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Nasce Comunitalia, rete di comunità terapeutiche

Comunitalia rappresenta una novità assoluta nel panorama delle dipendenze. Aggregando attraverso le rappresentanze nazionali e regionali di fatto tutte le Comunità italiane accreditate e/o autorizzate al funzionamento in ambito sanitario. Con uno scopo: difendere il diritto di cura e non morire

di Redazione

Ormai da 3 anni le grandi reti italiane che si occupano di dipendenze patologiche, stanno lavorando insieme intorno ad un progetto volto a consentire, nel rispetto delle diversità di approccio metodologico di ciascuna comunità terapeutica, la costruzione di un percorso finalmente unitario per il miglioramento e l’implementazione del sistema privato accreditato di prevenzione e cura delle dipendenze patologiche.

Il lavoro sino ad oggi svolto è esitato nella costituzione di un organismo associativo unitario Comunitalia CT, che raccoglie in sé le principali reti e coordinamenti di livello nazionale e regionale cui aderiscono comunità terapeutiche accreditate e/o autorizzate al funzionamento in ambito sanitario.

Comunitalia rappresenta una novità assoluta nel panorama delle dipendenze. Aggregando attraverso le rappresentanze nazionali e regionali di fatto tutte le Comunità italiane, sintetizza in sè  storie ed esperienze diverse che spesso, negli anni, si sono guardate da lontano e con sospetto, e che oggi condividono una finalità unica: migliorare i livelli gestionali, economici, finanziari, operativi delle organizzazioni che vi aderiscono. 

Una svolta storica, nel mondo delle dipendenze, che unisce e rafforza i singoli soci all’interno di piattaforme e proposte che diventano collettive. Un organismo tecnico indirizzato a miglioramenti esclusivamente operativi e gestionali che, nel riconoscimento dell’accreditamento presso le istituzioni regionali, pone le basi di un intervento professionale e metodologicamente valutabile.

 Lo scorso 31 gennaio è stata l’occasione per una prima valutazione del percorso svolto da Comunitalia nei suoi primi anni di vita. In collaborazione con il Dipartimento per le Politiche Antidroga, che ha facilitato la costituzione di Comunitalia e ne ha finanziato l’attività di analisi del sistema gestionale ed amministrativo delle Comunità Terapeutiche italiane, si è svolto a Roma un workshop che ha consentito di presentare i primi dati raccolti da Comunitalia e di formulare le prime proposte di miglioramento.

La fotografia del sistema del privato sociale accreditato nel campo delle dipendenze patologiche presenta una situazione tutt’altro che omogenea sul territorio italiano. I dati raccolti da Comunitalia dimostrano di fatto quanto già appariva chiaro agli addetti ai lavori.

In campo sanitario i servizi per le dipendenze costituiscono l’anello debole delle politiche sanitarie regionali che, dopo la modifica del titolo V della Costituzione, hanno di fatto determinato un sistema di intervento a macchia di leopardo, con fortissime differenze tra regioni ed a volte anche tra Aziende Sanitarie della stessa regione.

Nonostante l'art. 1 del d.lgs. n. 502/92, aggiunge all’espressione “livelli essenziali” l'aggettivo uniformi, a testimonianza della volontà di eliminare diseguaglianze nella fruizione dell'assistenza sanitaria nelle varie aree del Paese, nel campo della cura per le dipendenze le differenze sono enormi e ricadono pesantemente sul diritto di cura dei cittadini utenti, violando il principio di uguaglianza sancito dalla Carta Costituzionale.

I dati raccolti dimostrano inequivocabilmente come vi sia una notevole difformità, nel campo dei servizi privati per le dipendenze, non solo nei budget destinati alla cura e riabilitazione, ma anche nell’individuazione dei criteri di riferimento del sistema (accreditamento, autorizzazioni al funzionamento) e della retta giornaliera.

E’ indubbio che un primo passo, necessario e non più rinviabile, finalizzato al rispetto del diritto di cura del tossicodipendente, non possa che essere una politica di omogeneizzazione dei diversi sistemi regionali di accreditamento e, conseguentemente, del tariffario giornaliero. Una omogeneizzazione che non deve significare omologazione, ma che deve essere tesa, salvaguardano le specificità positive di ogni regione, a garantire il minimo essenziale su tutto il territorio nazionale.

Un politica che però evidentemente non è sufficiente.

L’eventuale aumento delle rette, conseguente ad una definizione omogenea dei criteri di accreditamento, mantenendo l’attuale investimento economico delle regioni, provocherebbe un’ulteriore riduzione dei servizi e quindi di risposta ai bisogni dei cittadini.

L’investimento concreto delle politiche sanitarie regionali, in ambito dipendenze patologiche, è infatti assolutamente insufficiente.

La confluenza del fondo nazionale per le tossicodipendenze nel fondo indistinto per le politiche sociali ed il conseguente abbandono delle politiche territoriali di prevenzione ed inserimento lavorativo, l’incidenza sempre più alta della cronicità, il  recente inserimento tra i LEA del gioco patologico, le questioni legate alle tematiche carcerarie, l’irrisolta questione delle “nuove” emergenze (internet, social network, sesso, disturbi alimentari, ecc.), sono tutti temi che rendono ancora più complessa la problematica dipendenze e più evidente l’assoluta inadeguatezza delle risorse investite. Una inadeguatezza che determina costi sociali altissimi, che potrebbero essere evitati attraverso una programmazione ancorata alla certezza di risorse sufficienti.

In ogni regione italiana è in atto una riduzione generale del volume massimo di prestazioni erogabili previste negli accordi contrattuali con il privato accreditato, ma tale riduzione, per le Comunità Terapeutiche che già da sempre lavorano sotto soglia minima, incide pesantemente sul sistema, sia in termini di sostenibilità, sia, purtroppo, di qualità del servizio reso, con ogni immaginabile conseguenza nei confronti del cittadino.

Pertanto, qualsiasi intervento, in tema di requisiti di accreditamento e conseguentemente di calcolo della retta, finalizzato a garantire l’uniformità nell’applicazione dei LEA su tutto il territorio nazionale, non può essere disgiunto da un’adeguata previsione economica di ogni regione capace di sostenere il sistema stesso.

Occorre altresì aggiungere che da tempo molte Comunità, oltre a migliorare il proprio servizio residenziale di accoglienza e cura di persone dipendenti, svolgono un prezioso lavoro educativo all’interno della più vasta comunità territoriale. Le dipendenze, nelle loro sempre più variegate forme, costituiscono una delle derive sociali che sono originate principalmente dallo sfaldamento del tessuto educativo della nostra società. Non è possibile lavorare solo sul terreno della cura dimenticando di compiere una azione sistematica sul versante della prevenzione e, ancora più a monte, della educazione. Tutti capiscono che è una strategia miope, senza prospettiva di soluzione del problema nel medio/lungo periodo. Lavorare solo sul recupero, tutta la letteratura lo condivide ormai da tempo, è anche più costoso.

Da questa consapevolezza discende la necessità di un rinnovato impegno, di una presenza continuativa nei luoghi “cruciali” dell’educazione, in particolare la famiglia, la scuola e l’area dell’extrascuola, del divertimento, dello sport, della musica.

Molto chiare quindi le proposte che provengono da Comunitalia e che sono tese ad impegnare il futuro Governo su un tema, quello delle dipendenze, che ormai sembra essere pericolosamente dimenticato:

  1. Istituire un tavolo di confronto interregionale permanente, con la partecipazione del Dipartimento per le Politiche Antidroga, finalizzato a superare le diversità di applicazione dell’accordo Stato Regioni e dell’Atto di Intesa, con particolare riferimento ai criteri di accreditamento ed autorizzazione al funzionamento, a garanzia dell’uniformità dei LEA su tutto il territorio nazionale.
  2. Garantire in ogni Regione le risorse necessarie al mantenimento del sistema si cura e riabilitazione (pubblico e privato), calcolato in almeno  l’1,5% del budget assegnato dalle Regioni alla Sanità Regionale.
  3. Consentire il mantenimento e l’implementazione dei percorsi educativi e di prevenzione attraverso la reintroduzione del finanziamento che faceva capo al Fondo di Lotta alla Droga o almeno parte di esso, oggi drammaticamente confluito nei fondi della L.328, anch’essa tutt’oggi non applicata uniformemente in tutte le regioni.
  4. Definire un minimo standard per le rette da garantire su tutto il territorio nazionale, calcolato sulla base delle reali necessità in relazione ai criteri minimi di accreditamento ed alle specificità dei diversi servizi.

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