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Acli: «Tagliandolo si distrugge il collante del Paese»

La mancata distribuzione della quota destinata alle associazioni si traduce in solitudine e povertà sui territori.

di Gabriella Meroni

«Il taglio del 5×1000 taglia il collante che tiene assieme un Paese. I fondi del 5×1000 delle Acli non hanno una progettualità prevalente ma si distribuiscono su tutto il territorio italiano (e in piccola parte anche su quello internazionale) andando a declinarsi in centinaia di differenti iniziative legate a bisogni e risorse dei diversi territori che hanno come filo conduttore comune quello identitario delle Acli: promuovere socialità, sostenere esperienze in cui c'è un “mettere assieme” idee, talenti e competenze (cioè “beni comuni”) per risolvere “problemi comuni”, offrire servizi ed opportunità che promuovano cittadinanza». La posizione di Paola Villa, responsabile Funzione Innovazione, Progettazione sociale, Volontariato di Acli Nazionali, è chiara, e affronta la questione di scenario, più che stare sui conti di ragioneria.

Cosa produce il taglio? «Produce un'Italia che perde un po' di ciò che tiene assieme», continua Villa, «produce solitudine che è sinonimo di povertà e contrario di coesione sociale.  Per quest'anno si è cercato di non tagliare fuori nessuno. Ma ci si è ristretti un po' tutti». Gli esempi non mancano, e l'elenco è lungo.
«L'esperienza di Verona e Roma, che creano sistemi in cui si  rimettono in circolo prodotti avanzati: alimenti, farmaci, pane…. Si sarebbe voluto  replicarla in altri territori. È rimasta lì. L'iniziativa di Novara, con giovani disabili che diventano testimonial e cuochi. O quella di Milano, in cui i disabili prima si formano e poi fanno i formatori negli oratori con i bambini del catechismo. Avrebbe potuto avere il doppio dei partecipanti. Si sono fermati a metà. Viterbo che ha coinvolto i circoli Acli per organizzare attività di pulizia delle aree verdi e sensibilizzare al rispetto dell’ambiente e allo stare insieme, avrebbe potuto lavorare anche con le scuole e le altre associazioni cittadine. L’esperienza di Modena che a favore delle comunità terremotate offre il proprio contributo al processo di ricostruzione, è stata costretta a scegliere fra due comunità dove c’era uguale bisogno di intervento. Brescia, Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria per il lavoro di animazione e promozione del volontariato, hanno dovuto risparmiare sui materiali e le attrezzature per la formazione».

Non solo, le ricadute si fanno sentire anche sul fronte del lavoro e immigrazione: «A Benevento, Como, e Treviso, Trento, Trapani e Pordenone Macerata dove la promozione dell’integrazione dei migranti e dei giovani è passata attraverso approfondimento culturale, incontri informativi, formazione ed orientamento al lavoro, ma non ha potuto proseguire investendo sulle attività di microimpresa», spiega Villa.
«Sul fronte internazionale con la Ong Ipsia il taglio del 5×1000 sommato alla crisi dei fondi di cooperazione ha portato a dover rinunciare ad una presenza prevista in Senegal e tagliare le attività in Brasile e Argentina. E poi le esperienze con le famiglie e le comunità a Caltanissetta, Salerno e Reggio Calabria e Pisa, formazione finanziaria per gestire la crisi e cambiare stili di vita. Gruppi di acquisto solidale e promozione dell’affido familiare. Tutto è rimasto. Ma tutto si è rimpicciolito. Diminuiti i luoghi, i partecipanti, gli incontri».

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