Cooperazione & Relazioni internazionali

Da oggi la Cai è “decentrata”

La Cai cambia sede e lascia largo Chigi. Un allontanamento fisico che - speriamo - non sia indice anche di un allontanamento di attenzione

di Sara De Carli

Presidenza del Consiglio, addio. Da oggi la Commissione per le Adozioni Internazionali lascia Largo Chigi, 19 dove ha sempre avuto sede. Gli uffici della CAI sono stati trasferiti in Via di Villa Ruffo, 6 nel palazzo dove ha sede il Cnel. Sono solamente tre chilometri di distanza, che però hanno un sapore amaro: l’allontanamento fisico dalla Presidenza del Consiglio suona fin troppo facilmente come una metafora di un allontanamento di attenzione, cura, preoccupazione per il tema stesso. In un momento, per giunta, in cui le adozioni internazionali sono in grande crisi e ci sarebbe bisogno di un di più di politica a loro supporto.

Un segnale un po' inquietante, che va ad aggiungersi al ritardo sul nome di chi sarà il nuovo presidente della Cai, di chi cioè avrà la delega alle adozioni internazionali: di questa delega, come di quella alla famiglia o alla cooperazione internazionale a quattro settimane abbondanti dalla nascita del Governo Letta non si sa ancora nulla. Storicamente la delega alle adozioni è stata sempre data a un sottosegretario incardinato presso la Presidenza del Consiglio, tranne quando ci fun un Ministro della Famiglia, con Rosy Bindi.

Francesco Mennillo è uno dei tre rappresentanti delle associazioni famigliari in seno alla CAI. «Preoccupazione» non la avverte, anche se ammette che «questo decentramento renderà un po’ più complicato il lavoro della Commissione, ad esempio a me in questo anno alla CAI è capitato moltissime volte di aver bisogno di informazioni dal capo di gabinetto del ministro Riccardi, bastava spostarsi di stanza per averle. Ora logisticamente le cose si complicheranno, soprattutto credo sia evidente che il ministro o sottosegretario che ci seguirà non potrà essere fisicamente lì con noi».

Mennillo, che è presidente del Coordinamento Famiglie Adottanti in Bielorussia, sta promuovendo in questi giorni sul web una petizione in favore delle adozioni internazionali, dal titolo "L'adozione non è una opera di bene di una società accogliente, ma il segnale di saper guardare lontano". La petizione prende l'avvio dalla «concreta e diretta esperienza sul campo, che ci ha dimostrato che la possibilità, per una coppia, di concludere l’iter adottivo con esito positivo e con tempistiche accettabili, è un fatto del tutto aleatorio». La petizione chiede tra l'altro una riorganizzazione della CAI, attualmente è caratterizzata da una «strutturale scarsa cooperazione» con il MAE, cosa che «vanifica le concrete opportunità di espansione, d’incisività e di controllo delle adozioni internazionali». Si chiede di «far diventare la CAI da ente controllore a “soggetto che sviluppa le adozioni internazionali” e crea nuove opportunità per le famiglie» e di indicare ufficialmente un rappresentante MAE presso le ambasciate italiane, esperto delle procedure adottive nel Paese straniero a supporto degli Enti autorizzati e delle famiglie con compiti di verifica di eventuali situazioni di difficoltà e di interfaccia con le autorità locali.
Tra i punti da promuovere ci sono anche le frequentazioni pre-adottive in Italia per dare ai bambini grandi «la possibilità di testare la famiglia, perché non è scontato che un bambino grande accetti e accolga la sua nuova famiglia», lo sviluppo del sistema dei permessi studio per i minori stranieri, l'acquisizione immediata del diritto di cittadinanza del maggiorenne extracomunitario all’atto dell’adozione da parte di una famiglia italiana in presenza di comprovata pregressa e continua conoscenza e frequentazione.


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