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Nuovo “Chicco di felicità” per bambini speciali

Alla presentazione della nuova campagna "Chicco di felicità". Marco Griffini fa il punto sul calo delle adozioni internazionali, non solo per la crisi economica. Per gli special needs Aibi vuol sperimentare le vacanze pre-adottive

di Antonietta Nembri

La presentazione di una nuova campagna è diventata l’occasione per parlare di adozione internazionale con il presidente di Aibi – Associazione Amici dei Bambini, Marco Griffini. Ieri, giovedì 18 aprile, è stato presento il nuovo “Chicco di felicità”, il charm solidale che da tre anni sostiene il progetto avviato nel 2010 da Chicco e Aibi. Guarda alla festa della mamma del prossimo maggio la nuova edizione del “Chicco di felicità” che Stroili Oro e Chicco hanno presentato con una merenda dedicata alle mamme a Milano. Tra le tante mamme presenti ieri pomeriggio anche Martina Colombari.

Oltre 150mila a oggi le persone che già indossano i Chicchi di felicità, questo ha permesso di raccogliere fondi a sostegno delle attività di informazione, formazione e accompagnamento all’adozione delle coppie e dei bambini speciali, definiti “special needs” ovvero bambini con piccoli problemi fisici, grandi (oltre i 7 anni) o le cosiddette “grandi fratrie” cioè gruppi di tre fratelli e più. In questi anni sono stati aiutati ben 355 bambini speciali a trovare una famiglia.

Sono tanti i bambini speciali che cercano una famiglia, ma sempre meno coppie disposte all’adozione. «I dati diffusi da poco dalla Cai continuano a segnalare un calo delle idoneità rilasciate alle coppie» osserva Marco Griffini, presidente di Aibi, che sottolinea anche il calo dei bambini stranieri adottati in Italia nel 2012: 3016 contro i 4022 dell’anno precedente. «Quasi mille bambini in meno hanno trovato una famiglia e se si pensa che dal 2006, quando le coppie idonee all’adozione erano oltre 6mila, a oggi si è assistito a un crollo si deve parlare di un vero e proprio dramma» continua Griffini. E non si tratta solo di un problema legato alla crisi economica, che c’entra ma non è determinante per il presidente di Aibi «l’erosione nel numero delle famiglie disposte ad adottare è costante negli ultimi anni, certo da settembre dello scorso anno si sono registrate rinunce per motivi economici, ma non è questo l’unico problema. Lo diciamo da tempo si tratta di contrastare una cultura negativa che riguarda l’adozione internazionale: la coppia non è vista come una risorsa. Anche per questo non appena si è insediato il nuovo Parlamento siamo ritornati alla carica con la nostra proposta di riforma sull’adozione. A presentare la proposta di legge il senatore Di Biagio».

E non va certo meglio sul fronte delle adozioni nazionali, ma ora c’è finalmente la banca dati nazionale dei piccoli adottabili. «C’è il regolamento, ma sembra che siano solo 8 i tribunali dei minori dotati di una banca dati» rivela con voce sconsolata Griffini che si chiede «ogni anno ci sono 1300/1400 bambini dichiarati adottabili, ma solo un migliaio sono quelli adottati e gli altri 3/400 dove vanno? Se non abbiamo una banca dati precludiamo loro la possibilità di essere adottati, magari anche all’estero, come accade in tutti i Paesi. Lì i bambini che non vengono adottati all’interno del paese entro sei mesi sono disponibili all’adozione internazionale. Negli Stati Uniti per esempio ci sono degli italo americani che adotterebbero un bambino italiano, ma non possono farlo perché non si sa chi sono i piccoli che non riescono a essere adottati in Italia e che potrebbero trovare una famiglia all’estero».

I bambini disponibili all’adozione internazionale sono sempre più grandi e per questo si stanno studiando nuove metodologie di formazione e approccio «stiamo studiando un progetto sperimentale con la Colombia, seguendo un metodo che negli Stati Uniti e in Germania è già avviato» spiega Griffini. «L’idea è quella, al di là della formazione della coppia, di dare il via a delle vacanze pre-adottive. Stiamo parlando di bambini di 9 – 10 anni che vengano accolti dalla famiglia che potrebbe adottarli e che ha già l’idoneità per dei periodi di vacanza e se scatta la scintilla si arriva all’adozione. In questo modo si potrebbe evitare il fallimento adottivo che quando i bambini sono grandi è un rischio reale», conclude Griffini.
 


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