Politica & Istituzioni

Lo stile Kyenge e il lungo processo dell’integrazione

Una panoramica sul difficile rapporto della ministra di origini congolesi e la società italiana per introdurre la lunga intervista a cura di Joshua Massarenti pubblicata sul numero di Vita in edicola

di Redazione

Le offese su Facebook rivolte a Cécile Kyenge, ministra per l’integrazione, corredate da moltissimi “mi piace” le troviamo sin dall’indomani della sua nomina avvenuta il 28 aprile scorso. I contenuti variabili, anche se scontati, che vanno da “qualcuno la uccida” a “Dino, dammi un Crodino”.

Le offese “dal vivo”, cioè quelle fatte in piazza, non hanno tardato ad arrivare e sono almeno di due tipi: quelle frutto della presunta arte oratoria (o meglio arroganza) dei politici nostrani e quelle scenografiche che come un deus ex machina irrompono sul palcoscenico improvvisamente.

Il più famoso esempio della prima tipologia di offese live (che tra l’altro persiste al primo posto della speciale classifica) è la frase “quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango” parole di uno qualsiasi, ovvero il vicepresidente del Senato della Repubblica nonché ex ministro per la semplificazione Calderoli, espresse – complice il caldo torrido – durante un comizio alla festa della Lega Nord di Treviglio intorno a metà luglio.

L’altra categoria di offese dal vivo, quelle scenografiche, è rappresentata dal lancio di banane verso il palco dove la ministra stava parlando alla festa del Pd di Cervia.

Ci sono poi le offese classiche, quelle che si scrivono sui muri con le bombolette spray, tipo quelle recentemente comparse a Vicenza che semplicemente recitavano “Kyenge-Orango”. Tra le classiche, potrebbero essere catalogate anche quelle consumatesi durante una seduta del Consiglio comunale di Cantù, dove la ministra era ospite, che hanno visto l’abbandono della sala da parte di alcuni consiglieri quando ha preso la parola.

C’è, infine, un’ulteriore categoria degli insulti alla Kyenge: le offese ibride. Queste trovano la loro origine da oltraggi appartenenti alle categorie descritte per poi essere personalizzati ed utilizzati a propria immagine e somiglianza. Così è stato consigliato da più parti il lancio di noci di cocco (che fanno male) al posto delle banane e simili.  

L’ultima in ordine di tempo, quella dei tre manichini insanguinati “made in Forza nuova” a Ostia sul percorso che la ministra avrebbe dovuto fare per giungere ad un convegno, è più complicata da classificare.

Insomma, chi più ne ha più ne metta! In questi mesi coloro che hanno voluto offendere la Kyenge ed in generale – dato che è una ministra della Repubblica – tutti gli italiani, si sono davvero sbizzarriti.

Lei, la ministra, non si è lasciata andare. Ha avuto ogni volta reazioni pacate, razionali e soprattutto ironiche. Non è scivolata nel tranello della provocazione, dimostrando una grande capacità di autocontrollo e di intelligenza.

La società italiana è diventata – e lo sarà sempre più – infraculturale ed il connesso processo di integrazione dei migranti è indiscutibilmente avviato da tempo, tra mille complicazioni, ed è inarrestabile. La ministra della Repubblica italiana con il colore della pelle nero e di origini congolesi rappresenta il corso storico che il nostro Paese sta vivendo in questi anni. Niente di più.

Al contrario, i razzisti, appartengono al passato che non c’è più; sono fuori dalla realtà e dalla storia attuale e quindi le loro gesta (le offese) risultano anacronistiche, lontane dalla realtà del nostro quotidiano.

Forse non siamo preparati al mondo globale, forse il governo attuale non durerà a lungo, forse le offese razziste continueranno ad esserci…ma una cosa è certa: lo stile della Kyenge nel rapportarsi con i razzisti.


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