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Cooperazione & Relazioni internazionali

Adozioni internazionali, o si svolta o si muore

Il governo Letta non ha ancora nominato il presidente della Commissione adozioni proprio nel momento di massima crisi del settore. Un ritardo da sanare al più presto. Cristina Nespoli: "Le associazioni sono state abbandonate. Serve una forte discontinuità col passato"

di Gabriella Meroni

Ieri 15 maggio si è celebrata la Giornata Internazionale della Famiglia, una giornata nella quale si sono moltiplicate iniziative quali convegni e giornate di studio ma in cui si è anche sentita la mancanza di un intervento da parte della politica. A sottolineare questo empasse ci hanno pensato alcune associazioni che si occupano di adozione internazionale, tra cui AiBi, che ha diffuso un duro comunicato  in cui ha chiesto come mai non sia stato ancora nominato il presidente della Commissione per le adozioni internazionali, conseguenza questa della mancata assegnazione della delega alla Famiglia a un sottosegretario del governo Letta.

Anche l'associazione Enzo B, per bocca della presidente Cristina Nespoli, lancia un appello affinché la presidenza della CAI, ora ricoperta dal Presidente del Consiglio, "venga al più presto affidata a un rappresentante del Governo che ne eserciti le funzioni in modo specifico e strategico". "Sentiamo la forte urgenza di individuare un riferimento che si impegni sulle criticità che questo periodo comporta, nel mero interesse di tutti quei bambini provenienti da paesi lontani e che aspettano di potersi ricongiungere alle proprie famiglie", sottolinea Nespoli.

Quali sono i problemi più urgenti nel vostro settore?
Una delle questioni fondamentali che abbiamo affrontato in questo periodo è la diminuzione delle domande di adozione internazionale, che non può essere legata solo e banalmente ai problemi della crisi economica. Certo, una famiglia che sceglie di avere un figlio con una gravidanza o con una adozione nazionale ha la totale gratuità del servizio, una famiglia che scelga la via internazionale si fa carico di un rilevante costo per completare il proprio progetto di famiglia. E questo è un limite. Sta poi di fatto che l’unico atto compiuto quest’anno dalla Commissione Adozioni  Internazionali nei confronti delle famiglie è stato rendere sempre più impervia la via dell’adozione, anche attraverso complicate indicazioni in materia di agevolazioni fiscali. Si è arrivati così tagliare le possibilità, già magre, di sgravio a seguito di spese legate all’adozione stessa.

Quali sarebbero state le priorità da discutere, secondo Enzo B?
Priorità sarebbe stata lavorare a livello internazionale sulla reputazione dell’adozione internazionale, rendere veramente efficace l’affermazione che, nelle azioni di protezione all’infanzia, l’interesse supremo è quello del bambino e il suo vero e principale diritto è quello di avere una famiglia. La nostra società invecchia. Come ha rilevato il Ministro Kyenge, ci sono migliaia di bambini stranieri che in realtà sono cittadini italiani, che apportano ricchezza non solo culturale. In quest’ottica una famiglia italiana che adotta deve essere considerata famiglia a tutti gli effetti e non una famiglia di serie B. Perché è una famiglia che contribuisce alla crescita del nostro Paese.

Quindi anche voi condividete le critiche avanzate in questi giorni da altre organizzazioni alla CAI e al suo ex responsabile, il ministro Riccardi?
Abbiamo registrato la presa di posizione di AIBI, che si lancia da un lato in una reprimenda senza precedenti sulla gestione della CAI da parte del Ministro Riccardi,  definito “il peggior presidente che la storia della CAI ricordi” e, dall’altro lato, celebra la Vicepresidente uscente, Daniela Bacchetta, che avrebbe salvato le sorti delle adozioni internazionali in Italia. Non intendo cadere in facili polemiche, ma dubito che molti Enti auspichino la continuità di una gestione che ha assicurato al sistema delle adozioni internazionali italiane non solo la più grave crisi della sua storia, ma che ha sistematicamente negato ogni interlocuzione costruttiva con gli Enti Autorizzati invece che tutelare e promuovere gli interessi reali dei bambini abbandonati e delle famiglie italiane. A me sembra che chi ha veramente retto le sorti dell’adozione internazionale siano stati gli Enti, che in arrampicata solitaria hanno tenuto le posizioni, hanno portato avanti centinaia di adozioni, ottenute spesso con le unghie e con i denti, senza il sostegno e l’aiuto di nessuno.

Qual è la via d'uscita, secondo voi?
Una vera e radicale svolta dell’intero comparto, che passi attraverso una assoluta discontinuità di visione e di metodo, partendo dalla struttura stessa della CAI, che ne faccia un soggetto più snello e partecipato da tutti gli attori del sistema, passando attraverso una riforma della fiscalità per le famiglie, per arrivare ad una vera e propria diplomazia delle adozioni. Per fare ciò serve sicuramente visione e responsabilità politica, e, su questo, non possiamo che essere d’accordo con AIBI nel sollecitare il Governo ad assumersi le proprie responsabilità.

 


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