato oltre 5mila studenti.

Oggi, martedì 9 aprile, a Milano è stata lanciata la campagna europea antibullismo che si avvale anche di un video.
Come sottolinea Ernesto Caffo, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università di Bologna, nonché fondatore e presidente di Telefono Azzurro «La campagna mette in risalto non solo le vittime o i bulli, ma anche i testimoni. L’indagine ci dice che il 15% degli adolescenti italiani è vittima di atti di bullismo, mentre il 50% dei ragazzi ha assistito, partecipando e condividendo un’esperienza distruttiva». Il professor Caffo ha anche aggiunto che da parte degli specialisti deve essere aiutata non solo la vittima, ma anche il bullo. I dati della ricerca, infatti, mostrano come vittima e carnefici condividano una serie di fattori di rischio come per esempio i casi di alcolismo in famiglia (rispettivamente il 40.5% e il 40%), o i problemi economici e la disoccupazione delle famiglie di vittime e bulli (23,3% e 22,7).

In questo mese che da sempre Telefono Azzurro dedica alla campagna “Aprile Azurro l’associazione punta l’attenzione proprio sul bullismo «Accanto alle linee telefoniche (1.9696 e 116.000)  e alla chat, al numero di emergenza 114 abbiamo da poco lanciato un’App su Facebook e  proprio oggi abbiamo messo online il nostro sito rinnovato, perché è fondamentale parlare ai ragazzi là dove sono presenti», ma non basta. Continua ancora Caffo «ci rapportiamo con la scuola, puntiamo a formare gli insegnanti, lavoriamo molto anche con i progetti europei perché i problemi di bambini e adolescenti del continente sono molto simili anche se nei paesi del Sud Europa il bullismo è presente in misura minore che nel Nord. Quello cui dobbiamo puntare è alla creazione di una rete capace di cogliere le prime difficoltà e offrire le prime risposte».

Non a caso alla presentazione della campagna di Telefono Azzurro erano presenti Sergio Bernasconi, professore ordinario di Pediatria, all’Università di Parma, Giovanni Corsello, ordinario di Pediatria dell’Università di Palermo e presidente della Sip (Società italiana di pediatria) e la professoressa Silvia Vegetti Finzi, ordinario di Psicologia dinamica all’Università di Pavia. Bernasconi ha ammesso che occorre avviare la formazione dei pediatri anche in questo campo «deve essere il medico di prima linea capace di cogliere le situazioni di disagio. Noi pediatri grzie all’intervento di Telefono Azzurro stiamo cercando di colmare il gap culturale soprattutto nei confronti del cyberbullismo attraverso specifici moduli formativi rivolti ai pediatri di base» Sulla stessa lunghezza d’onda anche Corsello che ha sottolineato il ruolo che possono svolgere i pediatri e come il fenomeno del bullismo sia materia di studio e ricerca da parte della Sip «i dati che emergono di questo fenomeno in espansione ci obbligano a una presa in carico multidisciplinare», Corsello ha annunciato la realizzazione di linee guida e raccomandazioni che saranno diffuse tra i pediatri di base.

«La configurazione sociale di vittime e carnefici è molto simile, l’essere l’uno o l’altro dipende molto dal temperamento personale, spesso poi si è l’uno e l’altro» ha rivelato la professoressa Vegetti Finzi «Gia alla scuola materna ci possono essere dei principi del fenomeno che portano le vittime anche a dei disturbi psicosomatici o al rifiuto della scuola». Per sgombrare il campo da equivoci c’è da sottolineare che alla materna «non c’è consapevolezza morale, spesso è esuberanza fisica, ma la vittima soffre molto e gli insegnanti devono essere in grado di monitorare il fenomeno».
Per Vegetti Finzi, dal punto di vista dell’educatore è molto importante il ruolo dello spettatore «che sa di assistere a qualcosa di asociale. Non credo alla risposta dei ragazzi: il 54% dice di aiutare la vittima. Ma di fronte al 35% dei ragzzi che afferma di non sapere come aiutare deve entrare in gioco l’educazione per stimolare una riposta collettiva, far scattare una solidarietà collettiva».

Creare una rete, aiutare la vittima a ritrovare la fiducia in se stessa, aiutare anche il bullo a modificare il suo comportamento, senza dimenticare di lavorare con la classe attraverso gli esperti. «In certi casi occorre intervenire in modo mirato anche con la famiglia. Ma tutto questo costa. Per questo occorre prevenire, magari anche con i pediatri» ha aggiunto Caffo. con un “nota bene” sottolineato da Vegetti Finzi «occorre distinguere: il bullo è qualcuno che fa qualcosa di violento, non è un violento. Occorre lavorare sulle sue positività».

Per intervenire, però, ricorda infine Caffo, oggi «non si può prescindere dalla rete». Ed è per questo che Telefono Azzurro sta potenziando il suo intervento online come dimostrano il sito rinnovato  e il progetto “Giovani protagonisti” sempre online dal sito azzurro.it, l’app di Fb.
Al bullismo sarà dedicato l’evento di piazza del prossimo 20 e 21 aprile dal titolo “Ci vuole un fiore”. In 2.300 piazze italiane saranno presenti circa 5mila volontari per raccogliere fondi a sostegno dei progetti dell’associazione con il fiore della Calancola.